Taiwan non considera un’opzione il ritorno alla Cina

Telefonata tra XI Jinping e Trump: il tema è un elemento chiave dell’ordine mondiale.
Cho Jung-tai: siamo pienamente sovrani ed indipendenti.

Taiwan respinge le rivendicazioni del presidente Xi Jinping illustrate nella sua telefonata di ieri con l’omologo americano Donald Trump, in merito al ritorno dell’isola a Pechino come “un elemento chiave dell’ordine internazionale del secondo dopoguerra“.

Il premier taiwanese Cho Jung-tai, nel resoconto dei media locali poi ripresi da Ansa, ha osservato che “dobbiamo sottolineare ancora una volta che la Repubblica di Cina (il nome ufficiale di Taiwan, ndr) è un Paese pienamente sovrano e indipendente“.

Pertanto, ha aggiunto Cho, “per i 23 milioni di abitanti della nostra nazione, il ‘ritorno’ non è un’opzione, questo è molto chiaro“.

Norvegia: autobus cinesi possono essere controllati da remoto

Trovata una scheda sim con accesso da remoto.
Ruter: l’autobus può essere fermato o reso inutilizzabile dal produttore da migliaia di chilometri di distanza.

Con la sempre maggiore connessione in rete dei veicoli, la sicurezza informatica è un tema di interesse anche per i mezzi di trasporto, compresi gli autobus pubblici.

La società di trasporto pubblico di Oslo, la Ruter, la scorsa estate ha testato due dei suoi autobus elettrici, uno prodotto dalla società olandese VDL e l’altro dalla cinese Yutong, per valutare i rischi per la sicurezza informatica.

Dal test è emerso che mentre l’autobus olandese non presentava anomalie, quello cinese aveva una scheda sim che consentiva al produttore di avere accesso da remoto agli aggiornamenti software, alla diagnostica e ai sistemi di controllo della batteria. 

In teoria, l’autobus potrebbe quindi essere fermato o reso inutilizzabile dal produttore”, ha affermato la Ruter, che a Oslo gestisce più di 300 autobus prodotti in Cina. Al momento, l’azienda norvegese ha sottolineato di non aver trovato prove di attività dannose. Tuttavia Arild Tjomsland, consulente speciale che ha contribuito a condurre i test, ha dichiarato che l’autobus cinese avrebbe potuto essere “fermato, spento o ricevere aggiornamenti che potrebbero distruggere la tecnologia di cui ha bisogno per funzionare normalmente”. Gli hacker non potrebbero guidare gli autobus, ma è chiaro come fermare il trasporto pubblico possa creare disagi e quindi diventare uno strumento da utilizzare in caso di crisi.

La questione emerge in un periodo in cui la Norvegia sta ampliando rapidamente la propria flotta di autobus costruiti in Cina: dei circa 1.300 autobus elettrici attualmente operativi nel Paese scandinavo, circa 850 provengono dalla Yutong.

Sebbene la Ruter sottolinei che il rischio di un’interruzione del servizio sia minimo, il test solleva un dibattito più ampio sul tema del controllo straniero delle infrastrutture critiche. “È improbabile che questi autobus vengano mai impiegati in quel modo, ma ciò non significa che la questione non debba essere affrontata con la massima serietà”, ha affermato il ceo dell’azienda Bernt Reitan Jenssen. Per ora, la Ruter garantisce la continuità delle operazioni facendo in modo che ogni autobus possa funzionare autonomamente, disattivando le schede sim e mantenendo così il sistema operativo locale e offline.

Lavrov: La Russia non ha nessuna intenzione di attaccare un Paese Nato

Mosca si dice anche pronta a dare garanzie ma la Francia crea tensioni e va verso l’invio di 2.000 soldati in Ucraina.
Parolin: coinvolgere la Cina per la pace.

La Russia non ha nessuna intenzione di attaccare un Paese Nato e il ministro degli Esteri Lavrov dice che Mosca è pronta a dare precise garanzie al riguardo.

Intanto, come riporta Tgcom24, il segretario di Stato della Santa Sede Parolin preme sul coinvolgimento della Cina per la pace.

Il tutto mentre il colosso petrolifero Lukoil venderà le sue attività all’estero dopo le sanzioni e Viktor Orban torna ad attaccare l’Unione europea dicendo che “non conta nulla” e che Donald Trump sbaglia su Putin.

Il presidente Usa ha dichiarato che l’annuncio di Vladimir Putin di un test di un missile da crociera a propulsione nucleare non era “appropriato” ed il Cremlino ha replicato dicendo che “Per noi prevalgono i nostri interessi nazionali“.

Ad agitare le acque, però, ci pensa la Francia che è pronta ad inviare 2.000 soldati in Ucraina.

Stellantis, Filosa: il problema non sono i cinesi ma le regole Ue

Il nuovo numero uno di Stellantis attacca le politiche europee indicandole come il vero problema per i costruttori europei.

Stellantis non intende abbandonare i suoi impegni in Italia, né ridimensionare attività e forza lavoro: parola di Antonio Filosa che conferma investimenti di 2 miliardi in un anno e punta il dito verso le regole restrittive che si fanno a Bruxelles e che vanno “urgentissimamente cambiate“.

Intervistato da Bruno Vespa nel corso della trasmissione Cinque Minuti, Filosa ha ricacciato i timori che in Italia possano esserci una raffica di provvedimenti di cassaintegrazione: “Il nostro piano è il nostro impegno e non ci sono ridimensionamenti previsti“. Al contrario, il numero uno di Stellantis lo ha definito un piano “molto pragmatico” e che assegna a ciascuno stabilimento in Italia una chiara missione produttiva, “per tutte le fabbriche senza nessuna esclusione“.   

Nonostante un maxi investimento di 13 miliardi negli Stati Uniti in 4 anni (un mercato che, ha detto, “esprime 16 milioni di vetture vendute all’anno“) Stellantis ribadisce tuttavia “con fermezza e determinazione” che l’impegno con l’Italia non è in discussione: per noi l’Italia è al centro del progetto strategico che abbiamo del nostro futuro e stiamo dimostrando con fatti concreti“.

A tal proposito, ha ricordato che il gruppo sta investendo 2 miliardi di euro in un anno solo in Italia e sta acquistando 6 miliardi di euro in componenti e servizi da fornitori tutti italiani. Insomma, Stellantis la sua parte “la sta chiaramente facendo”, ma “abbiamo bisogno della seconda parte: abbiamo bisogno di un’urgente revisione delle regolamentazioni a Bruxelles“.   

Ed è proprio sulle lacune a livello comunitario che Filosa ha puntato il dito, come riporta Rai News, anche facendo il paragone con quello che succede invece negli Stati Uniti.

Paese, quest’ultimo, dove le persone hanno recuperato la possibilità di comprare la vettura che vogliono. In Europa, invece, “le regole sono ancora restrittive e devono essere cambiate urgentissimamente” in modo che “riflettano la realtà del mercato e restituiscano ai clienti europei la libertà di scegliere la macchina che vogliono“.

Aprire al concetto di neutralità tecnologica; aprire al concetto di rinnovamento del parco circolante visto che in Europa oggi ci sono 256 milioni di vetture, 150 milioni di vetture hanno più di 12 anni, quindi inquinano di più di quelle moderne“. In terzo luogo “vogliamo un focus specifico sulle vetture piccole per le quali l’Italia è leader mondiale“. E, come quarta cosa, “abbiamo bisogno che i target sui veicoli commerciali siano modificati urgentissimamente, perché sono irraggiungibili“.   

Infine, ci sono alcuni fattori prettamente italiani che rendono il nostro paese meno competitivo di altri e tra questi in particolare il costo dell’energia, più che doppio rispetto a quello della Spagna.

Proprio in merito a questo tema, ha sottolineato infine l’Ad di Stellantis, “stiamo parlando col governo italiano, sono ricettivi, stiamo intrattenendo con loro un dialogo costruttivo e speriamo di arrivare a conclusioni favorevoli“.

Riello in vendita

Il gruppo è stato fondato nel 1922 ed acquistato dagli americani nel 2015, che ora lo mettono in vendita.
Interessati soprattutto colossi cinesi per l’opportunità di acquisto di brand europei.

Le grandi multinazionali italiane, come Ariston Group, ma anche gruppi cinesi ed europei, si stanno muovendo per studiare il dossier del gruppo italiano Riello, big tricolore delle caldaie che il colosso statunitense Carrier Global Corporation ha deciso di mettere in vendita.

Riello è un marchio storico, nato nel 1922, con una forte presenza produttiva in Veneto, che dal 2015 ha una proprietà americana.

I suoi brand principali (Riello e Beretta) sono ricchi di tradizione e hanno catalizzato le attenzioni dei big del settore.

In lizza ci sarà molto probabilmente Ariston Group, il colosso italiano attivo nelle soluzioni sostenibili per il riscaldamento dell’acqua e degli ambienti, con 2,6 miliardi di fatturato e una forte esperienza di acquisizioni e creazione di sinergie.

In tema di M&A, come riporta Il Sole 24 Ore, Ariston ha realizzato una delle sue maggiori operazioni di acquisizione in Germania nel 2022 rilevando Centrotec Climate Systems con brand come Wolf. Ma la crescita è anche organica: Ariston ha già pianificato investimenti da 500 milioni di euro in Italia, dei quali circa la metà in ricerca e sviluppo. Ora il radar, secondo i rumors, sarebbe puntato proprio su Riello per costruire un grande polo tutto italiano.

Ma Ariston non sarebbe l’unico soggetto italiano in campo: il dossier sarebbe anche finito sul tavolo di Ferroli, gruppo veronese dei sistemi per il riscaldamento di proprietà del private equity britannico Attestor. Ci sono poi, in aggiunta, i compratori esteri, soprattutto i colossi cinesi. Fra questi svettano Haier, multinazionale leader a livello mondiale nel settore degli elettrodomestici, e Midea, tra i principali produttori cinesi di elettrodomestici.

Si tratta di colossi da decine di miliardi di fatturato, che cercano opportunità di acquisto nei brand europei: Midea ha di recente comprato il gruppo svizzero Arbonia climate, diventando proprietario anche di un marchio italiano come Sabiana.

Il dossier Riello è poi stato anche accostato a francesi di Groupe Atlantic, mentre è da capire cosa faranno aziende straniere come la tedesca Vaillant, l’olandese Bdr Thermea (con il marchio Baxi prodotto a Bassano del Grappa), l’altra tedesca Bosch, ma anche la multinazionale giapponese Daikin.