Social housing per studenti a Roma: 6 su 10 sono donne e provengono dal Meridione

I dati emergono da uno studio dell’Osservatorio CAM che ha realizzato l’identikit dei soggetti interessati ad alloggi a prezzi calmierati a Roma: il 14% è straniero.

È donna e giovane – di età compresa tra i 20 e i 25 anni per quasi il 90% dei casi – il profilo dello studente tipo interessato al social housing. Lo rivela una ricerca
dell’Osservatorio di CAM GROUP, uno dei maggiori player immobiliari nel territorio romano, che ha evidenziato il fattore attrattivo dei poli universitari romani per gli studenti che arrivano da tutta Italia e anche da fuori i confini europei.

Il social housing, definito per la prima volta in Italia con il decreto ministeriale 22 aprile 2008, è una misura in linea con le esigenze della città contemporanea: combina affitti calmierati per abitazioni che sorgono in aree riqualificate e in sostituzione di edifici fatiscenti.

“La cronaca quotidiana – spiega l’ing. Angelo Marinelli, amministratore unico di CAM GROUP – evidenzia la difficoltà di tanti studenti in cerca di un alloggio e spesso costretti ad affrontare canoni d’affitto elevati per spazi in condivisione e in pessimo stato.

Noi puntiamo, con i nostri progetti edilizi, a destinare al social housing, nell’ambito di complessi edilizi che rispondono a diverse esigenze abitative, una parte degli alloggi, nuovi, rifiniti, dotati delle migliori dotazioni tecnologiche e antisismiche a prezzi contenuti”.

Una pratica che in molti Paesi d’Europa è già legge per rispondere all’emergenza abitativa che riguarda anche le giovani coppie e gli anziani.

Un’azione necessaria per rispondere a una richiesta sempre più diffusa.

Dai dati dell’Osservatorio CAM, elaborati sulla base delle richieste pervenute al gruppo, la composizione degli studenti vede la netta provenienza dal Sud (58%), seguita dal Centro (18%) e poi dal Nord (10%). Importante anche la quota relativa agli stranieri che valgono il 14% del totale, testimoniando il prestigio riconosciuto dagli atenei della Capitale.

Le donne sono il 54%, il 38% sceglie La Sapienza, il 15% Roma Tre, il resto, pari al 47%, studia in università private.

Altre università pubbliche non risultano nella casistica per la collocazione geografica su cui si è basata l’analisi.

“Noi crediamo che le costruzioni del presente e del futuro – sottolinea l’amministratore unico di CAM GROUP – debbano collocarsi nella prospettiva di una città inclusiva che accolga e consenta a tutti di trovare la tipologia abitativa più adatta alle proprie esigenze, nel rispetto della sicurezza e dell’efficientamento energetico che costituiscono ormai due punti cardinali dell’azione”.

La raccolta dei dati si è basata sull’effettiva scelta degli studenti per gli appartamenti di Domus Tiburtina – in via dei Monti Tiburtini – e Nuova Bonelli – in via della Magliana Nuova -, complessi edilizi che abbinano soluzioni architettoniche e innovazioni tecnologiche in aree strategiche di Roma per servizi e trasporti e sorti in seguito a operazioni di rigenerazione urbana che hanno consentito di sostituire vecchi edifici abbandonati e di risanare pezzi di tessuto cittadino.

Case green: no della Lega in Europa

Giorgetti: “il tema è: chi paga?”.
L’Ue impone ma poi i costi ricadono solo sui cittadini.

Abbiamo votato contro la direttiva sulle case green, si è concluso l’iter. Il tema è chi paga. Abbiamo esperienze purtroppo note in Italia“.

Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti oggi a Lussemburgo per l’Ecofin.

Come riporta Ansa, il ministro ha poi aggiunto quanto di seguito:

È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga? Noi abbiamo esperienze in Italia in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa“.

Il rischio è come per le auto: l’Ue le impone ma poi i costi ricadono solo sui cittadini.

Gaza: in 6 mesi di conflitto morto 1 bambino ogni 15 minuti

L’operato israeliano ha statistiche da brividi. Bombardati circa 30 dei 36 ospedali.
Ma Austin (Usa) ribatte: “Nessuna prova di genocidio a Gaza”.

Negli ultimi 6 mesi, a Gaza, ogni 15 minuti circa un bambino ha perso la vita.

Per ricordare tutti loro e come monito alla comunità internazionale affinché si adoperi per fermare queste morti, lo staff di Save the Children si è riunito in prossimità della sede di Roma dell’Organizzazione, esponendo uno striscione con il terribile dato.

Inoltre, lo staff, in silenzio, ha deposto sulla scalinata in prossimità del palazzo, una serie di oggetti che rappresentano l’infanzia rubata ai bambini che vivono in zone di conflitto, a Gaza e in tante altre crisi dimenticate.

Sei mesi di guerra che hanno portato la popolazione allo stremo e sull’orlo di una crisi umanitaria senza precedenti.

La distruzione di scuole e ospedali a Gaza è diventata la norma, e la maggior parte dei bambini è privo di cibo e non può ricevere nemmeno le cure più elementari.

Circa 30 dei 36 ospedali sono stati bombardati ed il sistema sanitario è ormai al collasso.

Ancora, come riporta Ansa, da ottobre l’escalation del conflitto ha danneggiato o distrutto quasi il 90% degli edifici scolastici e metà della popolazione sta affrontando un livello catastrofico di insicurezza alimentare, con zone come quelle del nord del Paese che sono a rischio di carestia.

Daniela Fatarella, Direttrice di Save the Children, ha dichiarato quanto di seguito:

Pensare che circa ogni 15 minuti un bambino perda la vita, ci fa capire quanto questa guerra sia tra le più letali e distruttive della storia recente. In sei mesi di conflitto, circa 26.000 bambini sono stati uccisi o feriti, mentre coloro che sono sopravvissuti hanno perso la casa, gli affetti, la scuola, la loro vita quotidiana e oggi stentano a sopravvivere per la fame. Tutto questo è inaccettabile: il mondo deve agire ora per garantire un cessate il fuoco immediato e definitivo e un accesso umanitario senza restrizioni. Ogni oggetto che abbiamo deposto oggi vicino alla nostra sede vuole ricordare queste piccole vite spazzate via, ma al tempo stesso tutto il bello che dovrebbe popolare la vita di un bambino, in cui non dovrebbe esserci spazio per violenza e morte“.

Israele, per quello che sta commettendo, è stato ritenuto responsabile per crimini di guerra e crimini contro l’umanità dall’Onu (approfondimento al link).

Ciò nonostante, secondo il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, non vi è “Nessuna prova di genocidio a Gaza”.

La Germania legalizza la cannabis

Legalizzato a scopo ricreativo il trasporto di 25 grammi più 3 piante in casa.
Ora è il più grande Paese dell’Ue ad averlo fatto.

La Germania, a lungo conosciuta come uno dei Paesi più conservatori d’Europa, questa settimana è diventato il più grande Paese dell’Ue a legalizzare la cannabis a scopo ricreativo, nonostante la forte opposizione di alcuni politici e di varie associazioni mediche.

Come riporta Euronews Italiano, i maggiori di 18 anni possono ora trasportare 25 grammi di cannabis essiccata e coltivare fino a tre piante di marijuana a casa.

Il cambiamento significa che la Germania ha ora alcune delle leggi sulla cannabis più liberali in Europa, simili a quelle di Malta e Lussemburgo, che hanno legalizzato l’uso ricreativo rispettivamente nel 2021 e nel 2023.

In Europa i Paesi Bassi sono famosi per le loro politiche tolleranti sulle droghe, anche se di recente hanno adottato un approccio più severo per contrastare il turismo della cannabis: per turisti, infatti, non sarà così facile acquistare la cannabis in Olanda.

Lotta alle fake news o censura da regime?

Spacciate come protezione per i cittadini, in realtà ne limitano la libertà di pensiero.
Ecco il punto di vista di Giulietto Chiesa.

Vengono apertamente combattute schierando tanto di task force nazionale ed europea.

Stiamo parlando delle fake news, ovvero le notizie false atte ad ingannare e manipolare l’opinione.

In linea di principio è una cosa buona combattere la cattiva informazione, il problema nasce quando si usa lo scopo come scusa per, in realtà, censurare tutto quello che viene ritenuto scomodo, come in un vero e proprio regime.

Così facendo si va anche contro all’Articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure“.

Il tema è decisamente attuale e vogliamo condividere, tramite uno dei suoi ultimi importanti messaggi, il pensiero di Giulietto Chiesa, giornalista e politico venuto purtroppo a mancare nel 2020, che ha saputo riassumere benissimo il quadro attuale in questo breve video:

Probabilmente, anche questo articolo verrà considerato scomodo, quindi etichettato come “Fake news” e censurato.