Il presidente americano si dichiara pronto ad intervenire militarmente.
Panico nello staff della Casa Bianca.
Gli Usa sono pronti ad un intervento militare diretto in difesa di Taiwan.
A dichiararlo è il presidente americano, Joe Biden, alla domanda di un giornalista durante la visita di ieri a Tokyo. Infatti, alla domanda “Mister President, lei non vuole un coinvolgimento diretto degli Usa nella guerra in Ucraina, sarebbe pronto a un coinvolgimento militare in difesa di Taiwan?” la risposta è stato un secco “yes”.
Da lì, il panico ha regnato nello staff della Casa Bianca.
Come riporta “Quotidiano.net”, il suo segretario di Stato Antony Blinken si è agitato sulla sedia con gli occhi sul cellulare e l’imbarazzo ha invaso tutti i componenti dello staff della Casa Bianca.
Immediata una precisazione che sa di rettifica, come quelle in passato su Ucraina e Putin: la nostra politica non cambia, una Cina – Due Sistemi, quello comunista sul continente, quello liberale nell’isola che non vuole farsi sopraffare.
Più tardi lo stesso Biden ha ammorbidito i toni:
“Sì, una sola Cina, ma questo non vuol dire che può prendersi Taiwan con la forza. Pechino scherza col fuoco ogni volta che fa volare i suoi aerei nello spazio taiwanese. Abbiamo preso un impegno e lo manterremo“.
Si riferiva al Taiwan Relations Act: intervento americano immediato in caso di attacco comunista ai “fratelli separati“. Conclude poi il presidente a stelle e strisce:
“Penso che questo non accadrà. Siamo contro qualsiasi cambio di situazione con la forza… un’altra azione simile a quanto accaduto in Ucraina avrebbe un peso ancora maggiore“.
Rabbiosa ovviamente la reazione da Pechino: non sottovalutate la nostra fermezza, nessun compromesso e nessuna concessione. Taiwan è territorio cinese.
A Washington i commentatori parlano di gaffe. Biden sembra avere ancora disatteso la regola d’oro della diplomazia:
“Mai dire una verità che non vada detta” (così il saggista Michael Kinsley).
Questo funambolismo concettuale per quarant’anni ha evitato un conflitto.
Taiwan, la ex Formosa come l’avevano battezzata i portoghesi, ha potuto prosperare e svilupparsi nella libertà; vi si era rifugiato il nazionalista Chiang Kai Shek dopo avere perso la guerra civile contro il comunista Mao Tsetung.
Oggi è il 18 esimo Paese più ricco del mondo. Il suo reddito procapite è tre volte quello cinese e produce più della metà dei semiconduttori benché conti solo 23 milioni di abitanti contro il miliardo e 300 mila della Cina continentale.