Conte: stipendi anche agli esclusi del M5S

Paghe anche ad esclusi o non candidati per il secondo mandato.
Fico, Crimi, Taverna e Bonafede tra i nomi.

Uno stipendio ai big del Movimento 5 Stelle esclusi dalle elezioni, perché non eletti o perché non candidati per via del limite dei due mandati.

Ne parla oggi il quotidiano “Il Messaggero” ripreso anche da “Leggo”, che racconta che l’ex premier Giuseppe Conte, dopo aver salvato il movimento dall’estinzione (con un buon risultato alle elezioni) si appresta a varare la fase due della sua leadership.

Già in campagna elettorale Conte chiese a tutti i big del M5S (non ricandidabili per il limite di mandati) di aiutarlo nell’impresa che sembrava impossibile: si tratta di nomi di peso, da Paola Taverna a Vito Crimi, fino all’ex presidente della Camera Roberto Fico.

Ma anche Gianluca Perilli (ex capogruppo), Laura Bottici (questore al Senato), Daniele Pesco (presidente Commissione Bilancio), Alfonso Bonafede (ex ministro della Giustizia), ed il tesoriere Riccardo Fraccaro.

Stando a quanto riportato, Conte vuole costituire un partito vero e proprio, ovvero ciò che manca da quando furono sciolti i primi meet-up ideati da Casaleggio e Beppe Grillo: il disegno dell’ex premier prevede la creazione di ruoli remunerati che garantiscano il funzionamento del partito e di una scuola di formazione pentastellata; anche i docenti di quest’ultima sarebbero remunerati.

Una buona soluzione dunque per “riciclare” chi non è stato rieletto, per motivi vari.

Per apportare questi cambiamenti però servirà modificare lo statuto: per Conte, l’ultimo ostacolo sarà dunque il fondatore, lo stesso Grillo.

Sondaggio: FI cresce dello 0,5%, M5S sempre più giù

Centrodestra, se unito, al 46,6%.
Giallorossi al 33,8%.

È uscito il nuovo sondaggio Swg sul gradimento dei partiti in Italia.

Come riporta “Il Giornale”, gli ultimi sondaggi portano buone notizie per il centrodestra che, se si dovesse presentare unito alle prossime elezioni, sarebbe la coalizione che gli italiani premierebbero in misura maggiore rispetto al centrosinistra. Storia diversa per il fronte giallorosso, che allo stato attuale non riesce a incassare una quota di voti sufficiente per prendere le redini del prossimo governo in maniera autonoma. A influire negativamente sull’asse giallorosso sono i risicati numeri del Movimento 5 Stelle, protagonista di un tracollo che va avanti ormai da mesi e che non sembra essere destinato a fermarsi.

Stando all’ultimo sondaggio di Swg reso noto da Enrico Mentana nel corso del Tg La7, Fratelli d’Italia è ancora il primo partito nelle intenzioni di voto degli elettori: lo schieramento di Giorgia Meloni nell’arco di una settimana ha incrementato i consensi, con un +0,2 che lo fa salire al 21,5%. Lieve crescita anche per il Partito democratico, che va al 21,2% con una variazione positiva dello 0,1%. Invece la Lega non riesce a recuperare terreno: il partito di Matteo Salvini contiene comunque la perdita, con un calo dello 0,2% che lo accredita al 17%.

Continuano a giungere pessime fotografie per il Movimento 5 Stelle: il nuovo corso di Giuseppe Conte non è riuscito a imprimere una svolta nei sondaggi. Anzi, ha finito per peggiorare i numeri: l’ultima rilevazione registra un crollo dello 0,4%, che fa precipitare i grillini al 12,6%. Non superare la soglia del 13% di certo è uno choc da un punto di vista politico, sintomo di come la proposta pentastellata non sia più apprezzata e ritenuta valida dagli elettori. Trend positivo invece per Forza Italia: il partito azzurro incassa lo 0,5% e si porta all’8,1%.

Infine si trovano i partiti con minore consenso rispetto alle formazioni politiche principali: Azione di Carlo Calenda e +Europa insieme perdono lo 0,2% e scendono al 4,8%, Mdp-Articolo 1 (2,4%, +0,2%), Italia Viva di Matteo Renzi (2,3%, in calo dello 0,4%), Verdi (2,2%, con una variazione negativa dello 0,3%), Sinistra italiana (stabile al 2,1%) e Italexit con Gianluigi Paragone (2%, in crescita dello 0,3%). Le altre liste si attestano al 3,8%, in aumento dello 0,2%. La quota di chi non si esprime rimane invariata al 42%.

Il centrodestra unito ha indubbiamente ottimi margini per governare il Paese dopo le elezioni politiche che, a meno di una crisi di governo, si terranno nella primavera del 2023: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in maniera compatta sfiorano il 47%, nello specifico si portano al 46,6%. Il divario per i giallorossi è davvero profondo: Partito democratico e Movimento 5 Stelle uniti si fermano al 33,8%.

Lavoro, si va verso l’obbligo vaccinale

Mercoledì potrebbe già arrivare la decisione per tutti i lavoratori.
Il governo continua a preferire l’obbligo indiretto.

Si va verso l’obbligo vaccinale per i lavoratori, che per poter andare a lavoro dovranno essere muniti di super green pass.

L’intenzione del governo è quella di introdurre il super green pass per tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato; la decisione, rinviata pochi giorni fa per il parere contrario di Lega e M5S, potrebbe arrivare già mercoledì 5 gennaio durante la riunione del consiglio dei ministri.

Come riporta “Il Messaggero”, a chiedere con forza la misura sono i presidenti di regione già alle prese con i problemi derivanti dall’imminente riapertura delle scuole; con il premier Mario Draghi che si è già espresso favorevole al provvedimento ed i consulenti del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che spingono per l’obbligo vaccinale per tutti, è però difficile che si arrivi ad una misura adottata in pochi paesi europei e che rischia di aggiungere poco all’obbligo che verrà introdotto il 5 gennaio e che riguarderà tutti i lavoratori.

Come sottolineava qualche giorno fa il governatore del Veneto Luca Zaia, rendere obbligatorio il vaccino per tutti rischia di rimanere sulla carta, a meno che non si decida di usare la forza pubblica per obbligare chi non si vuole vaccinare.

Si pensa che verrà concesso un tempo necessario a tutti i lavoratori di mettersi in regola per ottenere la certificazione ed alle aziende di organizzarsi per evitare i possibili problemi derivanti dall’assenza di lavoratori che non sono ancora vaccinati.

La volontà del governo è quindi, ancora una volta, quella di imporre indirettamente la vaccinazione obbligatoria anziché assumersi la responsabilità di imporre l’obbligo.