Trump minaccia l’Oms ed accusa la Cina

Il presidente Usa si è scagliato contro l’Oms criticandone l’operatore. Poi le accuse sono volate verso la Cina per la gestione del Covid19.

È un fiume in piena, Donald Trump.

Il presidente degli Usa, dopo aver già dichiarato di avere le prove secondo le quali il coronavirus è stato creato in laboratorio, concetto poi ribadito dal Segretario di Stato Mike Pompeo, ora si scaglia contro l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) accusandola di essere troppo dipendente dalla Cina.

Più precisamente, stando a quanto riporta “Reuters”, Trump avrebbe giudicato l’operato dell’Oms come “un’allarmante mancanza di indipendenza” (sottintendendo dalla Cina).

A questo ha fatto seguito la minaccia del presidente a stelle e strisce di interrompere i finanziamenti all’organizzazione, se questa non si impegnerà ad apportare miglioramenti entro un mese.

Lo stesso Trump, poi, non le ha mandate a dire nemmeno nei confronti della Cina, incolpandola di una cattiva gestione in merito all’emergenza di coronavirus

A queste accuse ha risposto il portavoce del ministero degli Esteri cinesi Zhao Lijian, sostenendo che Washington sta cercando di infangare la reputazione della Cina, ma che commette un errore provando ad incolparla per sfuggire alle proprie responsabilità.

La Cina, ad ogni modo, sta cercando di mantenere pacifici i rapporti anche dal punto di vista commerciale: da oggi altri 79 prodotti americani verranno esonerati dai dazi (approfondimento al link).

Si tratta di tessuti e prodotti chimici, anche se il sito del ministero delle Finanze cinese non precisa però quanto pesino questi prodotti nell’economia di Pechino.

Coronavirus, Mancuso: indipendentemente dall’origine, servono strutture sovranazionali interconnesse

Si è data priorità al bene comune rispetto al bene particolare.
La sfida è riuscire a costruire un’architettura cooperativa a livello internazionale per affrontare i problemi.

Il coronavirus ha forse causato la pandemia più grande che conosciamo, almeno nella storia recente, perché non vi è continente che non ne sia rimasto toccato; un virus che ha interessato il mondo intero e che ci ha visti alle prese con qualcosa che non conoscevamo, almeno fino in fondo.

Una situazione che ci vede ancora pieni di dubbi e di domande, completamenti contrastati tra le diverse tesi, teorie ed interpretazioni.

Ne abbiamo parlato con il filosofo e teologo Vito Mancuso, già professore presso l’Università degli Studi di Padova e l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, oltre che già collaboratore de “La Repubblica”.

Prof. Mancuso, l’epidemia di Covid19, con il lockdown, ha bloccato anche le attività religiose, dalle messe ai funerali passando per il sacramento dell’estrema unzione. Come valuta il comportamento adottato da Papa Francesco durante questo particolare momento storico?

Sa, sono in molti a ritenere che la civiltà umana sia nata quando abbiamo iniziato a prenderci cura dei defunti tramite il funerale e la sepoltura, atti non biologici ma culturali, che hanno segnato il passaggio dalla natura alla cultura. Il cattolicesimo conosce inoltre il Sacramento dell’unzione dei malati, un rito fondamentale per le esigenze spirituali e religiose di molti credenti. E nella popolare preghiera dell’Ave Maria si ricorda “l’ora della nostra morte”.

Con il blocco di tutte le attività, anche queste funzioni sono venute a mancare ed è normale che questo crei un senso di vuoto, che può essere letto anche come un diritto che non è stato riconosciuto. Tuttavia ritengo che Papa Francesco abbia preferito il bene comune rispetto al bene particolare, ovvero abbia privilegiato la tutela di tutti rispetto alla necessità di alcuni nel celebrare questi Sacramenti.”

Secondo lei, come hanno reagito i credenti?

“Abbiamo assistito a reazioni diverse. Sia dentro che fuori dalla Chiesa.

All’interno del clero troviamo chi ha approvato la scelta del Papa, ma anche chi l’ha criticata dicendo che la Chiesa doveva perseverare nei propri doveri, come se il dovere della Chiesa consistesse unicamente nell’amministrazione dei sacramenti.

Dal lato dei credenti è sostanzialmente lo stesso: troviamo chi è favorevole alla linea adottata dal Papa, ovvero come dicevamo di privilegiare il bene comune rispetto al bene particolare, mentre c’è chi si è sentito privato di alcuni diritti religiosi e spirituali come appunto il funerale e/o il Sacramento dell’estrema unzione.

Infine c’è anche chi si è fatto prendere da un senso di crociata, atteggiamento tipico dell’uomo quando ricerca un unico colpevole nel mezzo di una situazione complicata.”

Dal suo punto di vista, cosa ci ha insegnato il coronavirus?

“Direi che per rispondere alla Sua domanda in senso compiuto, innanzitutto dovremmo distinguere quattro possibili scenari, legati alla diversa natura di origine del virus.

Il primo vede come origine del virus una causa naturale; da sempre conviviamo e combattiamo con batteri e virus, quindi anche in questo caso dobbiamo cercare di fare tutto il possibile per contrastare il virus e sperare che non causi troppi danni mentre cerchiamo di sconfiggerlo.”

Il secondo scenario, invece?

“il secondo scenario riguarda l’origine economico-politica, ovvero la costruzione del virus in un laboratorio ed il suo conseguente utilizzo per fini, appunto, economici e geopolitici.

È uno scenario che rimanda a una visione complottista, fatto proprio anche da personaggi importanti come il presidente degli Usa Donald Trump ed il Segretario di Stato Mike Pompeo che hanno più volte accusato la Cina di aver creato e diffuso il virus.

Di sicuro, non è da escludere che i servizi segreti in questa situazione non se ne siano stati e non stiano oggi completamente con le mani in mano.

Il terzo?

“Altro scenario possibile è quello della volontà divina, ovvero un castigo che Dio ha voluto mandarci per farci capire che stiamo sbagliando in qualcosa o forse in più di qualcosa.

Sinceramente, però, mi sentirei di escludere un tale scenario in quanto non credo che un Dio, se volesse punirci per qualcosa di sbagliato, si accanirebbe in questo modo colpendo le persone senza distinzione.”

Il quarto ed ultimo scenario?

“Infine c’è l’origine ecologica, quella cioè inerente al fatto che il pianeta si stia ribellando a come lo stiamo trattando.

Questa ipotesi, se la sommiamo a tutti i recenti e sempre più frequenti episodi di calamità naturali, dal mio punto di vista ha delle fondamenta.

È innegabile che stiamo sfruttando, usando e trattando la Terra in modo assolutamente non appropriato e rispettoso, insostenibile da un punto di vista ecologico.”

Secondo lei, c’è qualcosa che si potrebbe fare per evitare di ritrovarci in futuro in altre situazioni simili?

“Guardi, credo che, indipendentemente dall’origine del virus, quello che possiamo imparare da questa situazione è che ci servono strutture più coese e cooperative, che superino i confini geografici ed ideologici al fine di lavorare assieme nel coordinare i comportamenti e le azioni.

La sfida sarà riuscire a creare un’architettura organizzativa sovranazionale che collabori per il bene comune, dove ognuno fa e rispetta la propria parte: solo così potremo prevenire o almeno affrontare problemi di questo genere e portata.”

Francia e Germania: Recovery fund da 500 miliardi

Accordo sull’asse franco-tedesco per attivare uno strumento anti-crisi a livello europeo.
Ancora una volta, però, le regole le fanno loro mettendo bene in chiaro chi comanda in Europa.

Un Recovery fund da 500 miliardi di euro.

Questo è l’accordo trovato da Francia e Germania al fine di trovare strumenti in grado di dare un aiuto contro la crisi da Covid19, ovvero “la più grave crisi della storia dell’ue”, come l’ha definita Angela Merkel.

Proprio la cancelliera tedesca ha concordato con Emmanuel Macron di arricchire il bilancio europeo pluriennale con i sopracitati 500 miliardi di euro.

Gli aiuti verranno dati ai Paesi più in crisi sotto forma di trasferimenti, non di prestiti, e la loro raccolta verrà effettuata dalla Commissione Ue sul mercato tramite dei bond.

I medesimi trasferimenti, come precisato dal premier francese, non verranno direttamente restituiti dagli Stati che li riceveranno, ma dai Paesi membri nel complesso. Gli ha fatto eco la Merkel, tenendo a sottolineare che la Germania si farà carico della parte più sostanziosa del contributo (27%).

L’importo del fondo è stato ridotto rispetto alle richieste iniziali di Paesi come l’Italia, che pare riceverà circa 100 miliardi, ma la cosa era necessaria per ottenere il nullaosta da parte dei Paesi più ostili a manovre di questo genere come Olanda ed Austria. Ancora una volta, anche se la proposta dovrà essere accettata all’unanimità in Parlamento europeo per poi essere ratificata dai vari Parlamenti nazionali, è tuttavia palese chi comandi in Europa, decidendo tempistiche, portata e modalità di ogni manovra.

Cina: altri 79 prodotti Usa esonerati dai dazi

Dopo le apparecchiature mediche a febbraio, ecco una nuova lista contenente tessuti e prodotti chimici.
Pechino prova a mostrare le sue buone intenzioni verso l’accordo commerciale con Washington, ma i numeri in gioco restano un po’ oscuri

Altro aggiornamento inerente alla guerra commerciale tra Cina ed Usa: il governo cinese ha deciso di togliere dalla lista dei dazi più elevati altri 79 prodotti provenienti dagli Stati Uniti.

Tra questi prodotti, che vedranno riduzioni di tassazione a partire dal 19 maggio e per la durata di un anno, figurano articoli chimici e tessuti.

Questo è quanto emerge dal sito del ministero delle Finanze cinese, che però non precisa quanto pesino questi prodotti nell’economia di Pechino.

Di conseguenza, non sarà facile capire quale sia l’impatto preciso per l’import cinese, ma sarà tuttavia possibile tenerli monitorati tracciandone l’andamento rispetto al passato.

L’altra strada per valutare il peso della lista messa in campo dai cinesi, è quella di vedere quanti dei prodotti presi in considerazione venivano venduti dagli americani alla Cina.

L’accordo, comunque, sembra lasciar intendere la volontà della Cina a mantenere fede all’accordo commerciale stipulato ad inizio anno con Washington; questa lista di prodotti a cui verranno ribassati i dazi fa infatti seguito alle due già pubblicate a febbraio e che comprendevano attrezzature mediche delle quali Pechino necessitava al fine di affrontare l’emergenza derivante dal coronavirus.

Ue, Reynders chiede un uso appropriato delle app per il coronavirus

No all’utilizzo ai fini del controllo di massa.
Disattivazione automatica dopo la pandemia.

Circola un po’ di timore tra i parlamentari europei, in riferimento all’utilizzo delle app per tracciare i contagi da coronavirus.

Si teme, infatti, un utilizzo improprio delle stesse app, con il fine di monitorare i dati delle masse da parte degli Stati e delle Istituzioni in generale.

Il loro utilizzo ha indubbiamente subìto un forte incremento visto il tentativo di usare la tecnologia “smart tracing” per limitare il contagio da Covid19 e, trattando dati sensibili, sono scattate diverse preoccupazioni a livello di privacy dei cittadini.

A rassicurare gli utilizzatori, sono arrivate le dichiarazioni del commissario europeo per la Giustizia Didier Reynders, durante una seduta plenaria:

Le app non possono essere utilizzate per sorveglianza di massa; le persone manterranno il controllo dei propri dati. Le app dovrebbero essere utilizzate solo durante la crisi ed essere disattivate al più tardi al termine della pandemia.”

Reynders ha poi aggiunto che la disattivazione deve avvenire anche se gli utenti dovessero dimenticare di disinstallare le applicazioni.