Macron vara riforma pensioni senza voto Assemblea Nazionale

Processo consentito dall’articolo 49 della Costituzione.
Rischio mozione di sfiducia da Marine Le Pen.

In Francia il governo Macron ha deciso di approvare la riforma delle pensioni senza passare dal voto dell’Assemblea Nazionale.

È quanto gli consente l’articolo 49 della Costituzione, mentre il testo aveva già ottenuto in mattinata il sì del Senato.

All’Assemblea nazionale, invece, l’esito del voto era molto incerto.

Come riporta Il Corriere della Sera, Emmanuel Macron può contare solo su una maggioranza relativa e i suoi alleati a destra non sono tutti compatti: in una ventina potrebbero votare contro.

Il governo, però, rischia di andare incontro a una mozione di sfiducia, mossa già annunciata dalla leader del Front National Marine Le Pen.

Al suo ingresso in Parlamento la premier Elisabeth Borne è stata accolta dalla protesta compatta dei deputati dell’opposizione che hanno intonato La Marsigliese.

La stessa Borne ha poi annunciato ufficialmente il ricorso del governo all’articolo 49 della Costituzione.

Macron aveva già fatto ricorso a questo strumento in occasione del varo di due leggi di bilancio dopo le elezioni parlamentari del 2022.

L’articolo 49 che consente al governo di «bypassare» il voto parlamentare in alcune specifiche circostanze, è stato introdotto in Francia nel 1958 quando il Paese divenne una repubblica presidenziale.

In tutta la Francia proseguono intanto le proteste contro la riforma: benché la partecipazione nelle piazze sia andata calando nelle ultime settimana la Cgt (il principale sindacato) ha chiamato ancora alla protesta i suoi iscritti: in giornata sono stati bloccati i porti di Nantes, Brest, Calais e Le Havre.

La riforma che Parigi sta tentando di attuare da anni prevede l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni (oggi sono 62) fatte salve una serie di garanzie per i lavori più pesanti.

La legge prevede anche la cancellazione di una serie di agevolazioni di cui godono i dipendenti delle ferrovie, della Banca di Francia e di altre società pubbliche di servizi, ma anche l’innalzamento della «minima» a 1.200 euro.

Migranti: il trucchetto di Macron

Assegnati porti sotto il controllo militare, per poi accusare l’Italia di sovranismo.

Faccia di bronzo.

È quella che ci vuole per fare quanto sta facendo Emmanuel Macron in merito alla gestione dei migranti.

La Francia, infatti, additava l’Italia di non essere umanitaria per poi però rifiutare i migranti, invitando pure gli altri Paesi a fare lo stesso (approfondimento al link).

Poi sono arrivate le dichiarazioni delle Ong in cui si sosteneva che Macron non avesse offerto un porto sicuro (approfondimento al link).

Dalla vicenda della Ocean Viking, infine, come riporta “Il Gironale” impariamo quanto segue: la Francia dispone di aree, come nel porto di Tolone, sotto il controllo militare in cui le autorità civili non hanno giurisdizione ed è lì che fanno sbarcare i migranti.

In Italia, invece, quando attracca una ONG o un gommone, i migranti si trovano direttamente su territorio italiano, liberi di andare dove gli pare.

Le autorità francesi invece hanno fatto scendere i duecentotrentaquattro e gli agenti della Gendarmeria li hanno messi in fila e interrogati ad a uno a uno, come si faceva all’inizio del secolo scorso nell’isola di Ellis Island davanti a New York.

Le stesse autorità hanno poi comunicato a 123 degli sbarcati che non potevano essere ammessi e li ha rispediti da dove venivano.

Gli ammessi, invece, sono stati subito redistribuiti in altri Paesi europei.

Auto elettriche: crolla il mercato italiano

-40% negli ultimi 3 mesi.
Il mercato europeo invece segna un +7,9%: traina la Germania.

Il cumulato resta un disastro, ma il trend leggermente migliora.

A settembre il mercato europeo dell’auto (i 27 paesi UE, UK e Efta) è cresciuto del 7,9% e sul tema sono intervenuti sia Tavares che Macron (approfondimento al link).

Sono state consegnate 1.049.926 vetture rispetto alle 972.843 dello stesso mese dello scorso anno.

Nei primi tre trimestri, invece, il quadro rimane negativo e mancano all’appello quasi un milione di auto (890.000 unità): nei primi 9 mesi del 2021 erano stati immatricolati 9.162.177 esemplari, nel 2022 la cifra è scesa a 8.271.115 (-9,7%).

Alcuni giorni fa il presidente dell’Acea (ed anche della BMW) Oliver Zipse ha anticipato che la “ripresina” continuerà pure nel trimestre finale del 2022 e l’esercizio dovrebbe chiudere più o meno in pareggio (-1%). Tutti e cinque i principali mercati hanno un segno positivo, ma l’andatura è diversa.

Questa volta guida la Germania (+14,1%), seguita dalla Spagna (+12,7%) e la Francia (+5,5%); l’Italia, con il +5,4%, precede soltanto il Regno Unito (+4,6%).

Come riporta “Il Messaggero”, noi siamo invece i peggiori nei nove mesi con un -16,3%, davanti a Parigi, Londra, Madrid e Berlino.

Il panorama cambia drasticamente guardando i numeri dei veicoli ecologici dove il Belpaese ha risultati imbarazzanti, in controtendenza rispetto agli altri.

A lume di naso, sembra che siamo decisamente deficitari nel processo di riduzione delle emissioni.

La locomotiva in fuga è la Germania che, nell’ultimo mese, ha raggiunto un terzo del mercato con le vetture ricaricabili (elettriche più plug-in, totale 32,3%), seguono Francia (24,2%) e Gran Bretagna (22,4%) intorno ad un quarto del totale. La Spagna è almeno in doppia cifra (11,1%) e precede l’Italia con un misero 8,5% (meno di un decimo del totale).

La performance più disarmante, però, è in relazione ai modelli solo a batteria: negli altri 4 principali mercati le auto elettriche (BEV) sono passate dal 9,2% al 12,7%, la Penisola è crollata dal 4% al 3,6%. Le associazioni di categoria, Unrae in testa, puntano il dito sulla rete di ricarica decisamente inadeguata, ma c’è dell’altro per riportare un risultato tanto insufficiente.

In Italia ci sono solo 6,1 punti di ricarica ogni cento chilometri rispetto alla media continentale che è di 8,2. In questa graduatoria siamo al 14° posto, in scia al Portogallo.

C’è da dire che nell’ultimo trimestre i punti di ricarica sono aumentati di duemila unità ed ora sfiorano i 33.000.

Rimane una grande differenza fra Nord, dove c’è quasi il 60% delle colonnine, e il Sud, dove a stento si raggiunge il 20%.

Secondo un’analisi di Quintegia da luglio a settembre la vendita di auto ad emissioni zero è crollato addirittura del 40%.

A livello di costruttori a settembre è cresciuto di più il Gruppo Volkswagen che, con oltre il +20%, è passato da poco più di 200mila a quasi 250mila unità vendute.