Fuga cervelli, ricercatore-padre a Mattarella: mio figlio in Danimarca, via da umiliazioni italiane

Lettera di un padre italiano a Mattarella sulla fuga dei cervelli: in Italia sono umiliati, all’estero vanno a ruba.
E il nostro Paese è in declino.

Le scrivo come ricercatore italiano”, ma soprattutto “come padre di un giovane neolaureato: so quanto il tema della fuga dei cervelli Le stia a cuore e proprio per questa sua sensibilità mi rivolgo a Lei con fiducia”. Inizia così l’accorata lettera inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Fabio Di Felice, ricercatore dell’Ingv e soprattutto padre di Matteo, che ha appena completato gli studi alla Copenhagen Business School, in Danimarca, con immediate e brillanti prospettive di carriera.

Nella missiva al capo dello Stato, Di Felice, che è anche membro della segreteria del sindacato Fgu (Federazione Gilda Unams) – Dipartimento ricerca, cita pure i compagni di corso del figlio e si firma come “papà ricercatore, anzi il papà di tutti questi ragazzi”. A Mattarella spiega che loro “sono un esempio di come bravura, impegno e dedizione possano costruire un futuro professionale certo. Con un salario medio di circa 70mila euro lordi annui, lavorano in settori” innovativi e di prestigio, “riuscendo a vivere serenamente e beneficiando di un sistema di welfare che in Italia resta solo un’aspirazione”.

Di Felice aggiunge poi che in Danimarca il merito è valorizzato, mentre in Italia la prospettiva più probabile per molti neolaureati come loro sarebbe stata quella di stage sottopagati, senza contributi né futuro certo. Un percorso umiliante”, in cui “ci si può ritrovare a fare fotocopie o a portare il caffè al ‘capo’ o al professore con cui si collabora, in attesa di un’opportunità che forse non arriverà mai”. Lo studioso Ingv lancia l’allarme “per un’Italia che non può più permettersi di perdere le sue menti più brillanti e volenterose”. L’appello a Mattarella riguarda quindi “un imperativo strategico per il futuro stesso” del Paese, ossia “creare le condizioni perché questi giovani possano restare, o scegliere di tornare”. Infatti, come tanti ragazzi “cercano all’estero un orizzonte che qui stenta ad aprirsi, così la ricerca italiana stessa anela a quello ‘spazio’ – normativo, economico e sociale – per poter respirare, crescere e trattenere i suoi talenti”, conclude.

A raccogliere per primo lo sfogo di Di Felice è stato Eleuterio Spiriti, coordinatore nazionale di FguDipartimento Ricerca, sindacato che da sempre si batte contro la fuga dei cervelli: “Oggi in Italia un ricercatore guadagna cifre lontanissime dai 70mila euro dei nostri giovani in Danimarca e potrebbe non vederli nemmeno a fine carriera. Ma più in generale pesa la scarsa considerazione del Paese nei confronti del nostro lavoro. Un vero peccato, dato che l’economia italiana soffre cronicamente di bassa produttività, figlia anche della carenza di innovazione cui la ricerca, di base e applicata, dà un contributo decisivo”. Spiriti infine chiosa: “La ministra Bernini ha detto due giorni fa che non teme la fuga dei cervelli perché i nostri ragazzi si arricchiscono all’estero e poi tornano. Il problema è che invece nella stragrande maggioranza dei casi restano fuori, per le migliori condizioni di vita e prospettive professionali. Il nostro sistema spende in media ben oltre 100mila euro per formare un talento che poi, con le sue capacità, arricchirà altre comunità nazionali. Una situazione che deve cambiare – conclude – e per la quale non possiamo che appellarci alla sensibilità e alla saggezza del presidente Mattarella”.

Ranking competitività europea: la Polonia supera l’Italia

Meglio di noi anche Repubblica Ceca, Lituania ed Estonia.
Ecco gli altri piazzamenti.




La Polonia è salita nell’IMD World Competitiveness Ranking 2024, posizionandosi al 41º posto, il miglior risultato degli ultimi quattro anni.

Sebbene siano migliorati alcuni indicatori chiave come l’efficienza economica, l’efficacia del governo e l’infrastruttura, la competitività aziendale è leggermente diminuita.

Nella classifica, stilata dall’Istituto Svizzero per lo Sviluppo della Gestione (IMD), la Polonia si è posizionata dietro al Giappone ed alla Spagna, ma ha superato l’Italia.

Singapore ha conquistato il primo posto, salendo di tre posizioni e detronizzando la Danimarca.

La Svizzera si è classificata al secondo posto.

Nei primi posti dominano i paesi europei, ma anche alcuni asiatici, come Hong Kong e Taiwan.

Gli Stati Uniti si sono posizionati al 12º posto, mentre la Cina al 14º.

Nella regione, la Polonia ha avuto un risultato medio: si sono posizionate meglio la Repubblica Ceca, la Lituania e l’Estonia, mentre più in basso la Romania, l’Ungheria e la Slovacchia.

Come riporta Polonia Oggi, gli esperti sottolineano che la competitività economica non si basa solo sul PIL e sulla produttività, ma anche su aspetti politici, sociali e culturali.

I governi giocano un ruolo chiave nel creare condizioni favorevoli per uno sviluppo sostenibile.

Il professor Arturo Bris osserva che le piccole economie, come la Svizzera o la Danimarca, raggiungono più facilmente un consenso politico e beneficiano di un buon accesso ai grandi mercati.

La Germania, invece, ha problemi di rapidità di adattamento, evidenti soprattutto nel contesto dei cambiamenti globali e della guerra in Ucraina.

Bris sottolinea che le future economie competitive saranno quelle che meglio si adatteranno al contesto globale in evoluzione, creando al contempo valore e benessere per i loro cittadini.

Danimarca: chiusa inchiesta su esplosioni Nord Stream

Anche la Svezia aveva chiuso le indagini mentre si aspettano quelle tedesche.
Mosca: assurdo; si riconosce il sabotaggio ma non si fanno indagini.

La Danimarca ha chiuso le indagini sulle esplosioni del 2022 nei gasdotti Nord Stream che trasportano il gas russo in Germania, dopo che anche la Svezia aveva chiuso la propria inchiesta.

Lo ha comunicato oggi la polizia danese, come riporta Reuters.

I gasdotti Nord Stream 1 e 2 che trasportano gas sotto il Mar Baltico sono stati danneggiati da una serie di esplosioni in Svezia e Danimarca a settembre 2022, rilasciando grandi quantità di metano nell’aria.

Le esplosioni sono avvenute sette mesi dopo che la Russia ha avviato un’operazione in Ucraina, che ha innescato una serie di sanzioni economiche e finanziarie occidentali contro Mosca.

In un comunicato della polizia di Copenaghen si legge quanto di seguito:

Le indagini hanno portato le autorità a concludere che c’è stato un sabotaggio intenzionale dei gasdotti. Tuttavia, si ritiene che non ci siano basi sufficienti per portare avanti una causa penale in Danimarca“.

All’inizio del mese la Svezia ha chiuso l’inchiesta sulle esplosioni, affermando di non avere giurisdizione sul caso, ma ha consegnato prove agli investigatori tedeschi, che non hanno ancora pubblicato alcun risultato.

Il governo tedesco è ancora “molto interessato” a scoprire le cause delle esplosioni che hanno danneggiato i gasdotti Nord Stream, ha detto un portavoce a Berlino.

L’anno scorso, la Germania ha detto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di aver rilevato tracce di esplosivi sottomarini su uno yacht che potrebbe essere stato usato per trasportare gli esplosivi e che sommozzatori addestrati potrebbero aver fissato gli esplosivi alle condutture.

La Russia e l’Occidente, ai ferri corti per lo scontro in Ucraina nel febbraio 2022, si sono accusati a vicenda per l’esplosione dei gasdotti.

Entrambe le parti hanno negato qualsiasi coinvolgimento e non si sono assunte la responsabilità.

Oggi il Cremlino ha dichiarato che la situazione delle indagini è “quasi assurda” con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha dichiarato:

Da un lato si riconosce un sabotaggio deliberato, dall’altro non ci sono ulteriori progressi“.

Lo stesso ha poi aggiungendo che la Danimarca ha respinto le richieste di fornire informazioni sulle sue indagini.

Ecco i Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo

Analizzati 115 Stati: ecco i migliori 30.
La prima nazione vince con enorme distacco. Italia appena sopra la Malesia.

La Euler Hermes ha stilato una classifica dei Paesi del mondo maggiormente inclini alle trasformazioni digitali, prendendo in considerazione indicatori come: regolamentazione, conoscenza, connettività, infrastrutture e dimensione del mercato.

In totale sono stati analizzati 115 nazioni, di seguito vi riportiamo la top 30.

Partendo dal fondo della classifica, troviamo la Malesia con un punteggio totale di 53,9 punti.

Appena sopra, con 54,4 punti ottenuti soprattutto grazie alle infrastrutture, ecco il Bel Paese: l’Italia, infatti si piazza al 29esimo posto.

28esima in classifica la Repubblica Ceca con 55,8 punti; seguono Spagna (27esimo posto) con 56,8 punti, Estonia (26esima in classifica) a 57,5 punti ed Israele (25esimo posto) con 59,8 punti.

Sopra i 60 punti troviamo gli Emirati Arabi Uniti che si collocano al 24esimo posto con 61,8 punti, l’Irlanda con un punteggio di 62,4 si piazza 23esima, la Nuova Zelanda 22esima con 63,4 punti, poi il Belgio al 21esimo posto con 64 punti e poco sopra, con 64,8 punti, al 20esimo piazzamento l’Australia; 19esime e 18esime apri merito la Francia e l’Islanda con i loro 65,5 punti, Li supero di un pelo la Cina che con i suoi 65,6 punti si colloca al 17esimo posto.

Salendo ancora troviamo il Canada: 16esimo in classifica e con 65,8 punti. Ecco dunque la Norvegia a 66,7 punti (15esimo posto) ed il Lussemburgo a 67,5 punti (14esimo).

13esima l’Austria con 68,4 punti e 12esima la Danimarca che raggiunge quota 68,6 punti.

Appena fuori dalla top 10 la Finlandia che con i suoi 68,7 punti si colloca 11esima; decima in classifica la Corea del Sud (69,5 punti) alle spalle di Hong Kong (nono in classifica con 69,9 punti).

Supera i 70 punti, precisamente 70,4, Singapore che si colloca all’ottavo posto in classifica, superato dal Giappone che si classifica invece settimo grazie ai suoi 70,8 punti.

Sesta la Svezia col suo punteggio di 71,6 punti e quinto il Regno Unito con 72 punti.

Appena fuori dal podio la Svizzera che, con un punteggio pari a 74 punti, si colloca quarta in classifica.

Nel gradino più basso del podio troviamo l’Olanda con 74,3 punti mentre al secondo posto, con un punteggio di 75,3 punti, ecco la Germania.

Primi nella classifica dei Paesi più tecnologicamente avanzati al mondo, con la bellezza di 87 punti e quindi con un ampio distacco su tutti gli altri, gli Usa.

Lavoro: ecco i Paesi che pagano di più in Europa

Ecco come impattano genere, età, località e titolo di studio.
Le lauree italiane le più penalizzate.

È uscita la rilevazione della “Structure of Earnings Survey” (Eurostat 2018) che riguarda occupazione e salari.

Il report ha il limite di non coprire tutto l’insieme degli occupati perchè esclude il settore agricolo, le imprese con meno di 10 addetti e tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, ma il pregio di tenere conto del diverso costo della vita in ogni Paese, in quanto gli importi sono calcolati a parità di potere d’acquisto.

In 15 dei 27 Paesi europei si guadagna meno che in Italia, che a sua volta si colloca a 146 euro lordi in meno rispetto la media europea. In Italia, però, va ricordato che la struttura economica è fortemente rappresentata da micro e piccole imprese che sono sono spesso escluse dai parametri sopracitati.

Dalla rilevazione si nota che la componente maschile riceve la paga più alta in Lussemburgo (3.625 euro); seguono Danimarca (3.479 euro) e Germania (3.461 euro).

L’Italia si piazza a metà graduatoria con 2.620 euro. Chiude invece la classifica la Bulgaria con 1.256 euro lordi al mese.

Poco o nulla cambia per quanto riguarda la componente femminile: il Lussemburgo rimane primo in classifica (3.497), l’Italia a metà (2.201) ed ultima la Bulgaria (1.078).

Ad ogni modo, le donne guadagnano mediamente meno degli uomini ovunque, con il divario massimo di genere in Estonia (22,9%), seguita da Austria (22,4%) e Slovacchia (22,1%), ed il divario minimo in Romania (2,8%), seguita da Lussemburgo (3,5%) e Belgio (97%).

Spostando la lente di ingrandimento sull’età, invece, vediamo che il Paese che paga lo stipendio più alto ai giovani sono la Svezia per i maschi (2.372 euro) ed il Lussemburgo per le donne (2.531).

Un giovane italiano guadagna mediamente 1.854 euro lordi al mese; più precisamente 1.914 se maschio, 1.756 se donna.

Il Paese che paga lo stipendio più bassi ai giovani risulta essere il Portogallo, con 1.054 euro.

Per quanto riguarda gli over 50, invece, rimangono il Lussemburgo il Paese che meglio paga (4.446 euro per gli uomini e 3.947 euro per le donne) e la Bulgaria quello con gli stipendi più bassi (1.053 in media).

In Italia, un uomo guadagna mediamente 3.043 euro mentre una donna 2.384. La media tra i due è pari a 2.737 euro, contro i 2.896 euro della media europea.

Infine, l’impatto del titolo di studio. In Romania la retribuzione di un laureato è più che doppia rispetto a quella di un diplomato (+114%) mentre in Italia il premio è addirittura sotto la media europea: 30% italiano contro 48% europeo.

C’è però anche chi fa peggio di noi: in Danimarca ed a Malta il premio è del 29% mentre in Svezia scendo fino al 24%.

Tuttavia, in nessun altro Paese l’incremento retributivo rispetto alle diplomate è così contenuto (23%) a fronte del 44% per gli uomini.

Il premio per la componente femminile è invece superiore rispetto a quello per la componente maschile in Estonia, Cipro, Spagna, Portogallo e Malta.