Eni e Petronas: joint venture per unire asset petrolio e gas

Gestiranno 19 asset (14 in Indonesia e 5 in Malesia) ed investiranno 15 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni.
L’accordo firmato ad Abu Dhabi.

Eni e la compagnia energetica statale malese Petronas hanno annunciato la firma di un accordo vincolante per la costituzione di una società a partecipazione congiunta che unirà i rispettivi asset upstream di petrolio e gas in Indonesia e Malesia.

La nuova entità, NewCo, gestirà 19 asset, di cui 14 in Indonesia e 5 in Malesia e prevede investimenti di oltre 15 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per sviluppare circa 3 miliardi di barili di riserve scoperte ed esplorare altri 10 miliardi di barili potenziali.

Come riporta Reuters, l’accordo è stato firmato all’Adipec di Abu Dhabi.

Auto: solo 15 Stati vantano un marchio proprio

Usa, Europa Occidentale ed Estremo Oriente le tre macro aree.
In Italia tutti i marchi sono stati venduti o in comproprietà.

Al centro dell’economia di un Paese l’industria automobilistica gioca un ruolo fondamentale, soprattutto se quest’ultima produce auto di lusso.

Il settore automobilistico rappresenta un pilastro imponente per l’economia di un Paese portando con un sé un indotto decisamente importante.

Secondo i dati di alcune statistiche evidenziate dall’OICA (Organizzazione Internazionali dei Costruttori di Automobili), come riporta Autospecial.it, i Paesi a livello globale che possono vantare di un proprio marchio automobilistico sono soltanto 15.

Tra i Paesi in cui i brand automotive sono maggiormente concentrati sono: Europa Occidentale, Estremo Oriente e Stati Uniti.

Gli USA tra tutti i paesi, ad oggi rappresentano una colonna portante nel campo delle auto: è proprio in America che si trovano i 10 marchi più conosciuti al mondo, tra cui la Cadillac, la Lincoln fino alle vetture tradizionali come ad esempio le Ford.

Spostandoci in Europa Occidentale le nazioni che ad oggi sono in possesso di più brand di automobili sono: Francia, Germania, Regno Unito ed Italia.

Più precisamente, questi si caratterizzano come di seguito:

Germania: sono presenti ben 7 case automobilistiche tra cui BMW, Mercedes-Benz, Volkswagen e Opel (poi passata sotto Stellantis tramite l’appartenenza a General Motors).

Francia: sono presenti 5 case automobilistiche appartenenti alle auto di lusso come la Bugatti (poi passata al Gruppo Volkswagen).

Italia: sono presenti 8 marchi tra cui alcuni di questi anche di lusso, come Ferrari e Maserati (ora entrambi parte del comprensori Stellantis) e la storica Lamborghini (poi acquistata da Audi, a sua volta facente parte del Gruppo Volkswagen).

Regno Unito: ospita ben 7 marchi e vanta per tradizione Bentley e Rolls Royce (poi acquistata dal Gruppo BMW).

Per quanto riguarda l’Estremo Oriente ci sono le grandi potenze come ad esempio il Giappone e la Corea che si differenziano dal resto del mondo in quanto seguono, anche per quanto riguarda la produzione di auto, una linea proiettata verso il futuro.

I marchi noti a tutti come la Infiniti e la Lexus, rappresentano il massimo lusso automobilistico giapponese, mentre sempre nel Paese vengono considerate “auto per l’uso quotidiano” la Toyota e la Honda.

In Corea del Sud il marchio che meglio si sta aprendo la strada nelle auto di lusso è la Genesis e la nazione sta provando a battere il concorrente giapponese con i suoi due modelli di berlina più gettonati ovvero la Kia e la Hyundai.

Ovviamente oltre ai Paesi sopracitati, ci sono anche quelli meno noti come ad esempio: la Repubblica Ceca con Skoda (poi acquistata dal Gruppo Volkswagen), la Malesia con Proton e la Svezia con la storica Volvo (poi venduta ai cinesi della Geely Automobile).

Ecco i Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo

Analizzati 115 Stati: ecco i migliori 30.
La prima nazione vince con enorme distacco. Italia appena sopra la Malesia.

La Euler Hermes ha stilato una classifica dei Paesi del mondo maggiormente inclini alle trasformazioni digitali, prendendo in considerazione indicatori come: regolamentazione, conoscenza, connettività, infrastrutture e dimensione del mercato.

In totale sono stati analizzati 115 nazioni, di seguito vi riportiamo la top 30.

Partendo dal fondo della classifica, troviamo la Malesia con un punteggio totale di 53,9 punti.

Appena sopra, con 54,4 punti ottenuti soprattutto grazie alle infrastrutture, ecco il Bel Paese: l’Italia, infatti si piazza al 29esimo posto.

28esima in classifica la Repubblica Ceca con 55,8 punti; seguono Spagna (27esimo posto) con 56,8 punti, Estonia (26esima in classifica) a 57,5 punti ed Israele (25esimo posto) con 59,8 punti.

Sopra i 60 punti troviamo gli Emirati Arabi Uniti che si collocano al 24esimo posto con 61,8 punti, l’Irlanda con un punteggio di 62,4 si piazza 23esima, la Nuova Zelanda 22esima con 63,4 punti, poi il Belgio al 21esimo posto con 64 punti e poco sopra, con 64,8 punti, al 20esimo piazzamento l’Australia; 19esime e 18esime apri merito la Francia e l’Islanda con i loro 65,5 punti, Li supero di un pelo la Cina che con i suoi 65,6 punti si colloca al 17esimo posto.

Salendo ancora troviamo il Canada: 16esimo in classifica e con 65,8 punti. Ecco dunque la Norvegia a 66,7 punti (15esimo posto) ed il Lussemburgo a 67,5 punti (14esimo).

13esima l’Austria con 68,4 punti e 12esima la Danimarca che raggiunge quota 68,6 punti.

Appena fuori dalla top 10 la Finlandia che con i suoi 68,7 punti si colloca 11esima; decima in classifica la Corea del Sud (69,5 punti) alle spalle di Hong Kong (nono in classifica con 69,9 punti).

Supera i 70 punti, precisamente 70,4, Singapore che si colloca all’ottavo posto in classifica, superato dal Giappone che si classifica invece settimo grazie ai suoi 70,8 punti.

Sesta la Svezia col suo punteggio di 71,6 punti e quinto il Regno Unito con 72 punti.

Appena fuori dal podio la Svizzera che, con un punteggio pari a 74 punti, si colloca quarta in classifica.

Nel gradino più basso del podio troviamo l’Olanda con 74,3 punti mentre al secondo posto, con un punteggio di 75,3 punti, ecco la Germania.

Primi nella classifica dei Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo, con la bellezza di 87 punti e quindi con un ampio distacco su tutti gli altri, gli Usa.

La Cina sperimenta una nuova variante Covid

Morto il 100% dei topi entro 8 giorni.
Glinski: studio inutile; cose del genere possono andare storte.

In Cina è in corso una sperimentazione, aspramente criticata da importanti scienziati e professori, riguardante una “nuova” variante killer del Covid: sono morti, entro otto giorni, il 100% dei topi a cui è stato “somministrato” il virus.

Denominato GX_P2V, il virus è un mutante del Coronavirus GX/2017, un patogeno correlato a SARS-Cov-2 identificato prima della pandemia di Covid nei pangolini in Malesia.

Conservato in un laboratorio di Pechino, come riporta Il Riformista, si è adattato alla coltura cellulare, evolvendosi in una forma mutata che possiede una delezione di 104 nucleotidi all’estremità 3’-UTR del suo RNA.

Una prima versione in preprint dello studio è stata pubblicata all’inizio di gennaio su bioRxiv: lo studio riferisce che il 100% dei topi è morto, probabilmente per un’infezione cerebrale.

Ulteriori dettagli inquietanti circa i sintomi accusati dai roditori sono: diminuzione del peso corporeo pari al 10%, postura curva, movimenti lenti, occhi diventati improvvisamente bianchi.

Incredulità e sgomento da parte della comunità scientifica, con il dottor Gennadi Glinsky, professore emerito della School of Medicine di Stranford, commenta: “Uno studio terribile, totalmente inutile scientificamente. Non vedo nulla di vago interesse che si possa apprendere infettando forzatamente una strana razza di topi umanizzati con un virus casuale. Al contrario, vedo come cose del genere possano andare storte…”.

Il rischio è che il virus, potenzialmente letale anche per l’essere umano, esca involontariamente dal laboratorio.

Richard Ebright, chimico della Rutgers University di New Brunswick, nel New Jersey, torna sull’ipotesi che lo stesso Covid-19 sia uscito dal laboratorio di Wuhan: “Il preprint non specifica il livello di biosicurezza e le precauzioni utilizzate per la ricerca. L’assenza di queste informazioni solleva la preoccupante possibilità che parte o tutta questa ricerca, come la ricerca a Wuhan nel 2016-2019 che probabilmente causò la pandemia di Covid-19, sia stata condotta in modo sconsiderato senza il contenimento minimo di biosicurezza e le pratiche essenziali per la ricerca con un potenziale agente patogeno pandemico”.

Le migliori città al mondo in cui espatriare

Espatriare per volontà o necessità: dove conviene farlo?
L’Italia? Due città ultime in classifica: ecco perchè.

Voglia o necessità di espatriare? Quali sono le migliori città del mondo in cui trasferirsi?

La classifica 2023 pubblicata dalla rete di espatriati InterNations fornisce un quadro più chiaro a chi ha la volontà o la necessità di espatriare ma anche a coloro i quali hanno già fatto il grande passo.

Questa classifica si basa su una serie di criteri, come le opportunità professionali, la disponibilità ed il prezzo degli alloggi, la qualità della vita e dell’ambiente ed il contatto con la popolazione locale.

Il minimo che si possa dire è che la Spagna è che è stata sotto i riflettori per questa annata 2023: il Paese occupa le tre posizioni del podio ed ha addirittura quattro rappresentanti nella top ten delle città.

La città numero 1 nella classifica non è Madrid o Barcellona, ma Malaga, una città più piccola sulla costa dell’Andalusia.

Malaga, infatti, è al secondo posto per la qualità della vita e al primo posto per il clima e il contatto con la gente; è anche nella top 10 per l’ambiente naturale.

La città si colloca ai primi posti anche per il costo della vita e degli alloggi, la facilità di trovare una casa ed il tanto ricercato equilibrio tra lavoro e vita privata.

Un po’ più in alto sulla costa, Alicante è arrivata seconda. Nonostante l’ambiente non sia considerato molto favorevole alla creatività ed al lavoro autonomo, il 92% degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto della propria vita in questa città.

Alicante ha molto da offrire: la città occupa il primo posto nella classifica dei prezzi degli alloggi, della vita sociale e della sensazione di essere accolti e a casa.

Sempre in Spagna, Valencia è arrivata terza in classifica: la città è risultata addirittura prima in termini di qualità della vita e di opportunità sportive, anche se i giudizi sono stati più contrastanti per quanto riguarda le prospettive di carriera.

Una cosa che distingue Valencia è la qualità del suo sistema sanitario con la metropoli spagnola che occupa il primo posto per il prezzo dell’assistenza sanitaria ed il terzo per la sua disponibilità.

La top 5 è completata da due città degli Emirati Arabi Uniti: Ras-el-Khaimah (4°) ed Abu Dhabi (5°): il clima soleggiato ed i redditi molto elevati in alcuni settori non sono certo da biasimare.

Oltre a Madrid (6°), la top 10 globale è completata da diverse destinazioni asiatiche, tra cui Kuala Lumpur (Malesia, 8°), Bangkok (Thailandia, 9°) e Muscat (Oman, 10°).

Altre città più sorprendenti appaiono abbastanza in alto in questa classifica, come Città del Messico (7°), Nairobi (15°) e Lussemburgo (19°).

Al contrario, la maggior parte delle grandi capitali europee è in ritardo, come Parigi (41°), Londra (42°) e Berlino (45°): l’elevato costo della vita e le difficoltà nel trovare un alloggio hanno un impatto negativo sulla qualità di vita degli espatriati.

Le metropoli nordamericane se la cavano poco meglio, con Toronto che si piazza a malapena al 35° posto, New York al 39° e Vancouver al 47°, davanti a solo altre due città.

L’Italia è l’asso pigliatutto tra gli espatriati: al 48° posto e penultima nonostante il suo clima favorevole e la bellezza del suo patrimonio, Roma sta pagando il prezzo dei bassi salari e delle prospettive di carriera, oltre alla difficoltà di integrarsi se non si parla italiano.

Al 49° posto, Milano è arrivata ultima.

La metropoli del nord Italia viene messa sotto accusa per la mancanza di sicurezza, la difficoltà di trovare un alloggio e, come a Roma, la difficoltà di trovare buone prospettive di lavoro e di integrarsi senza parlare un italiano fluente.

Insomma, in Italia pesano sempre i soliti fattori che negli ultimi anni stanno facendo rovinare l’immagine del Bel Paese nel mondo: scarse possibilità professionali e bassi salari, elevata immigrazione con problemi di sicurezza, la diffusa non conoscenza dell’inglese nonostante sia un Paese altamente turistico.