Ecco dove si trasferiscono gli italiani per guadagnare di più

La maggior parte resta nel continente europeo.
Ecco top 5 europea e le 2 principali destinazioni extra europee.

Da sempre, noi italiani, emigriamo in altri Paesi.

Succede ed è successo, per i motivi più diversi, ma oggigiorno si va altrove soprattutto per motivi economici.

Oggi gli italiani emigrano soprattutto nel resto d’Europa. Lo dicono i dati Istat, ripresi anche da Esquire Italia.

Come riporta uno degli ultimi documenti ufficiali dell’istituto di statistica, infatti, “L’Europa continua a essere la principale area di destinazione delle emigrazioni dei cittadini italiani“, dove ben l’83% degli italiani che vanno a vivere in un altro Paese lo fanno all’interno del continente europeo.

Recita sempre il documento dell’Istat che “rallentano, ma restano numerose, le partenze degli italiani verso il Regno Unito” che sono 23mila, addirittura il 24% del totale degli espatri (più precisamente molti di questi espatri riguardano l’area della capitale, Londra).

Il secondo Paese è la Germania: le partenze sono 14 mila all’anno, il 15% del totale.

Poi ci sono la Francia (11mila, 12% del totale), la Svizzera (9mila, 9% del totale) ed infine la Spagna (6mila, 6% del totale delle partenze).

Un altro dato molto interessante, tra quelli resi pubblici dall’Istat, è quello delle migrazioni verso i Paesi extra europei: in questo senso le mete preferite dagli italiani per vivere meglio, studiare e lavorare all’estero, sono gli Stati Uniti (4mila partenze all’anno, 4% del totale) e l’Australia (2mila, 2% del totale).

Le migliori città al mondo in cui espatriare

Espatriare per volontà o necessità: dove conviene farlo?
L’Italia? Due città ultime in classifica: ecco perchè.

Voglia o necessità di espatriare? Quali sono le migliori città del mondo in cui trasferirsi?

La classifica 2023 pubblicata dalla rete di espatriati InterNations fornisce un quadro più chiaro a chi ha la volontà o la necessità di espatriare ma anche a coloro i quali hanno già fatto il grande passo.

Questa classifica si basa su una serie di criteri, come le opportunità professionali, la disponibilità ed il prezzo degli alloggi, la qualità della vita e dell’ambiente ed il contatto con la popolazione locale.

Il minimo che si possa dire è che la Spagna è che è stata sotto i riflettori per questa annata 2023: il Paese occupa le tre posizioni del podio ed ha addirittura quattro rappresentanti nella top ten delle città.

La città numero 1 nella classifica non è Madrid o Barcellona, ma Malaga, una città più piccola sulla costa dell’Andalusia.

Malaga, infatti, è al secondo posto per la qualità della vita e al primo posto per il clima e il contatto con la gente; è anche nella top 10 per l’ambiente naturale.

La città si colloca ai primi posti anche per il costo della vita e degli alloggi, la facilità di trovare una casa ed il tanto ricercato equilibrio tra lavoro e vita privata.

Un po’ più in alto sulla costa, Alicante è arrivata seconda. Nonostante l’ambiente non sia considerato molto favorevole alla creatività ed al lavoro autonomo, il 92% degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto della propria vita in questa città.

Alicante ha molto da offrire: la città occupa il primo posto nella classifica dei prezzi degli alloggi, della vita sociale e della sensazione di essere accolti e a casa.

Sempre in Spagna, Valencia è arrivata terza in classifica: la città è risultata addirittura prima in termini di qualità della vita e di opportunità sportive, anche se i giudizi sono stati più contrastanti per quanto riguarda le prospettive di carriera.

Una cosa che distingue Valencia è la qualità del suo sistema sanitario con la metropoli spagnola che occupa il primo posto per il prezzo dell’assistenza sanitaria ed il terzo per la sua disponibilità.

La top 5 è completata da due città degli Emirati Arabi Uniti: Ras-el-Khaimah (4°) ed Abu Dhabi (5°): il clima soleggiato ed i redditi molto elevati in alcuni settori non sono certo da biasimare.

Oltre a Madrid (6°), la top 10 globale è completata da diverse destinazioni asiatiche, tra cui Kuala Lumpur (Malesia, 8°), Bangkok (Thailandia, 9°) e Muscat (Oman, 10°).

Altre città più sorprendenti appaiono abbastanza in alto in questa classifica, come Città del Messico (7°), Nairobi (15°) e Lussemburgo (19°).

Al contrario, la maggior parte delle grandi capitali europee è in ritardo, come Parigi (41°), Londra (42°) e Berlino (45°): l’elevato costo della vita e le difficoltà nel trovare un alloggio hanno un impatto negativo sulla qualità di vita degli espatriati.

Le metropoli nordamericane se la cavano poco meglio, con Toronto che si piazza a malapena al 35° posto, New York al 39° e Vancouver al 47°, davanti a solo altre due città.

L’Italia è l’asso pigliatutto tra gli espatriati: al 48° posto e penultima nonostante il suo clima favorevole e la bellezza del suo patrimonio, Roma sta pagando il prezzo dei bassi salari e delle prospettive di carriera, oltre alla difficoltà di integrarsi se non si parla italiano.

Al 49° posto, Milano è arrivata ultima.

La metropoli del nord Italia viene messa sotto accusa per la mancanza di sicurezza, la difficoltà di trovare un alloggio e, come a Roma, la difficoltà di trovare buone prospettive di lavoro e di integrarsi senza parlare un italiano fluente.

Insomma, in Italia pesano sempre i soliti fattori che negli ultimi anni stanno facendo rovinare l’immagine del Bel Paese nel mondo: scarse possibilità professionali e bassi salari, elevata immigrazione con problemi di sicurezza, la diffusa non conoscenza dell’inglese nonostante sia un Paese altamente turistico.

Italiani all’estero: come siamo visti?

Ecco come siamo visti oltrefrontiera nel mondo del lavoro.
Oliwia Burdeńska, Country Manager di Orienta Polska, ne fa un quadro completo.

Gli italiani che vanno a lavorare all’estero sono sempre di più.

Le motivazioni sono diverse. In Italia il mercato del lavoro non vive certamente il suo momento migliore, i lavoratori vanno a cercare fortuna o semplicemente un lavoro per mantenere la famiglia, le aziende delocalizzano e vorrebbero un connazionale di riferimento presso la sede estera, i giovani hanno voglia di fare esperienza internazionale.

Alla base della scelta di andare a lavorare all’estero, ci sono i desideri o le sue esigenze di ciascuno. Ma, una volta, all’estero, come siamo visti dal punto di vista professionale?

Con un focus incentrato sulla Polonia, ne abbiamo parlato con la dott.ssa Oliwia Burdeńska, laureata in Comunicazione Sociale presso l’Uniwersytet Ekonomiczny w Poznaniu, con una laurea specialistica in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica presso l’Università Federico II di Napoli ed un Master in Organizzazione e Sviluppo delle Risorse Umane presso l’Università degli Studi di Torino, attualmente Country Manager per la Polonia dell’Agenzia per il lavoro Orienta Polska, oltre che vincitrice del premio Jane M. Klausman Women in Business Scholarship.

Dott.ssa Burdenska, lei ha vissuto, studiato e lavorato sia in Polonia che in Italia, toccando con mano entrambe le realtà. Ad oggi, come abbiamo visto, il suo lavoro la porta spesso a fare da tramite tra italiani e polacchi dal punto di vista lavorativo sotto varie forme di collaborazione (dipendenti polacchi per aziende italiane, dipendenti italiani per aziende polacche, expats italiani per sedi estere di aziende italiane, eccetera).

Com’è, dal suo punto di vista, lavorare con gli italiani e quali sono le loro principali caratteristiche?

La prima cosa che mi viene in mente è “parlare”. Gli italiani anziché mandarti subito una mail, ti faranno sempre prima una telefonata. Lo scopo dovrebbe essere quello di risolvere subito la questione ma spesso si finisce col parlare di tante altre cose prima di arrivare all’eventuale problema. Per gli italiani lato relazionale è fondamentale!

La collaborazione con i clienti italiani non è però sempre facile, e spiego subito perché. Prima di tutto perché le aziende italiane che si trovano in Polonia spesso sono organizzate in modo che i processi decisionali vengano comunque svolti in Italia: questo fa si che per prendere una decisione, ad esempio sulla firma di un contratto o  sull’assunzione di una persona, si perde molto tempo. Secondo fattore è che agli italiani piace negoziare molto e anche questo fa in modo che tutto il processo decisionale duri di più. In un mercato del lavoro dinamico come quello polacco, dove i candidati trovano subito lavoro, il tempo conta molto. Questo sicuramente è un ostacolo.

Ma ci sono ovviamente anche i lati positivi. Come ho menzionato all’inizio, gli italiani apprezzano molto il lato umano del contraente e si interessano realmente alla persona con cui si stanno relazionando. Quindi, è più facile creare un rapporto di fiducia e stima. Se il cliente italiano si fida di te puoi essere trattato quasi come uno di famiglia; ti può capitare di pranzare con loro e parlare anche di questioni personali etc. Il cliente italiano è un cliente fedele: se si trova bene con te, non “ti tradirà” e ti consiglierà ad altri clienti, cercherà tuoi consigli etc. Gli italiani sono i partner perfetti dal punto di vista di networking.

Lei ha lavorato con gli italiani sia in Italia che in Polonia; trova differenze nel lavorare con un italiano ed un expats?

“Si, secondo me gli expats sono più aperti e determinati. Non per tutti è facile trasferirsi in un altro paese dove la lingua principale non è quella italiana e neanche inglese. Ho notato che le persone che decidono di trasferirsi qua o sono persone che lo fanno per i motivi personali/ famigliari o sono spesso i giovani che già hanno avuto qualche esperienza internazionale ad esempio hanno fatto Erasmus o studi all’estero e decidono di continuare a percorrere questa strada fuori dall’Italia. In generale direi che gli expats sono anche più creativi e flessibili perché hanno una visione più ampia grazie anche alle esperienze multiculturali.”

Quando le aziende italiane ti chiedono di cercare delle risorse umane per le loro sedi in Polonia, indipendentemente dal ruolo, su che caratteristiche ti concentri maggiormente?

“Rappresentando un’azienda italiana ci capita spesso di ricercare questo tipo di target e la conoscenza dell’approccio italiano ci aiuta molto. Partiamo dal fatto che tutto dipende dall’azienda e dal ruolo, ma la cosa fondamentale secondo me e’ la flessibilità. I datori di lavoro italiani apprezzano i dipendenti che si dedicano al lavoro e dimostrano un legame con l’azienda. Vorrebbero una persona che non ha problemi a rispondere al telefono 5 minuti dopo l’orario lavorativo e che se c’è un’esigenza rimane per più tempo in ufficio. La fiducia è un aspetto cruciale. Invece andando oltre le soft skills, il candidato ideale è quello che parla italiano (oltre polacco)  ed è istruito. Ps. Meglio ancora se è tifoso di calcio” – scherza Oliwia.

C’è qualcosa che è davvero tipico degli italiani, che ci rende immediatamente identificabili anche all’estero?

“Sempre dal punto di vista lavorativo: l’aspetto fisico. Gli italiani sono sempre ben vestiti e curano l’aspetto esteriore. Se ti rechi ad un appuntamento con un direttore italiano sappi che devi vestirti bene in quanto questo dimostra anche il tuo rispetto nei confronti del tuo interlocutore. Ad un meeting internazionale, un businessman italiano è sempre con un abito “su misura”.

Quali sono le principali somiglianze e differenze in ambito professionale tra i polacchi e gli italiani?

“Dal mio punto di vista i polacchi sono più diretti e prendono prima le decisioni. Gli italiani preferiscono sempre fare un confronto, ad esempio per quanto riguarda la selezione del personale, rischiano di perdere veri talenti perché aspettano altri candidati per poi confrontarli, anche se già hanno trovato un candidato “perla”.

Invece per quanto riguarda il lato relazionale, spesso è più piacevole collaborare con le aziende italiane in quanto le persone sono più solari e aperte. I clienti italiani con piacere discutono le questioni di business durante il pranzo o bevendo un caffe. Si riesce a creare un rapporto di fiducia più facilmente con loro. I polacchi invece spesso tendono a tenersi “a distanza” e non si fidano facilmente. Questo purtroppo è risultato della nostra storia.

Crede che sia più facile per un italiano lavorare per un’azienda polacca o per un polacco lavorare per un’azienda italiana?

“Questa è una bella domanda. Non sono italiana quindi mi è difficile rispondere al posto di un italiano, ma credo che sia simile per ambo le parti. Magari dal punto di vista linguistico potrebbe essere più difficile per un italiano trovarsi in un’azienda polacca anche se tanti parlano l’inglese in Polonia. Sono comunque sicura che sia più facile per una persona polacca imparare la lingua italiana che vice versa. L’altro aspetto che potrebbe essere diverso è la modalità di lavoro. Basandomi sempre sulla mia esperienza personale, in Polonia siamo abituati a lavorare 8 ore consecutive, senza le pause infinite per un caffe/ pranzi etc. Una persona che è abituata a lavorare dalle 8 fino alle 16 potrebbe trovarsi peggio in un’azienda dove si lavora dalle 9 fino alle 18-19. Ovviamente questo dipende sempre dalla realtà aziendale (piccola/grande azienda). In aziende italiane tanti processi richiedono più tempo, i polacchi secondo me guardano subito alla sostanza.

L’altra cosa che potrebbe aiutare un polacco che lavora in Italia è l’apertura degli italiani e loro curiosità verso la persona straniera. Gli italiani con piacere ti inviteranno a pranzare insieme, mentre in Polonia questo gesto magari richiederebbe più tempo.

Dovendo dare una risposta in estrema sintesi, secondo lei, è consigliato o sconsigliato lavorare con gli italiani?

“Assolutamente consigliato. Dal mio punto di vista l’aspetto multiculturale fa sempre bene all’azienda. Noi come Orienta in Polonia ogni anno diamo il benvenuto a un ragazzo/ragazza giovane dall’Italia, per dare la possibilità di ottenere un’esperienza lavorativa all’estero. Questi scambi sono sempre un momento ricco di condivisioni, di prospettive diverse che possono essere un punto di partenza per nuove idee. Poi i ragazzi italiani giovani sono molto ambiziosi e attenti a quello che fanno.”