Polonia, Tusk lancia campagna internazionale contro migrazione illegale

Il video è disponibile in 6 lingue; il messaggio: chi vi promette una vita agiata in Europa lo fa per interesse personale.
Il confine polacco è fortemente protetto da moderni sistemi di sicurezza, muri e migliaia di soldati.

Il primo ministro polacco Donald Tusk ha annunciato suo social media l’avvio di una campagna informativa internazionale contro la migrazione illegale.

L’iniziativa ha lo scopo di scoraggiare i cittadini dei paesi africani e mediorientali dal tentare di attraversare illegalmente il confine polacco per entrare in Europa.

Un video appositamente realizzato, disponibile in sei lingue, sarà trasmesso in Afghanistan, Etiopia, Eritrea, Somalia, Kenya, Iraq, Pakistan ed Egitto.

Come ha sottolineato il primo ministro, il messaggio è chiaro: il confine polacco è fortemente protetto da moderni sistemi di sicurezza, muri e migliaia di soldati.

Il narratore dello spot avverte i potenziali migranti che chi promette loro una vita agiata in Europa lo fa per interesse personale.

La campagna era già stata annunciata da Tusk durante il suo discorso programmatico al Parlamento polacco, il Sejm, come parte di una strategia più ampia atta a limitare la migrazione illegale dai cosiddetti “paesi ad alto rischio”.

La decisione è legata all’aumento della pressione migratoria al confine polacco-bielorusso dove la Guardia di Frontiera segnala quotidianamente numerosi tentativi di attraversamento illegale, comportamenti aggressivi e attacchi fisici contro i funzionari.

Come riporta Polonia Oggi, solo nella giornata di mercoledì scorso si sono registrati oltre 230 tentativi di ingresso irregolare in Polonia, e dall’inizio dell’anno si contano oltre 10.000 episodi simili.

In risposta a questa situazione, il 27 marzo il governo ha introdotto una limitazione temporanea del diritto di richiedere protezione internazionale al confine con la Bielorussia.

I Paesi più corrotti del Mondo nel 2025

Ecco la classifica dei primi 30.
In totale sono stati analizzati 100 Stati.

La corruzione ha un impatto può essere devastante e non riguarda solo i corridoi del potere, ma arriva in profondità nella vita quotidiana dei cittadini comuni.

Dai vivaci mercati del Guatemala ai campi ricchi di petrolio della Nigeria, la corruzione condiziona le sorti delle nazioni e i destini dei loro popoli.

L’Indice di percezione della corruzione (CPI), uno strumento utilizzato per misurare i livelli percepiti di corruzione nel settore pubblico, serve a ricordare le sfide che attendono molti paesi.

Secondo il sito web di Transparency International, il CPI valuta i paesi su una scala da 0 a 100, dove 0 è “altamente corrotto” e 100 è “molto pulito”.

Ecco, dunque, la classifica come riporta StarsInsider:

31 – Repubblica Centrafricana (Punteggio CPI: 24): Con un punteggio CPI di 24, la Repubblica Centrafricana si trova di fronte a sfide scoraggianti, dove la corruzione esaspera le lotte di una delle popolazioni più povere del mondo, ostacolando gli sforzi verso la stabilità e la giustizia.

30 – Iran (Punteggio CPI: 24): L’Iran si posiziona male nell’Indice di percezione della corruzione, indicando un alto livello di corruzione percepita, con un punteggio di 24. Il governo iraniano utilizza la corruzione per mantenere il controllo: i leader governativi, militari e religiosi lavorano insieme per creare opportunità di favoritismi e benefici finanziari per coloro che sono fedeli ai leader. Questo sistema è profondamente radicato nella politica iraniana, il che lo rende difficile da eliminare.

29 – Libano (Punteggio CPI: 24): Il punteggio CPI del Libano, pari a 24, riflette una crisi in cui la politica e le banche si scontrano con la corruzione, portando all’instabilità economica e ai disordini sociali, con un impatto profondo sui mezzi di sussistenza e sul futuro del popolo libanese.

28 – Zimbabwe (Punteggio CPI: 24): La storia dello Zimbabwe è caratterizzata da un grande potenziale minato, purtroppo, dalla corruzione, con un punteggio CPI pari a 24. Le confische di terre e le sfide economiche dipingono un quadro complesso di resilienza e lotta per i cittadini.

27 – Azerbaigian (Punteggio CPI: 23): L’Azerbaigian, a cavallo tra l’Europa e l’Asia, deve fare i conti con la corruzione, con un punteggio CPI pari a 23. Le accuse di accumulo di ricchezza da parte delle famiglie al potere contrastano con le aspirazioni della popolazione a una governance equal.

26 – Guatemala (Punteggio CPI: 23): Il Guatemala, noto per la sua vibrante cultura e le sue bellezze naturali, deve fare i conti con un punteggio CPI pari a 23. La corruzione soffoca il progresso, incidendo sulla governance ed erodendo la fiducia all’interno della più grande economia dell’America Centrale.

25 – Honduras (Punteggio CPI: 23): L’Honduras, con il suo punteggio pari a 23, mostra l’impatto della corruzione sul tessuto di una nazione, erodendo la fiducia nelle istituzioni e riducendo le prospettive economiche di questo Paese centroamericano.

24 –  Iraq (Punteggio CPI: 23): Il ricco patrimonio culturale e le riserve petrolifere dell’Iraq sono inficiate da un punteggio CPI di 23, dove la corruzione ostacola gli sforzi di ricostruzione e la capacità di governo, compromettendo profondamente il percorso verso la stabilità e la prosperità.

23 – Cambogia (Punteggio CPI: 22): Le strade animate e la ricca storia della Cambogia contrastano nettamente con il punteggio di 22 dell’indice CPI, che evidenzia una corruzione profondamente radicata che influisce sullo sviluppo sociale ed economico, mettendo a dura prova la resistenza della popolazione.

22 – Congo (Punteggio CPI: 22): La Repubblica del Congo, con un punteggio CPI di 22, mostra una nazione sotto la stretta morsa di un regime che dura da tempo. Le accuse di ricchezza accumulata contrastano nettamente con la realtà quotidiana della popolazione.

21 – Guinea-Bissau (Punteggio CPI: 22): Il punteggio della Guinea-Bissau è indice di un paese che lotta contro la corruzione a tutti i livelli. Con un PIL pro capite tra i più bassi al mondo, la posta in gioco nella lotta alla corruzione è alta.

20 – Eritrea (Punteggio CPI: 21): In Eritrea, un punteggio di 21 indica problemi profondamente radicati. Nonostante le dimensioni ridotte, l’impatto della corruzione è massiccio, con ripercussioni su tutto, dai diritti umani alla libertà di espressione.

19 – Afghanistan (Punteggio CPI: 20): Con un punteggio di 20, l’Afghanistan è tra i Paesi più corrotti a causa dell’instabilità politica, della debolezza della governance, del conflitto in corso e del traffico di droga.

18 – Burundi (Punteggio CPI: 20): Con un punteggio CPI di 20, il Burundi deve affrontare ostacoli significativi. Le difficoltà economiche del Paese sono aggravate dalla corruzione, che rende difficile la prosperità delle imprese e il progresso della società.

17 – Ciad (Punteggio CPI: 20): Le sfide del Ciad si riflettono nel suo punteggio CPI. Tra disordini civili e problemi di governance, la corruzione rimane un ostacolo critico allo sviluppo e alla pace.

16 – Comore (Punteggio CPI: 20): Le Comore, con i suoi paesaggi pittoreschi, devono fare i conti con un punteggio di 20 per quanto riguarda la corruzione. Gli scandali di questa nazione, tra cui la vendita di passaporti, sottolineano quanto i corrotti siano disposti a fare.

15 – Repubblica Democratica del Congo (Punteggio CPI: 20): Ricca di minerali ma afflitta dalla corruzione, il punteggio dell’indice CPI della RDC, pari a 20, evidenzia il paradosso fra l’immensa ricchezza sotto terra e le dure difficoltà al di sopra di essa.

14 – Myanmar (Punteggio CPI: 23): I paesaggi mozzafiato del Myanmar sono contrastati da un punteggio CPI di 23. La lotta alla corruzione soffoca la democrazia e lo sviluppo economico, incidendo sulla speranza di un futuro migliore della popolazione. La corruzione del Paese soffoca la democrazia e lo sviluppo economico, incidendo sulla speranza di un futuro migliore da parte della sua variegata popolazione.

13 –  Sudan (Punteggio CPI: 22): Il punteggio CPI del Sudan, pari a 22, rivela un panorama in cui tangenti e false dichiarazioni finanziarie ostacolano il progresso. La volontà di stabilità della nazione è spesso ostacolata da queste sfide.

12 – Tagikistan (Punteggio CPI: 20): I paesaggi maestosi del Tagikistan sono oscurati da un punteggio CPI di 20, indice di una corruzione diffusa che ostacola la crescita economica e la governance, incidendo sulle prospettive e sul benessere dei cittadini.

11 – Libia (Punteggio CPI: 18): La continua instabilità politica della Libia con un punteggio CPI di 18 evidenzia la complessa relazione tra governance, corruzione e benessere sociale in un Paese ricco di risorse naturali.

10 – Turkmenistan (Punteggio CPI: 18): La storia di corruzione del Turkmenistan, che si riflette nel suo punteggio, non coinvolge solo il settore pubblico, ma si insinua nella vita quotidiana, influenzando il modo in cui le persone interagiscono con il governo e tra di loro.

9 – Guinea Equatoriale (Punteggio CPI: 17): Nonostante la ricchezza derivante dalle riserve petrolifere, la Guinea Equatoriale deve fare i conti con un punteggio del CPI pari a 17. Le ricchezze della nazione sono prosciugate dalla corruzione, che influisce sulla stabilità economica e sulle prospettive di crescita.

8 – Haiti (Punteggio CPI: 17): Haiti, con un punteggio CPI di 17, racconta una storia di resilienza in mezzo alle avversità. La corruzione qui non riguarda solo i reati finanziari, ma anche i giochi di potere che ostacolano la ripresa e lo sviluppo della nazione.

7 – Nicaragua (Punteggio CPI: 17): In Nicaragua, un punteggio CPI pari a 17 delinea un quadro di corruzione diffusa, che si estende dalle strade fino al palazzo presidenziale, incidendo sulla governance e sulla fiducia del Paese.

6 – Corea del Nord (Punteggio CPI: 17): Il regime impenetrabile della Corea del Nord si riflette nel suo punteggio CPI di 17. L’isolamento del Paese aggrava le sfide della corruzione, influenzando il modo in cui interagisce con il resto del mondo.

5 – Yemen (Punteggio CPI: 16): Il punteggio pari a 16 dell’indice CPI evidenzia le terribili conseguenze della corruzione, in particolare in una nazione già dilaniata dalla guerra civile e dalle crisi umanitarie, sottolineando l’urgente necessità di riforme della gestione pubblica.

4 – Venezuela (Punteggio CPI: 13): Le difficoltà del Venezuela sono amplificate dal punteggio del CPI, che è pari a 13. Nonostante abbia le più grandi riserve di petrolio al mondo, la corruzione ha portato al caos economico, influenzando ogni aspetto della vita venezuelana.

3 – Sud Sudan (Punteggio CPI: 13): Essendo uno dei Paesi più recenti del mondo, il punteggio di 13 dell’IPC del Sud Sudan sottolinea la sfida imperante di costruire delle istituzioni di una nuova nazione sotto l’ombra della corruzione.

2 – Siria (Punteggio CPI: 13): Il conflitto in corso in Siria e un punteggio CPI di 13 illustrano l’impatto devastante della corruzione sul tessuto sociale di un paese, aggravando le difficoltà della popolazione.

1 – Somalia (Punteggio CPI: 11): In cima alla lista, con un punteggio CPI di 11, i gravi problemi di corruzione della Somalia evidenziano la necessità assoluta di un cambiamento sistemico per promuovere la stabilità e la prosperità.

Quanto all’Italia, per fortuna non è entrata nella Top 30 dei Paesi più corrotti: ha ottenuto 54 punti e si è piazzata al 56° posto su 100 Paesi analizzati.

I 10 Paesi più pericolosi al mondo

Se dovete viaggiare solo per piacere, forse è meglio evitare queste destinazioni.
Ecco la lista basata sulle attuali situazioni.

Viaggiare è sicuramente meraviglioso, ma non sempre è esente da rischi.

Ecco, infatti, secondo Insider Post, le 10 nazioni più pericolose al mondo e che, per diversi motivi (conflitti civili, guerre, instabilità governative, criminalità. eccetera) è forse meglio evitare in caso di viaggi a scopo puramente turistico, almeno per il momento:

  • Afghanistan
  • Repubblica Centrafricana
  • Iraq
  • Libia
  • Somalia
  • Sudan del Sud
  • Sudan
  • Siria
  • Ucraina
  • Yemen

Omosessualità: ecco dov’è illegale nel mondo

Le pene vanno dal carcere alla pena di morte, passando per il ricovero psichiatrico.
Ecco la lista dei Paesi in cui l’omosessualità è reato: meglio non visitarli se siete una coppia lgbtq+.

Mentre prendono sempre più piede le manifestazioni lgbtq+, ci sono degli Stati al mondo che considerano l’omosessualità un reato.

Un reato da punire con il carcere e/o il ricovero psichiatrico, per esempio.

Di seguito, la lista redatta da Stars Insider che, se siete una coppia lgbtq+, forse non vi conviene visitare.

L’Afghanistan, dove si può arrivare alla pena di morte per il reato di relazioni tra lo stesso sesso; l’Algeria, che prevede sanzioni economiche e carcere.

Bangladesh, dove si può arrivare all’ergastolo; Brunei, che prevede la morte per lapidazione anche nel caso in cui maschio si spacci per donna e viceversa.

Burundi, Camerun, Chad e Marocco prevedono carcere e multe; Cecenia, dove si verificano rapimenti ed uccisioni.

In Dominica un adulto può rischiare da quattro a dieci anni di prigione e il ricovero in un ospedale psichiatrico; Egitto, che prevede il carcere e l’eventuale ricovero in un “riformatorio speciale”. Poi l’Eritrea ed il Myanmar, che prevedono il carcere mentre in Eswatini ed in Namibia la pena non è precisata.

Ancora, l’omosessualità è reato in Etiopia, Ghana, Grenada, Kenya, Kiribati, Kuwait, Libano, Liberia, Libia, Malawi, Oman, Palestina, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Samoa, Senegal, Isole Salomone, Sudan, Sudan del Sud, Sri Lanka, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Tuvalu, Uzbekistan, Zambia, Papua Nuova Guinea e Guinea, dove viene punita con la galera, in Gambia e Guyana, dove si rischia anche l’ergastolo.

L’Iran prevede la fustigazione e la morte, la Malesia e le Maldive prevedono la fustigazione ed il carcere, la Giamaica il carcere ed i lavori forzati.

In Mauritania si può essere lapidati oltre al carcere.

In Nigeria è previsto il carcere ma nei posti in cui vige la sharia anche la pena di morte; discorso simile in Pakistan, dove sono previsti carcere e sanzioni ma anche frustate o morte dove vige la sharia. In Qatar stessa regola: carcere ma anche pena di morte dove vige la sharia.

Sulla stessa lunghezza d’onda la Somalia, dove è previsto il carcere ma anche la pena di morte dove vige la sharia.

In Arabia Saudita scatta la lapidazione, mentre in Sierra Leone e Tanzania l’ergastolo.

Ancora, in Togo ed nello Zimbabwe sono previsti galera e multe; a Tonga la galera e la fustigazione.

In Uganda oltre all’ergastolo è prevista la pena di morte nel caso di “omosessualità aggravata”. Negli Emirati Arabi Uniti è previsto il carcere ma si rischia anche di entrare nel “crimine capitale”.

Nello Yemen gli uomini sposati possono essere condannati a morte, mentre quelli non sposati rischiano frustate o un anno di prigione, mentre le donne rischiano fino a sette anni di prigione.

Biden: processare Putin per crimini di guerra

Il presidente americano chiede il processo.
Putin può fare lo stesso per le guerre degli Usa?

Processare Putin per crimini di guerra.

È la richiesta avanzata da Joe Biden.

Il presidente americano, inoltre, attraverso il proprio ambasciatore all’Onu ha anche chiesto la sospensione di Mosca dal consiglio delle Nazioni Unite dedicato ai diritti umani.

La richiesta è scattata dopo gli scontri di Bucha e l’Unione Europea, per bocca di Ursula von der Leyen, la presidente, ha comunicato l’istituzione “di una squadra investigativa comune con Kiev per raccogliere prove” ed indagare.

Stando a quanto riporta “Italpress”, sul tema è intervenuto anche il premier inglese Boris Johnson, parlando di un crimine “imperdonabile“.

Ancora più duro Volodymyr Zelensky:

I soldati russi sono dei macellai, assassini, torturatori, stupratori e saccheggiatori“.

Da parte sua, la Russia smentisce le accuse. Putin, inoltre, potrebbe a sua volta chiedere un processo per crimini di guerra in merito alle guerre Usa (con partecipazione NATO) in Libia, Serbia, Somalia, Bosnia, Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan?