I 10 Paesi più pericolosi al mondo

Se dovete viaggiare solo per piacere, forse è meglio evitare queste destinazioni.
Ecco la lista basata sulle attuali situazioni.

Viaggiare è sicuramente meraviglioso, ma non sempre è esente da rischi.

Ecco, infatti, secondo Insider Post, le 10 nazioni più pericolose al mondo e che, per diversi motivi (conflitti civili, guerre, instabilità governative, criminalità. eccetera) è forse meglio evitare in caso di viaggi a scopo puramente turistico, almeno per il momento:

  • Afghanistan
  • Repubblica Centrafricana
  • Iraq
  • Libia
  • Somalia
  • Sudan del Sud
  • Sudan
  • Siria
  • Ucraina
  • Yemen

Ecco i Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo

Analizzati 115 Stati: ecco i migliori 30.
La prima nazione vince con enorme distacco. Italia appena sopra la Malesia.

La Euler Hermes ha stilato una classifica dei Paesi del mondo maggiormente inclini alle trasformazioni digitali, prendendo in considerazione indicatori come: regolamentazione, conoscenza, connettività, infrastrutture e dimensione del mercato.

In totale sono stati analizzati 115 nazioni, di seguito vi riportiamo la top 30.

Partendo dal fondo della classifica, troviamo la Malesia con un punteggio totale di 53,9 punti.

Appena sopra, con 54,4 punti ottenuti soprattutto grazie alle infrastrutture, ecco il Bel Paese: l’Italia, infatti si piazza al 29esimo posto.

28esima in classifica la Repubblica Ceca con 55,8 punti; seguono Spagna (27esimo posto) con 56,8 punti, Estonia (26esima in classifica) a 57,5 punti ed Israele (25esimo posto) con 59,8 punti.

Sopra i 60 punti troviamo gli Emirati Arabi Uniti che si collocano al 24esimo posto con 61,8 punti, l’Irlanda con un punteggio di 62,4 si piazza 23esima, la Nuova Zelanda 22esima con 63,4 punti, poi il Belgio al 21esimo posto con 64 punti e poco sopra, con 64,8 punti, al 20esimo piazzamento l’Australia; 19esime e 18esime apri merito la Francia e l’Islanda con i loro 65,5 punti, Li supero di un pelo la Cina che con i suoi 65,6 punti si colloca al 17esimo posto.

Salendo ancora troviamo il Canada: 16esimo in classifica e con 65,8 punti. Ecco dunque la Norvegia a 66,7 punti (15esimo posto) ed il Lussemburgo a 67,5 punti (14esimo).

13esima l’Austria con 68,4 punti e 12esima la Danimarca che raggiunge quota 68,6 punti.

Appena fuori dalla top 10 la Finlandia che con i suoi 68,7 punti si colloca 11esima; decima in classifica la Corea del Sud (69,5 punti) alle spalle di Hong Kong (nono in classifica con 69,9 punti).

Supera i 70 punti, precisamente 70,4, Singapore che si colloca all’ottavo posto in classifica, superato dal Giappone che si classifica invece settimo grazie ai suoi 70,8 punti.

Sesta la Svezia col suo punteggio di 71,6 punti e quinto il Regno Unito con 72 punti.

Appena fuori dal podio la Svizzera che, con un punteggio pari a 74 punti, si colloca quarta in classifica.

Nel gradino più basso del podio troviamo l’Olanda con 74,3 punti mentre al secondo posto, con un punteggio di 75,3 punti, ecco la Germania.

Primi nella classifica dei Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo, con la bellezza di 87 punti e quindi con un ampio distacco su tutti gli altri, gli Usa.

Paesi più odiati al mondo: ecco la classifica

Dalle piccolezze alle frasi pesanti per descrivere le nazioni.
Il vostro viaggio dei sogni potrebbe essere un Paese profondamente odiato.

Azioni del governo, cultura e mentalità, religione, comportamento dei turisti, arte, cucina, usi e costumi: tutte cose che fanno apprezzare o meno un Paese.

O che non lo fanno apprezzare.

Ecco allora la classifica degli Stati più odiati al mondo, redatta dalla piattaforma World Population Review poi ripresa da Stars Insider, proprio sulla base degli aspetti sopracitati.

Si parte dal Sudafrica, passando poi al Canada dove utenti esprimono la propria disapprovazione per il Paese legandolo a Justin Biebier (una scelta artistica dunque, se vogliamo).

Ecco poi l’Australia, spesso addirittura invidiata per la sua bellezza, ed il Myanmar che non piace per la persecuzione in corso della popolazione musulmana Rohingya.

Abbastanza odiato anche il Vaticano, la reputazione negativa è in gran parte dovuta al suo coinvolgimento nell’occultamento di scandali di abusi sessuali all’interno della Chiesa.

Salendo la classifica troviamo il Qatar, del quale non piaccioni le violazioni dei diritti umani e le ancora forti disparità; poi la Turchia, accusata dall’Onu di violazione dei diritti umani nel 2017.

In netto miglioramento dopo la vittoria della Coppa del Mondo, l’Argentina. Dopo l’Argentina troviamo l’Indonesia, ricca di turbolenze politiche e crisi finanziarie.

Poi la Serbia, dove l’astio non manca tra popolazioni limitrofe, e la Somalia, con il principale problema della pirateria.

Ecco in seguito Corea del Sud e Messico (per corruzione e cartelli della droga, nonostante un’affascinante bellezza ed un vivace patrimonio culturale).

Nelle prime quindici nazioni più odiate, ecco l‘Italia: c’è chi sostiene che gli italiani siano maleducati e poco ospitali verso gli stranieri.

Poi la Siria (dove vi è una lunga guerra civile), la Francia (considerata snob), la Germania (per il passato nazista) ed il Regno Unito (per la la sua storia di potenza imperiale si porta dietro rancori da diversi Paesi).

L’Afghanistan, teatro di continui conflitti e instabilità, e l’India per malnutrizione, lavoro minorile e traffico di esseri umani; poi troviamo il Giappone, particolarmente odiato dal popolo cinese (che non è piccolo), e l’Arabia Saudita, particolarmente vista in maniera negativa per i carenti diritti alle donne.

Salendo ancora troviamo l’Iraq, peril terrorismo, l’Iran per la carenza dei diritti veros donne e bambini ed il Pakistan dove fu ucciso Osama Bin Laden.

Poi Israele, a causa del trattamento riservato ai palestinesi e della continua occupazione della Cisgiordania, e gli Stati Uniti, spesso visti come una forza dominante, con un cv di presidenti litigiosi, la loro inclinazione a scatenare conflitti ed a “interferire in questioni che non li riguardano“, chiudono in quarta posizione appena fuori dal podio.

Al terzo gradino del podio la Corea del Nord, ampiamente considerata come il Paese con i più alti livelli di violazione dei diritti umani a livello globale, mentre al secondo posto in classifica la Cina, dove tutto è concesso pur di salvaguardare la Cina comunista.

Salendo verso l’odio, per così dire, al primo poso troviamo la Russia, soprattutto soggetta alle critiche occidentali per le tese relazioni con gli Usa.

Terza guerra mondiale: ci sono i segnali?

Segnali di una terza guerra mondiale, mentre Conte e Di Maio preferiscono concentrarsi sull’esclusione di Rula Jebreal dal festival di Sanremo.

Diversi segnali, provenienti da diverse parti.

C’è fermento, nel mondo. Ma non sembra una buona vivacità, ha più l’aria che qualcosa di grosso ed infelice stia per muoversi.

Risalgono a qualche tempo fa le tensioni tra Russia e Georgia, con la prima che ritiene “provocazioni anti-russe” il riconoscimento dei territori dell’Ossezia e dell’Abkhazia (militarmente occupati dalla Russia nel 2008 e riconosciuti indipendenti da alcuni Stati dell’ONU) come nazionali. Alla Duma, il ramo basso del Parlamento russo, la Russia si schiera tutta compatta, maggioranza ed opposizione, nell’intento di procedere con le sanzioni alla Georgia (approfondimento al link).

Il clima è già talmente teso che i tour operator russi hanno bloccato le attività in Georgia, proprio a causa dell’elevato rischio di aggressioni verso i cittadini russi come sentimento di ritorsione.

Allo stesso tempo succedeva che una petroliera inglese, la Heritage, veniva ostacolata nello Stretto di Hormuz da navi iraniane. Una fregata della Royal Navy, che scortava la petroliera, è intervenuta puntando i cannoni verso le navi iraniane, le quali hanno fatto marcia indietro.

L’Iran nega ogni coinvolgimento, ma le tre navi che hanno tentato di ostacolare la petroliera inglese sarebbero state del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica.

Alla base dell’accaduto vi è il blocco di un’altra petroliera, sta volta diretta in Siria (dove vige l’embargo dell’Ue), da parte della Marina inglese di Gibilterra, su ordine degli Usa.

America stessa che propone di creare una coalizione di Paesi per controllare, monitorare e difendere il transito delle petroliere davanti alle acque dell’Iran e dello Yemen, dove gli Usa fornirebbero le navi per il controllo ed il comando delle attività, mentre gli altri Stati quelle per i pattugliamenti.

Come se non bastasse, voci di ulteriori conflitti arrivano da Israele, precisamente da Ashkelon (luogo vicino alla Striscia di Gaza e sovente obiettivo dei missili palestinesi), dove il premier Benyamin Netanyahu ha dichiarato che “sebbene Israele preferisca che continui la calma al confine con Gaza, tuttavia si sta preparando per una possibile offensiva militare estesa che potrebbe essere a sorpresa“, il tutto, poco prima che la diventasse di dominio pubblico la notizia dell’uccisione di un miliziano della sicurezza di Hamas da parte dell’esercito nei pressi della barriera difensiva con lo Stato ebraico.

Ultimi avvenimenti in ordine di tempo l’assalto all’ambasciata america a Baghdad (approfondimento al link) e l’uccisione di Soleimani (approfondimento al link).

Proprio per quanto riguarda il caso Soleimani, parrebbe che la spedizione punitiva fosse partita dalle basi americane in Italia (per la precisione da Sigonella, in Sicilia), senza però che l’Italia venisse coinvolta né sostanzialmente informata di ciò che stava accadendo.

Italia che, comunque, preferisce continuare a far finta di non vedere e non sentire: il premier Conte ed il ministro agli Esteri Di Maio non intervengono infatti neanche con mezza parola, preferendo lasciare l’attenzione all’esclusione di Rula Jebreal dal festival di Sanremo. Atteggiamento, si nota purtroppo con amarezza, ben lontano da quello avuto dall’Italia di Craxi nella famosa “notte di Sigonella”.

Tensioni, dunque, contemporanee e sparse che si sommano alle precarie condizioni della situazione in Venezuela ed alla sempre crescente instabilità interna all’Unione europea, che non lasciano percepire auspici di tempi tranquilli, come se tutto fosse in bilico e pronto, purtroppo, ad esplodere.