Gas e Petrolio: in Italia metà dei pozzi sono improduttivi

Su 1.298 pozzi totali, 752 sono chiusi.
L’estrazione di 40 miliardi di metri cubi di gas rischierebbe di far sprofondare Venezia.

Sono fermi più di metà dei 1.298 pozzi che raggiungono in profondità i giacimenti nazionali di gas o di petrolio. I 752 pozzi chiusi hanno il rubinetto serrato per tanti motivi diversi. Perché il giacimento ormai è quasi vuoto; perché lo sfruttamento è diventato troppo costoso rispetto alla resa; perché bisogna investire per rinfrescare l’impianto. Oppure molto spesso il pozzo è chiuso perché lo vietano le norme, come quella che nel 2016 aveva lucchettato i giacimenti di gas e di petrolio nelle acque territoriali entro le 12 miglia dalla costa, cioè 22,2 chilometri al largo della battigia.

Questi i numeri riportati da “Il Sole 24 Ore“.

Il braccio di ferro sui giacimenti nazionali propone posizioni contraddittorie: il Governo sollecita la riapertura delle riserve bloccate dai mille no, ma nello stesso momento fa ricorso contro l’arbitrato internazionale che aveva condannato a 190 milioni di danni l’Italia per lo stop imposto nel 2016 dal Governo al giacimento Ombrina, nell’Adriatico di fronte a Ortona.

Diceva l’altro giorno Adolfo Urso, ministro dello Sviluppo economico:

Si può ripartire raddoppiando la produzione dagli attuali pozzi e poi con le trivellazioni nell’Adriatico centrale al largo della costa, c’è un giacimento comune con la Croazia da cui estrarre 70 miliardi di metri cubi in più anni!“.

La zona cui si riferisce Urso ora è inaccessibile per legge: la parte italiana dei giacimenti dell’Alto Adriatico contiene circa 40 miliardi di metri cubi di gas, ma non lo estraiamo per la norma che vuole evitare di fare sprofondare Venezia.

Dei 1.298 pozzi italiani formalmente attivi 514 sono classificati come eroganti, mentre 752 sono “non eroganti”, cioè esistenti ma fermi; altri 32 pozzi sono di raccordo o di controllo del flussi. Nei mari italiani le piattaforme sono 138, quasi tutte in Adriatico; 94 di queste sono a meno di 12 miglia dalla costa e quindi sono ferme.

Un caso particolare fra le piattaforme bloccate è quello di Ombrina, il giacimento di petrolio al largo dell’Abruzzo. Tra gli investimenti bloccati per decreto dall’Italia c’era quello della compagnia Rockhopper, la quale aveva fatto ricorso a un arbitrato internazionale e aveva vinto.

A stabilire che l’Italia ha violato l’Energy charter treaty e a condannare al pagamento di 190 milioni di euro, più gli interessi del 4% l’anno (calcolati da gennaio 2016, anno di entrata in vigore del decreto governativo che ha fermato il progetto), è stato in agosto l’arbitrato internazionale composto da Klaus Reichert, Charles Poncet e Pierre-Marie Dupuy.

Ora l’Italia ricorre contro quella decisione.

Il 28 ottobre (informa il Forum H2O Abruzzo) lo Stato italiano ha notificato un ricorso contro la decisione dell’arbitrato.

Ucraina: Russia aggira sanzioni tramite la Sicilia

Raffineria di proprietà Lukoil.
Dalla Sicilia i prodotti arrivano fino negli Usa.

La Russia starebbe aggirando le sanzioni imposte dagli Stati Uniti utilizzando una raffineria di proprietà del secondo gigante del gas e del petrolio russo Lukoil, in Sicilia.

Da qui, secondo quanto scrive il Wall Street Journal, benzina ed altri prodotti petroliferi raffinati russi arriverebbero fino al Texas e nel New Jersey, negli Stati Uniti.

Più precisamente, secondo il quotidiano la raffineria di Lukoil in Sicilia utilizza fino al 93% di greggio russo per produrre benzina che invia negli Stati Uniti ed aggiunge quanto di seguito:

Il petrolio russo sta alimentando le auto americane attraverso la scappatoia delle sanzioni“.

Russia sospende flusso greggio per problemi nei pagamenti

L’oleodotto in questione è il Druzhba.
Problema confermato da Transneft.

La Russia ha sospeso le esportazioni di petrolio attraverso la tratta meridionale dell’oleodotto Druzhba a partire dall’inizio di agosto, a causa di problemi legati alle tariffe di transito.

Lo hanno riportato due fonti a conoscenza delle operazioni, citate da “Reuters”.

Secondo le fonti, il pagamento da parte di Transneft, gestore che detiene il monopolio russo degli oleodotti, all’operatore ucraino Ukrtransnafta non è andato a buon fine.

Secondo l’agenzia di stampa “Ria Novosti“, Transneft ha confermato la sospensione dei flussi di petrolio dalla Russia attraverso il tratto meridionale dell’oleodotto Druzhba.

Ue: prezzi energia elevati fino al 2024-2025

Le previsioni della bozza del piano energetico RePowerEu.
Il gas passa da 30 a 100 euro al megawattora.

I prezzi dell’energia rimarranno elevati per il resto del 2022 e, anche se in misura inferiore, fino al 2024-2025.

È la stima della Commissione europea, riportata da “Tgcom24”, basata su previsioni di mercato e contenuta nella bozza del piano energetico RePowerEu.

I prezzi del gas, storicamente inferiori a 30 euro per Megawattora, dovrebbero attestarsi alla soglia attuale dei 100 euro fino alla fine del prossimo inverno, per poi scendere a circa 75 euro nell’estate del 2023 e intorno ai 50 euro nell’estate del 2025.

Una vera mazzata, insomma, per le bollette e si auspica un intervento deciso da parte del governo per fronteggiare dei costi esorbitanti che avranno un notevole impatto nei bilanci dei cittadini; fino ad ora, purtroppo, di concreto si è però visto ben poco ed i costi sono ricaduti quasi completamente sui consumatori.

Ungheria contro enbargo a petrolio russo

Telefonata tra Orban e Macron sulla sicurezza energetica.
Von del Leyen rassicura.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha discusso in una telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron di questioni relative alla sicurezza energetica dell’Europa.

Come riporta “Reuters”, a rendere nota la notizia è stato il responsabile stampa di Orban all’agenzia di stampa statale Mti, senza fornire ulteriori dettagli.

L’Ungheria aveva già espresso le critiche più aspre alla proposta di embargo sul petrolio russo.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha detto ieri di aver compiuto progressi nei colloqui con Orban sulla questione, dopo che qualche giorno aveva già annunciato delle concessioni per prolungare la data sull’embargo del petrolio russo proprio ad Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca (approfondimento al link).