Le armi fornite dall’Italia all’Ucraina sarebbero inutilizzabili

In discussione i semoventi M109L prodotti ad inizio anni ’90.
Gli Usa avrebbero dovuto ripararli.

Molti media l’hanno definita “doppia”: è la beffa dei cannoni italiani inviati in Ucraina che pare siano tutti da revisionare.

Secondo il Financial Times, ripreso anche da Notizie.it, i semoventi M109L consegnati da Roma a Kiev sarebbero infatti inutilizzabili.

Si tratta di venti obici sulle cui condizioni avrebbe rilasciato dichiarazioni un consigliere del ministro della Difesa di Kiev.

I venti cannoni, simili a quelli visti transitare dalla stazione di Udine qualche settimana fa, sono stati prodotti dalla Oto Melara nei primi anni Novanta.

Nello specifico sono cingolati dotati di un cannone da 155 millimetri, calibro standard dell’artiglieria Nato.

La Repubblica afferma che nel 2022 il governo italiano ha deciso di trasferire tutti i cannoni semoventi nel deposito di Lenta, in provincia di Vercelli e che nell’estate del 2022 l’esecutivo di Mario Draghi ha deciso di recuperare gli M109L. Solo che quei pezzi erano stati abbandonati da oltre vent’anni all’aria aperta.

Vigeva un accordo: l’Italia avrebbe fornito 60 obici all’Ucraina e gli Stati Uniti avrebbero finanziato i costi di riparazione.

Poi a settembre, il governo italiano aveva spedito ai tecnici ucraini i primi venti cannoni ma senza che le componenti americane di riparazione fossero mai giunte a destinazione.

Il Financial Times sostiene che i venti M109L sarebbero diretti in Italia o in Belgio, dove potranno essere riparati.

Nel frattempo, il governo italiano con il ministero della Difesa in titolarità a Guido Crosetto ha preparato una seconda tranche di semoventi partiti a Pasqua che è stata riparata prima di partire.

Bce all’Italia: il debito è un problema vostro

9 economisti su 10 vedono nell’Italia l’anello debole dell’Ue.
Crosetto critica i troppi poteri alla Banca centrale.

Il debito? È un problema vostro. Così la Bce all’Italia

Non si placa la polemica dopo l’articolo del Financial Times, secondo il quale nove economisti su dieci vedono l’Italia come l’anello debole dell’Unione europea dopo i rialzi dei tassi Bce.

Recentemente è sceso in campo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che in un’intervista a Repubblica ha detto di non “comprendere le ragioni che hanno spinto la Bce a cambiare politica sugli acquisti di Stato europei, in un momento economicamente già molto complesso”.

In particolare, come riporta Il Giornale, Crosetto ha criticato non tanto i rialzi dei tassi, ma la decisione di ridurre di 15 miliardi al mese l’acquisto di titoli di Stato. Una decisione che ha fatto salire i rendimenti dei titoli sovrani dell’area euro, tra cui il Btp italiano.

Il ministro di Fratelli d’Italia ha criticato organismi come Bce ed Ebache rispondono solo a se stessi” e hanno possibilità “di incidere sulla vita dei cittadini in modo superiore alla Commissione europea e soprattutto ai governi nazionali”. Il leader di Azione, Carlo Calenda, ha polemizzato definendo l’intervista “demenziale dal punto di vista tecnico”, in quanto la Bce deve contrastare l’inflazione, e “pericolosa perchè riesuma tutto l’arsenale di fesserie sovraniste”.

Un’altra risposta alle critiche italiane è arrivata proprio da Francoforte, con un post pubblicato ieri sul blog della Bce dal titolo “Politica fiscale: dal pasto gratis a quello accessibile”.

Il testo ammette che per i governi è diventato più costoso finanziarsi, ma “il debito pubblico può rimanere su un percorso solido”.

La velina all’Italia si fa più evidente quando si sottolinea che “gli investitori sono diventati più restii a detenere attività più rischiose” e “prestano attenzione alla sostenibilità del debito”.

Ergo: la colpa è principalmente dell’Italia, e del suo maxi debito, se i rendimenti si sono alzati molto (ieri il Btp decennale rendeva il 4,24%, più del triplo di un anno fa). L’istituto centrale, tuttavia, rassicura sul fatto che un’inflazione più elevata tende a migliorare la sostenibilità fiscale per effetto dell’aumento del gettito di alcune imposte, come per esempio l’Iva.

Non sembra dunque essere all’orizzonte un rallentamento sul rialzo dei tassi. Anche se qualche buon segnale si è materializzato tra il calo dell’inflazione tedesco a cui si è aggiunto, ieri, il dato francese che, a sorpresa, è risultato in calo a dicembre al 5,9% contro il +6,2% di novembre.

Oggi sarà il turno del dato italiano che potrebbe certificare una volta in più il rallentamento della corsa dei prezzi e riequilibrare un po’ lo scontro tra falchi e colombe, che in sede Bce vede per il momento prevalere i primi.

Se, da un lato, l’aumento dei tassi pare inevitabile a fronte di un’inflazione così elevata, dall’altra il rischio è di forzare troppo la mano e di rovinare l’ottimo momento dell’Italia che è la terza economia dell’area euro. Come riporta il Sole 24 Ore, quest’ anno Il Paese dovrà mettere sul mercato Btp fra i 310 e i 320 miliardi.

Un bilancio che sale a 510 miliardi con Bot e altre emissioni a breve. Si va verso una spesa per interessi da 270,2 miliardi tra 2023 e 2025 (contro i 186,1 calcolati nel Def di aprile).

Il Tesoro, tra l’altro, chiederà aiuto agli investitori retail, con una o più emissioni nel 2023 del Btp Italia.

Il Paese può farcela, ma il dubbio è se non sia il caso di mettere in campo uno strumento più potente del Tpi per tenere a bada i rendimenti sovrani. Per il vantaggio di tutti, non solo dell’Italia.

Humanity: “non lasciamo il porto”

L’Ong battente bandiera tedesca si rifiuta di eseguire gli ordini delle autorità italiane.
Accolta un’altra nave, respinte due.

Humanity disobbedisce all’Italia.

La nave Ong battente bandiera tedesca ha deciso di non mollare gli ormeggi presso il porto di Catania, rifiutandosi quindi di eseguire gli ordini delle autorità italiane che le avevano chiesto di abbandore il porto dopo lo sbarco concesso ai soggetti ritenuti fragili e bisognosi d’assistenza.

Così, al momento, l’imbarcazione è rimasta dov’è: attraccata al molo di levante con 35 migranti a bordo. Tutti adulti “senza problemi fisici“. Un atto apertamente ostile al governo del nostro Paese e al nuovo decreto del Viminale, che aveva introdotto norme più stringenti per le organizzazioni non governative.

A rendere noto l’atto di disobbedienza è stata la stessa Ong tedesca Sos Humanity sui social:

Intorno alle 11.30, a Humanity1 è stato chiesto di lasciare il porto di Catania con 35 sopravvissuti a bordo. Il capitano ha rifiutato questo ordine. La legge marittima lo obbliga a portare in un luogo sicuro tutti coloro che sono stati salvati da un’emergenza in mare“.

Poi l’ulteriore messaggio alle autorità italiane, segno di un braccio di ferro destinato a proseguire:

I superstiti hanno diritto a un accertamento di protezione individuale, che può avvenire solo a terra. Respingere le 35 persone a bordo di Humanity1 in cerca di protezione dalle acque territoriali è una forma di respingimento collettivo e quindi illegale“.

Nella notte, le autorità italiane avevano concesso lo sbarco di 144 dei 179 migranti a bordo, dando seguito al nuovo provvedimento che prevede l’assistenza per i soggetti fragili (persone con problemi di salute, donne e bambini) e il successivo ritorno dell’imbarcazione nelle acque internazionali.

L’Ong si era subito opposta, parlando di “selezione disumana” e chiedendo anche lo sbarco dei 35 profughi rimasti a bordo. Così, quando l’Italia ha intimato a Humanity1 di abbandonare il porto, la risposta è stata negativa. L’atto di disobbedienza, sul fronte politico, aveva trovato il sostegno della sinistra italiana.

Si sono coniugate umanità e fermezza“, aveva diversamente osservato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, commentando l’applicazione del nuovo decreto governativo.

Sulla stessa linea, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi e delle Infrastrutture, Matteo Salvini.

Le autorità italiane, nel frattempo hanno autorizzato la medesima procedura per un’altra nave, la Geo Barents di Medici senza frontiere con 572 migranti a bordo.

Restano invece al largo delle coste catanesi altre due imbarcazioni piene di migranti: si tratta della tedesca Rise Above, con a bordo 90 persone, e la norvegese Ocean Viking, con 234 profughi.