Lavori più retribuiti: ecco i primi 10 in Italia

La classifica arriva dai dati Istat.
Ecco cosa influenza il reddito ma anche cosa “costa” avere un certo salario.

Conoscere i lavori più pagati in Italia è importante per coloro che sono alla ricerca di una carriera redditizia.

Secondo i dati raccolti dall’Istat nel 2021 e riportati da Wall Street Italia, i lavori più pagati sono quelli del settore medico, bancario ed amministrativo.

La specializzazione gioca un ruolo importante nel raggiungimento di un reddito elevato e molte delle professioni più pagate richiedono una laurea.

Di seguito una lista delle 10 professioni meglio remunerate in Italia:

  1. Notaio: 265.000 euro l’anno
  2. Medico: 75.000 euro l’anno
  3. Pilota d’aereo di linea: 74.400 euro l’anno
  4. Titolare di farmacia: 60.000 euro l’anno
  5. Web marketing manager: 57.000 euro l’anno
  6. Consulente finanziario: 55.000 euro l’anno
  7. Software engineer: 39.000 euro l’anno
  8. Ingegnere: 38.000 euro l’anno
  9. Commercialista: 36.000 euro l’anno
  10. Avvocato: 35.800 euro l’anno

I notai si trovano in cima alla classifica, con un guadagno annuo di 265.000 euro lordi.

I medici seguono al secondo posto con un guadagno annuo di 75.000 euro lordi, mentre i piloti d’aereo di linea si trovano al terzo posto con un guadagno annuo di 74.400 euro lordi.

Si tratta di cifre lorde che rappresentano la media delle retribuzioni per queste professioni.

È importante notare che queste cifre possono variare in base alla posizione geografica ed alle competenze specifiche del lavoratore.

Le regioni del nord e le grandi città come Milano sono spesso associate a retribuzioni più elevate.

Non solo. C’è da dire infatti che, oltre alla specializzazione ed alla collocazione geografica, ci sono altri fattori che possono influire sulla retribuzione di un lavoratore.

Ad esempio l’esperienza (seniority) nel settore giocano un ruolo molto importante nell’ottenere stipendi più alti; ma anche la formazione continua e la costante acquisizione di nuove competenze possono far crescere il proprio stipendio.

Inoltre, è importante sottolineare che la maggior parte dei lavori più pagati richiedono un impegno costante ed un impegno per la formazione continua. Ad esempio, un medico deve continuare a studiare e ad acquisire nuove competenze per essere sempre all’avanguardia (o quantomeno aggiornato) nel proprio settore.

Si può concludere, dunque, dicendo che è sicuramente piacevole godere di un buon salario ma va ricordato che arrivare all’ottenimento dello stesso non è facile: vengono infatti richieste un forte senso di responsabilità nello svolgere la propria mansione, presenza e reperibilità oltre la media ed un forte impegno formativo, sia prima che durante l’esercizio della professione.

7,5% delle famiglie in povertà assoluta

5,6 milioni di individui.
Pesa l’inflazione; dato potrebbe peggiorare.

È uscito il nuovo rapporto Istat, indicante che le famiglie in povertà assoluta sono il 7,5% del totale.

Guardando al numero di individui, invece, la quota è pari a 5,6 milioni di persone che equivalgono al 9,4% del totale e rimane in linea con l’anno precedente.

Nonostante dal 2020 al 2021 le famiglie nella soglia di povertà assoluta siano passate dal 7,7% al 7,5%, l’Istat segnala che a pesare è stata l’inflazione:

Senza la crescita dei prezzi al consumo registrata nel 2021 (+1,9%) l’incidenza di povertà assoluta sarebbe stata al 7,0% a livello familiare e all’8,8% a livello individuale, in lieve calo, quindi, rispetto al 2020”.

Inoltre, è altamente possibile che il quadro del 2021 peggiori data l’attuale situazione che sta portando forti aumenti su carburanti, alimentari e bollette.

Caro-bollette: prezzi al dettaglio +38,5 miliardi

Aumenti di luce e gas ricadono sui prodotti.
Da imprese e commercianti costi a cascata sui consumatori.

Prezzi al dettaglio a gennaio in aumento di 38,5 miliardi di euro per le famiglie.

A riportare la notizia è “Tgcom24” che, citando il report di Assoutenti sulla base dei dati Istat in merito all’inflazione, fa notare come i prodotti abbiano risentito dei costi di luce e gas che son o letteralmente schizzati.

Com’è normale che accada, senza un intervento dello Stato, imprese e commercianti hanno scaricato a cascato i costi sui consumatori.

Italia ultima in Europa per numero di figli

A rischio il ricambio generazionale.
E lo Stato cosa fa per aiutare?

In continuo calo la natalità in Italia, tanto da collocarci all’ultimo posto in Europa.

A lanciare l’allarma, come riporta “Notizie.it”, è Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, che ospite di “Buongiorno” a “Sky TG24” ha dichiarato quanto di seguito:

Riguardo il tema della natalità è evidente che stiamo vivendo un momento critico: nel 2020 abbiamo avuto 405mila nati, nel 2021 il bilancio finale sta per uscire, saremo certamente al di sotto ancora di questo valore. Un Paese con 60 milioni di abitanti non può avere meno di 400mila nati, perché vuol dire veramente non avviare il processo di ricambio generazionale.

Dallo Stato, però, gli aiuti per per contrastare questo problema sono pochi o nulli, con la disoccupazione elevata ed i giovani costretti a rimanere in casa dei genitori senza la possibilità di farsi una famiglia, senza considerare i forti aumenti inerenti a tasse ed imposte (approfondimento al link), a fronte di un PIL che cresce tra gli ultimi in Europa e dei salari che sono addirittura decresciuti diminuendo il potere d’acquisto (immagini sotto).

La Polonia, per esempio, ha attuato delle politiche per incentivare sia le nascite (500 zloty al mese per ogni figlio, che facendo n paragone sarebbe circa come ricevere 250 euro in Italia, fino al compimento dei 18 anni) che la permanenza dei giovani senza che siano costretti ad andare all’estero (esentasse per le aziende fino ai 26 anni – approfondimento al link).

Italia: occupazione sotto media Ue anche per laureati

Circa 5% in meno.
Divario soprattutto nei giovani.

La soglia occupazionale italiana è sotto la media Ue.

A riportarlo il dato è l’Istat nel suo report “Ritorni occupazionali dell’istruzione anno 2020”, indicando più recisamente che tra i diplomati la media occupazionale Ue è pari al 75,7% mentre in Italia si ferma al 70,5%.

Non va meglio ai laureati, che nella media Ue hanno una soglia occupazionale dell’85,5% ed in Italia solo dell’80,8%.

Il report evidenzia inoltre come la differenza nella soglia occupazionale si accentui tra le giovani generazioni, indipendentemente dal livello di istruzione, e diventi addirittura massima per chi è appena uscito dal percorso formativo.