Inquinamento: metà di quello mondiale è prodotto da sole 36 aziende

Ecco quali sono aziende che inquinano anche più degli Stati.
Carbone, petrolio, gas e cemento le fonti principali.

Metà delle emissioni di CO2 mondiali viene prodotta da appena 36 multinazionali delle fonti fossili.

A rivelarlo è l’ultima edizione del Carbon Majors report, ripreso da Il Sole 24 Ore, che prende in esame i dati del 2023 relativi a 169 grandi aziende attive nei settori del petrolio, gas e carbone, ma anche della produzione di cemento.

Secondo l’ultima edizione del report, nel 2023 appena 36 colossi dei combustibili fossili (tra i quali Saudi Aramco, Coal India, ExxonMobil e Shell) hanno prodotto oltre 20 miliardi di tonnellate di CO2.

Il carbone è stata la fonte del 41% delle emissioni, con il petrolio a quota 32%, il gas al 23% ed il cemento al 4%.

Secondo il report, se Saudi Aramco fosse uno Stato sarebbe il quarto più grande inquinatore al mondo dopo Cina, Stati Uniti ed India, mentre ExxonMobil produce emissioni pari a quelle della Germania, Paese al nono posto nella classifica delle emissioni.

Germania, governo elimina 45 mld dal fondo per clima e taglia sussidi per auto elettriche

12 miliardi in meno nel 2024, 45 entro il 2027.
Introdotte nuove tasse ed aumentate alcune delle esistenti.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e i due vicecancellieri del governo, Christian Lindner (ministro delle Finanze) e Robert Habeck (ministro degli Affari economici) hanno presentato oggi la nuova legge di bilancio bilancio 2024, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di un mese fa secondo cui la riallocazione di 60 miliardi di debito inutilizzato dall’era Covid al Fondo per il clima non era in linea con la Costituzione (approfondimento al link).

L’esecutivo tedesco, secondo quanto sintetizzato dalla banca Ing in un’analisi, ha deciso quanto di seguito:

Ridurre i sussidi dannosi per il clima, di interrompere prima del previsto i sussidi per i veicoli elettrici e l’industria dei pannelli solari, di diminuire alcune spese dei singoli ministeri e di cercare di rendere più efficienti le spese sociali. Ci sarà anche un aumento del prezzo delle emissioni di CO2 e l’introduzione di una nuova tassa sugli imballaggi di plastica”.

Infine, il Fondo per il clima e la transizione sarà ridotto di un totale di 45 miliardi di euro per il periodo dal 2024 al 2027.

Il cancelliere Scholz, stando a quanto riporta Il Messaggero, ha affermato in conferenza che l’accordo significa che la Germania si atterra al suo obiettivo chiave di realizzare una trasformazione climaticamente neutrale dell’economia, ma ha aggiunto che “dovremo utilizzare molto meno denaro per raggiungere i nostri obiettivi”.

Il leader dell’Spd ha aggiunto che i partiti della coalizione hanno concordato le priorità nel bilancio, nonchè i tagli alla spesa e l’aumento delle entrate per rispettare le regole di bilancio, aggiungendo che ciò è stato “spiacevole ma necessario”.

Il principale strumento finanziario del Paese per i progetti di azione climatica, il Fondo per il clima e la trasformazione (CTF), sarà dotato di circa 12 miliardi di euro in meno nel 2024 e di 45 miliardi di euro in meno fino al 2027, ha affermato la cancelleria.

Tuttavia, ha affermato che il fondo avrà ancora “un volume totale molto elevato” di 160 miliardi di euro, il che significa che saranno coperti progetti di trasformazione centrali.

Il paradosso del clima: causato dai ricchi, pagato dai poveri

L’1% dei ricchi inquina quanto il 66% delle popolazione.
Di 125 miliardari, solo 1 investe in energie rinnovabili.

Secondo il rapporto appena reso noto da Oxfam (“Uguaglianza climatica: un pianeta per il 99%”) nel 2019 l’1% dei super ricchi è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di carbonio, cioè ha inquinato quanto il 66% più povero dell’umanità.

Mentre più del 91% delle morti collegate ai disastri climatici negli ultimi 50 anni è avvenuto nei Paesi in via di sviluppo.

Come riporta l’HuffPost Italy, per convincersi che l’inquinamento colpisce più i poveri dei ricchi non ci voleva un rapporto, chi ha abbastanza soldi può scegliere di vivere in case termicamente isolate e immerse nel verde, mentre un numero sempre maggiore di persone (anche in Italia) è spinto in condizioni di povertà energetica e non ha i mezzi per far fronte ai fenomeni climatici estremi. Ma questo rapporto offre numeri che mostrano le conseguenze dell’allargamento progressivo della forbice della ricchezza.

Nel mondo circa 700 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità e per cucinare 2,3 miliardi di persone usano sistemi che minacciano la loro salute per l’alto inquinamento.

Il nodo che il rapporto di Ofxam mette in evidenza non riguarda tanto gli stili di vita dei super ricchi quanto i loro investimenti.

Al 16% delle emissioni totali non si arriva solo mangiando caviale e viaggiando in aerei privati. La chiave della moltiplicazione dei capitali e della moltiplicazione dell’inquinamento è la stessa: sta nelle scelte di sviluppo.

Il 70% del carbonio emesso dal 1998 proviene da 100 produttori di petrolio, di carbone e di gas.

Le responsabilità dell’1% più ricco dell’umanità sono su tre livelli, afferma il rapporto.

Il primo è quello della loro vita quotidiana, con un iperconsumo che arriva agli yacht e ai jet privati.

Il secondo sono gli investimenti e le partecipazioni nelle industrie più inquinanti.

Il terzo è l’influenza che esercitano sui media e sulla politica.

Si stima”, scrive Oxfam, “che i membri del Congresso americano abbiamo 93 milioni di dollari di azioni di industrie delle energie fossili”.

Oxfam ha analizzato le attività di 125 miliardari e ha scoperto che, in media, i loro investimenti producono 3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente per anno: un milione di volte più delle emissioni prodotte da una persona che non fa parte del club del 10% dei più ricchi.

Dei 125 miliardari solo uno ha investito in un’azienda di energia rinnovabile.

Il rapporto propone di uscire da questa situazione correggendo la direzione del flusso dei finanziamenti.

Una tassa sui miliardari e sulle attività più inquinanti permetterebbe di finanziare la svolta verso un’economia più equa e green.

Tenendo conto del fatto che 722 delle maggior imprese del mondo hanno ricavato 1.000 miliardi di dollari di super profitti all’anno negli ultimi due anni.

Polonia-Ue: scontro sul clima

Dopo migrnati e giustizia, altro braccio di ferro.
Moskwa: “base giuridica sbagliata e viola competenze Stati membri”.

Nuovo braccio di ferro tra la Polonia e l’Unione europea.

Dopo la questione migranti, che Varsavia vorrebbe risolvere fermando i flussi irregolari e opponendosi ad obblighi di solidarietà e ricollocamenti, ecco il tema green.

Il governo polacco ha presentato ricorso alla Corte di giustizia dell’Ue (Cgue) contro uno dei provvedimenti in cui si articola il Green Deal europeo.

Nello specifico, il provvedimento impugnato, approvato a marzo, è il regolamento sull’uso del suolo e la silvicoltura (Lulucf).

In un tweet, la ministra polacca per il Clima Anna Moskwa. ha scritto:

La lotta per gli interessi polacchi nell’Ue continua! In linea con le nostre precedenti dichiarazioni, oggi noi come Polonia abbiamo presentato il nostro primo ricorso alla Cgue in merito a una delle misure del pacchetto Fit for 55“.

La stessa Moskwa ha spiegato che la Polonia intende sottolineare la base giuridica sbagliata sopra la quale è stato adottato il suddetto regolamento Lulucf:

Nel nostro ricorso sottolineiamo che il regolamento Lulucf è stato adottato su una base giuridica sbagliata, violando inoltre le competenze degli Stati membri, interferendo nel modo in cui viene effettuata la gestione delle foreste, nonostante l’assenza di competenza dell’Ue in questo settore“.

Nelle scorse settimane, come riporta Il giornale, Varsavia aveva a più riprese espresso l’intenzione di voler fare ricorso contro alcuni provvedimenti inclusi nel Fit for 55, il pacchetto climatico dell’Ue, le cui proposte legislative puntano a raggiungere entro il 2030 gli obiettivi del Green Deal, ossia la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Il regolamento Lulucf, parte delle iniziative del pacchetto climatico, disciplina le attività connesse all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura e mira a conseguire assorbimenti netti di gas serra per almeno 310 milioni di tonnellate di Co2 entro il 2030 nell’Ue.

Il pacchetto Fit for 55, come si legge sul sito dell’Ue, è un insieme di proposte volte a rivedere e aggiornare le normative dell’Ue e ad attuare nuove iniziative al fine di garantire che le politiche dell’UE siano in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo.

Le proposte, come indica lo stesso sito, mirano a fornire un quadro coerente ed equilibrato per il raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Ue, in grado di: garantire una transizione giusta e socialmente equa; mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’industria dell’UE assicurando nel contempo parità di condizioni rispetto agli operatori economici dei Paesi terzi; e sostenere la posizione leader dell‘UE nella lotta globale contro i cambiamenti climatici.

Intanto, il Parlamento europeo ha approvato in in via definitiva le norme che fissano nuovi obiettivi di risparmio energetico per il 2030, nell’ambito del Green Deal.

La nuova legge, già concordata dai negoziatori di Parlamento e Consiglio, prevede che i Paesi membri garantiscano una riduzione del consumo energetico di almeno l’11,7 % entro il 2030.

Di contro, per gli obbiettivi verdi, l’Ue ha dichiarato che serviranno oltre 700 miliardi l’anno (approfondimento al link).

Spagna e Francia: stop ai veicoli a benzina

La data limite è il 2035.
L’annuncio durante il COP27 in Egitto.

Francia e Spagna si sono impegnate a fermare le vendite di veicoli a benzina entro il 2035, nell’ambito degli sforzi per accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

L’annuncio è arrivato in occasione dei colloqui sul clima della COP27, in Egitto.

Parigi e Madrid fanno parte di un gruppo di nuovi firmatari della Dichiarazione sui veicoli a emissioni zero, lanciata alla conferenza di Glasgow dello scorso anno.

I firmatari si impegnano a passare al 100% delle vendite di veicoli a zero emissioni entro il 2035 nei mercati principali ed entro il 2040 in tutto il mondo.