Usa e alleati attaccano in Yemen

Nel mirino le postazioni Houthi.
Coinvolti anche Gran Bretagna, Olanda, Australia, Canada e Bahrein.

Gli Usa e la Gran Bretagna hanno lanciato attacchi contro postazioni Houthi in Yemen dopo che i miliziani hanno sfidato il monito a non proseguire i loro raid nel Mar Rosso.

Coinvolti anche altri Paesi alleati degli Usa, tra cui Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein, che dovrebbero fornire logistica, intelligence ed altro supporto stando a quanto riportato da Ansa.

Gli attacchi, ha riferito un dirigente Usa alla Cnn, sono stati condotti in particolare con aerei da combattimento e missili Tomahawk.

Oltre una dozzina di obiettivi Houthi sono stati colpiti da missili lanciati da cielo, terra e mare (con il sottomarino Uss Florida) e sono stati scelti per indebolire la capacità degli Houthi di attaccare le navi nel Mar Rosso.

Tra questi sistemi radar, depositi e siti di lancio di droni, missili balistici e missili da crociera.

Joe Biden ha dichiarato che questa è la “risposta diretta agli attacchi Houthi” e non esiterà “a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario“.

Paesi più sanzionati al mondo: ecco la classifica

La lista dei primi 7 Stati per sanzioni attive.
Gli Usa quelli che emettono più sanzioni.

È un tema vecchio ma che il conflitto tra Ucraina e Russia ha riportato all’ordine del giorno tra interessi e curiosità, oltre che aver fatto aggiornare la classifica.

Ma quali sono, ad oggi, i Paesi più sanzionati al mondo? Il The Daily Digest ci fornisce alcuni dati, stilando la classifica dei primi sette Stati al mondo.

Le informazioni sono aggiornate mensilmente e provengono da una serie di fonti governative e non governative, costituite da circa 900 elenchi di controllo o autorità emittenti; questi dati interessano oltre 200 nazioni diverse.

Al settimo posto troviamo il Venezuela con 747 sanzioni.

Sesto in classifica il Myanmar che arriva a contare 908 sanzioni, mentre si piazza quinta la Bielorussia, con 1.417.

Al quarto posto della lista creata dagli analisti di Castellum.AI c’è la Corea del Nord, con 2.152 sanzioni attive.

La Siria è invece il terzo Paese più sanzionato, con un totale di 2.803 sanzioni. A settembre 2020, il Carter Center segnalava che gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro la Siria fin dagli anni Settanta.

Stando sempre ai dati di Castellum.AI, l’Iran aveva ricevuto un totale di 3.616 sanzioni prima del 22 febbraio 2022. A settembre 2023, l’Iran ne aveva subite un totale di 4.645 che le garantivano (per così dire) il primato.

Le sanzioni, che la vedono ora al secondo posto, arrivano da Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione Europea e Paesi come Australia, Canada, India ed Israele.

Dal 2014 la Russia ha subito 17.854 sanzioni, la maggior parte delle quali è entrata in vigore dopo il conflitto in Ucraina, con Mosca che aveva 2.695 sanzioni prima della guerra e 15.159 dopo febbraio 2022.

Ad aver emesso il maggior numero di sanzioni contro la Russia (3.950) sono gli Stati Uniti, seguiti dal Canada che ne ha emesse 3.105. Ma anche l’Australia, il Giappone, il Regno Unito, la Francia e l’Unione Europea sono stati tra i principali emittenti.

Sorprendentemente, la Svizzera è il terzo Paese ad aver imposto il maggior numero di sanzioni contro la Federazione Russa dal 2014.

Gas: -18% ad Amsterdam. In Australia grave rischio sciopero

Crollo a 38,58 euro al megawattora.
Se in Australia parte lo sciopero, a rischio il 10% delle forniture mondiali.

Sprofonda il prezzo del gas ad Amsterdam mentre in Australia è in corso un incontro decisivo tra i sindacati e Woodside Energy per scongiurare il rischio di uno sciopero nel più grande impianto di liquefazione di gas naturale del Paese.

È quanto riporta Ansa, aggiungendo che i future Ttf cedono il 10% a 38,58 euro il megawattora dopo essersi brevemente inabissati del 18%.

Woodside, riferisce invece Bloomberg, non ha aggiornamenti sulla vertenza che, senza un accordo, potrebbe portare a uno sciopero già il 2 settembre.

Trattative sono in corso anche negli impianti Gordon e Wheatstone di Chevron.

Uno stop degli stabilimenti australiani metterebbe a rischio il 10% delle forniture mondiali di Gnl, con impatti sui prezzi anche in Europa.

Enel: continuano le cessioni “green”

Dopo le vendite inCile ed Australia, ora la Grecia.
A Macquaire il 50% di Enel Green Power Hellas.

Continuano le cessioni del business green da parte di Enel.

La società, tramite la propria controllata al 100% Enel Green Power, ha infatti firmato un accordo con Macquarie Asset Management, tramite Macquarie Green Investment Group Renewable Energy Fund 2, per la cessione del 50% di Enel Green Power Hellas, controllata al 100% di Egp in Grecia, a fronte di un corrispettivo totale di circa 345 milioni di euro, che produrrà un equivalente effetto positivo sull’indebitamento netto consolidato del gruppo.

Alla chiusura dell’operazione, come riporta Ansa, Egp e Macquarie Asset Management stipuleranno uno shareholder agreement che prevede il controllo congiunto di Enel Green Power Hellas.

Le vendite in Grecia sono l’ennesimo disinvestimen to da parte i Enel nel settore green, dopo che poco tempo fa aveva effettuate cessioni prima in Australia (approfondimento al link) e, poi, in Cile (approfondimento al link).

Enel Geen Power Australia vende il 50%

Operazione da 400 milioni di euro.
Ad acquisire la metà è Inpex Corporation.

Enel, attraverso la sua controllata al 100% Enel Green Power, ha firmato un accordo con Inpex Corporation, per la cessione del 50% delle due società che possiedono tutte le attività del gruppo in Australia, nello specifico Enel Green Power Australia Pty Ltd ed Enel Green Power Australia Trust (insieme: “Enel Green Power Australia“, o “Egpa“), attualmente interamente possedute da Egp, per un corrispettivo complessivo di circa 400 milioni di euro di enterprise value, riferito al 100%, di cui circa 140 milioni di euro in debito.

L’operazione, come spiega la società in una nota, è in linea con l’attuale piano strategico di Enel, che prevede la realizzazione di partnership in alcuni business e aree geografiche per incrementare la creazione di valore.

Al perfezionamento dell’operazione, stando a quanto riporta Ansa, si prevede che Egp e Inpex gestiranno congiuntamente Egpa, supervisionando l’attuale portafoglio di generazione da fonti rinnovabili di quest’ultima e continuando a sviluppare la sua pipeline di progetti, allo scopo di ottenere un incremento della capacità installata di Egpa.

In questo modo, Egpa continuerà a guidare la transizione energetica in corso in Australia, accelerando il suo contributo al raggiungimento dell’obiettivo Net Zero del Paese.

Si prevede che l’operazione complessiva genererà un impatto positivo di circa 87 milioni di euro sull’Ebitda ordinario e reported del gruppo per il 2023.

Inoltre, si prevede che l’operazione genererà un effetto positivo sull’indebitamento netto consolidato del gruppo di circa 145 milioni di euro legato alla quota del 50% ceduta da Egp che sarà contabilizzata nel 2023; tale importo non include circa 203 milioni di euro di indebitamento netto deconsolidati nel 2022, in quanto Egpa era già stata classificata come “held for sale“.

Il perfezionamento della vendita è soggetto ad alcune condizioni preliminari usuali per questo tipo di operazioni, tra cui l’autorizzazione dell’Australian Foreign Investment Review Board e delle autorità antitrust competenti.