Russia: al momento non ci possiamo fidare dell’Italia

L’ambasciatore russo a Roma: dopo il covid l’élite italiana è entrata in due nuovi virus: la russofobia e l’ucrainofilia.

Al momento non ci possiamo fidare dei nostri interlocutori italiani“.

Lo dice in una lunga intervista al quotidiano Izvestia l’ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov, che denuncia come nell'”élite italiana, dopo il Covid, siano entrati due nuovi virus: la russofobia e l’ucrainofilia“.

Secondo Paramanov, come riporta Adnkronos, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina tre anni fa, “non ci sono stati cambiamenti significativi nell’establishment italiano e vediamo per lo più gli stessi volti. Ma c’è una piccola sfumatura: due nuovi virus sono entrati nell’élite italiana per sostituire l’epidemia di Covid: la russofobia e l’ucrainofilia, che, grazie alla loro sinergia, assumono forme particolarmente aggressive e portano a conseguenze molto deprimenti sia in termini di processi politici interni che di posizionamento sulla scena internazionale“.

Di conseguenza, sostiene l’ambasciatore, “anche i nostri interlocutori immuni da questo flagello preferiscono isolarsi nelle condizioni attuali per non essere contagiati, salvaguardare le loro convinzioni e preservare il buon senso“.

In generale, dice Paramonov – che la scorsa settimana era stato convocato alla Farnesina, per protestare contro l’inserimento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un elenco di presunti ‘russofobi‘ da parte del ministero degli Esteri di Mosca (approfondimento al link) – “la leadership italiana rimane ermeticamente chiusa ai contatti ufficiali con la parte russa a tutti i livelli. A volte sembra che in un certo senso applichi l’approccio del capo del regime di Kiev Zelensky, che ha imposto un autodivieto di condurre qualsiasi negoziato con la Russia“.

Nell’intervista al quotidiano russo, l’ambasciatore parla poi anche della questione della fornitura di armi italiane a Kiev, tema su cui “la leadership è abbastanza sensibile. Roma ha completamente classificato tutto ciò che riguarda la fornitura di armi all’Ucraina. Non ci sono praticamente materiali affidabili nello spazio pubblico su ciò che, di fatto, costituisce l’assistenza militare italiana all’Ucraina – afferma ParamonovTuttavia, è noto che il volume totale è di circa 3-4 miliardi di euro. Queste forniture rappresentano un volume piuttosto consistente di armi pericolose, comprese quelle pesanti. Quasi ogni due o tre mesi, la leadership italiana approva un altro lotto di armi e attrezzature militari da fornire all’Ucraina. E ora, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe già in preparazione il dodicesimo pacchetto di tale ‘assistenza’“.

D’altra parte, prosegue l’ambasciatore, “sentiamo costantemente dichiarazioni rassicuranti da parte delle autorità secondo cui l’Italia non è in guerra con la Russia, non invierà le sue truppe sul territorio ucraino, nella zona di conflitto, e non permette alle autorità ucraine di utilizzare le armi fornite per colpire in profondità la Federazione russa. Questa è la differenza che cercano di presentare come circostanza attenuante riguardo al modo in cui Roma partecipa ufficialmente al conflitto dalla parte dell’Ucraina. Ma penso – conclude – che, nonostante tutta questa presunta moderazione della posizione italiana rispetto ad altri Paesi, ad esempio i membri della cosiddetta coalizione dei volenterosi, in realtà non ci si dovrebbe fidare molto, perché molto spesso nel corso degli anni i Paesi dell’Occidente collettivo, compresa l’Italia, hanno cercato di presentare la loro posizione e le loro azioni nella luce migliore possibile e in una luce più amichevole di quanto non fosse in realtà. Al momento, non ci possiamo fidare in alcun modo dei nostri interlocutori ufficiali italiani“.

La Farnesina contro Pyongyang

“Ennesima violazione delle risoluzioni Onu”.
Condanna italiana al lancio del missile balistico.

La Farnesina critica la Corea del Nord tramite una nota ufficiale.

Come riporta Ansa, la nota cita quanto di seguito:

L’Italia condanna con la massima fermezza il lancio da parte della Corea del Nord di un missile balistico a lungo raggio avvenuto il 13 aprile scorso. Questo nuovo lancio missilistico costituisce un’ulteriore, palese violazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, oltre a minare il regime globale di non proliferazione“.

Imbarazzo europeo per la candidatura di Di Maio

Livello linguistico definito da “debuttante” e “scarsa conoscenza della situazione”.
No del governo italiano alla sua nomina da inviato nel golfo Persico.

Anche a Bruxelles iniziano a serpeggiare dubbi e perplessità sulla possibile nomina di Luigi Di Maio come inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico. Si tratta, infatti, di una opzione sul tavolo che però non è stata ancora ufficializzata.

Sono bastate comunque delle semplici voci per far storcere il naso a qualche esponente dell’Ue tanto che, stando a quanto appreso e riportato da Le Monde, l’ipotesi sta sollevando una serie di “dubbi” a Bruxelles. L’incarico all’ex ministro degli Esteri ora è da considerare in bilico?

Il quotidiano tiene a sottolineare che una decisione formale non è stata ancora adottata e che ci sono diverse titubanze sulle questioni che l’ex grillino sarebbe chiamato ad affrontare in prima persona.

Infatti un diplomatico citato in forma anonima ha fatto notare che “le sue competenze, soprattutto la sua conoscenza da debuttante dell’inglese e la sua scarsa esperienza nel Golfo, rendono curiosa questa scelta“.

Dal Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) vogliono rimarcare che “non è stata presa alcuna decisione“, motivo per cui ogni indiscrezione viene bollata come “pura speculazione“.

Nella divisione Medio Oriente l’atmosfera si sarebbe “resa tesa” in merito all’argomento: “Sembra che Di Maio abbia fatto un colloquio molto buono“, fa sapere una fonte.

L’opzione Di Maioha creato una grande sorpresa” ma, afferma un ex dirigente italiano del settore energetico, “non cambierà molto” perché “gli Stati produttori continueranno a trattare con le compagnie nazionali“.

Sulla vicenda si è subito palesata la contrarietà del governo italiano; nello specifico Forza Italia e Lega si sono mostrati molto ostili alla possibile nomina di Luigi Di Maio.

La selezione per l’incarico di inviato speciale Ue nel Golfo Persico è ormai giunta alle fasi finali della discussione e non rimane molto tempo, ma il centrodestra vuole mettere le cose in chiaro e fare chiarezza sull’ipotetico ruolo dell’ex titolare della Farnesina.

Per Antonio Tajani, ministro degli Esteri, l’indicazione di Di Maio sarebbe avvenuta a opera del governo guidato da Mario Draghi: “Non è la proposta di questo governo, ma di quello precedente“.

Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, ritiene che l’attuale esecutivo di Giorgia Meloni non possa sostenere la sua candidatura e ha evocato anche profili di carattere giuridico che andrebbero esaminati:

Non ci sarebbe soltanto un gigantesco conflitto di interesse a carico di Di Maio, ma anche un evidente coinvolgimento di organismi comunitari in discutibili condotte che non possono servire per la ricollocazione di un disoccupato della politica“.

Si è accodato alle polemiche anche il leghista Matteo Salvini: il ministro delle Infrastrutture ha dichiarato che se Di Maio andrà a rappresentare l’Italia nel mondo non sarà “a nome mio, vostro o di questo governo“.

Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, ha chiesto a Bruxelles di ascoltare “le nostre indicazioni” visto che adesso c’è un governo differente da quello passato.