Bielorussia: stop alle esportazioni di greggio verso la Germania

Stop alle esportazioni di greggio da parte della Bielorussia verso la Germania. Coinvolta anche l’italiana Eni.

Stop delle esportazioni di greggio verso la Germania per questo mese.

Questa è la recente decisione della compagnia petrolifera nazionale bielorussa, la Belorusneft; il motivo sarebbe la necessità da parte della Bielorussia di compensare le carenze di petrolio proveniente dalla Russia, inerente ad una disputa con Mosca.

Stando a quanto riferito Reuters da ben quattro fonti del settore, la Russia avrebbe interrotto le fornitore petrolifere verso Minsk dal primo gennaio sulla base di una controversia contrattuale. Tuttavia pare che due società russe, per la precisione la Russneft e la Neftisa, abbiano ripristinato le forniture il 4 gennaio.

Il fatto che la Bielorussia abbia dovuto bloccare le esportazioni verso la Germania è indice della difficile situazione negoziale, che in realtà caratterizza il transito di petrolio e gas tra Mosca e Minsk da circa una decina d’anni.

Le forniture della società Belorusneft, che fornisce oltre 100.000 tonnellate al mese di greggio a PCK Raffinerie GmbH nel nord-est della Germania, sono separate dal transito petrolifero russo verso l’Europa tramite l’oleodotto Druzhba, parte del quale arriva attraverso la Bielorussia e che finora non è stata interessata.

La proprietà della raffineria è così composta: Rosneft ne detiene il 54,17%, Royal Dutch Shell il 37,5% ed Eni l’8,33%.

Per il momento né BelorusneftRosneft hanno voluto rilasciare commenti in merito ed anche Vica Fajnor, portavoce di PCK, preferisce non rispondere alle telefonate di Reuters.

Isole, animali e molto altro: ecco le spese più bizzarre degli sportivi

Hobby, animali, ville e sfizi: ecco le spese più bizzarre dei campioni dello sport.

Quando i campioni dello sport si danno allo shopping, riescono a farlo in modo decisamente bizzarro.

Hobby, passioni o semplici sfizi; nella lista degli acquisti finiscono intere isole, animali, cibi ed oggetti particolarmente curiosi.

Partiamo con Zlatan Ibrahimovic, il calciatore appena tornato al Milan appare ancora in splendida forma nonostante i suoi 38 anni e si è comprato un’isola privata per dedicarsi alla sua passione della caccia; stiamo parlando dell’isola di Daverso nel lago Maralen, vicino a Stoccolma, che gli è costata 2,5 milioni di euro.

Passiamo poi a Novak Djokovic. Il tennista serbo ha acquistato tutta la produzione annuale del formaggio più costoso al mondo, al fine di rifornire i suoi ristoranti. Stiamo parlando del formaggio Pule, derivato dal latte d’asina e prodotto proprio in Serbia nella riserva naturale dei Zasavica, per un costo di 4.500 euro al chilo.

È poi il turno di un altro calciatore: il brasiliano Neymar, grande appassionato di Batman, si è comprato un elicottero Airbus H-145 facendolo decorare con lo stile del suo supereroe preferito.

Prosegue la lista l’ennesimo calciatore. Sta volta è il turno di Arturo Vidal; il centrocampista cileno è un grande appassionato di cavalli ed in Cile ha acquistato un’intera scuderia. Solo un esemplare, gli è costato 500.000 euro.

Procediamo con un giocatore di baseball. Stiamo parlando del cubano Yoenis Cespedes che milita nei New york Mets e si è comprato un maiale ad una fiera in Florida per una cifra pari a 7.000 dollari americani. Il problema principale del suo acquisto riguarda però la legge vigente in Florida: Cespedes non sapeva infatti che, lì, un maiale acquistato all’asta dev’essere macellato.

Torniamo ai calciatori e vediamo che la stella argentina Lionel Messi, dichiarato patrimonio storico-sportivo dell’umanità nel luglio del 2011, lamentava il rumore dei vicini di casa dove risiede nella sua villa a Barcellona; ha così deciso di comprare la casa dei vicini.

Thierry Henry, invece, ha una grande passione per gli acquari. Per questo motivo l’ex calciatore francese ne ha realizzato uno al centro dei tre piani della sua villa.

L’opera gli è costata circa 15 milioni di euro e si sostanzia in una vasca di 12 metri contenete 21.000 litri d’acqua, dove Henry ha inserito oltre 300 specie di pesci.

Non si fermano le pazzie dei calciatori, che con Djibril Cissè, ex attaccante della Lazio, che si è comprato un palazzo reale nel Cheshire nel Nord-Ovest dell’Inghilterra, per 3 milioni di euro. Lo scopo? Diventare nobile!

Non è uno scherzo: Cissè si è infatti auto-riconosciuto il titolo di Lord of the Manor.

Chiude la lista ancora un calciatore, l’ex centrocampista inglese David Beckham, il quale ha comprato la villa che era di Gianni Versace a Miami beach per la bellezza di 43 milioni di euro. Per aggiudicarsi la dimora, Beckham ha vinto la concorrenza con molti miliardari, tra cui Cristiano Ronaldo.

FCA Bank sbarca in Polonia e si porta Leasys

Dopo Irlanda e Belgio, FCA Bank apre anche in Polonia e porta con sé Leasys.

Sbarca anche in Polonia, precisamente a Varsavia, FCA Bank.

Operativa dal primo gennaio 2020, dopo le filiali in Belgio (2018) ed Irlanda (2017), la nuova sede polacca contribuisce alla strategia di accrescimento della competitività internazionale sulla quale la società sta spingendo.

La nuova filiale sarà chiamata a gestire le attività di credito nelle diverse forme, a supporto delle vendite e delle operazioni di marketing del gruppo FCA e degli altri partner automobilistici.

A conferma dell’importanza che FCA dà al territorio polacco, in forte crescita economica da circa un decennio tanto da essere stata recentemente promossa nella fascia dei Paesi sviluppati, la società ha fatto approdare in Polonia anche la controllata Leasys.

Bilancia commerciale: Ue in surplus con sé stessa

Dal rapporto Eurostat esce una curiosa stranezza: l’Unione europea sarebbe in surplus commerciale con sé stessa.

Emerge un dato anomalo, dalla bilancia commerciale europea.

Dai dati Eurostat, infatti, l’Unione europea ha dal 1993 un surplus commerciale con sé stessa.

Stando a quanto riporta Bloomberg, questa “anomalia statistica priva di senso” è andata via via crescendo con l’espansione dei Paesi aderenti al blocco ed è arrivata a toccare, lo scorso anno, la quota di ben 307 miliardi di euro.

Il numero in questione è decisamente troppo grande per essere giustificato con errori amministrativi o tematiche quali, ad esempio, insolvenze e bancarotte.

Sul tema sono intervenuti due istituti di ricerca tedeschi come l’Ifo di Monaco e l’IfW di Kiel, quest’ultimo già intervenuto tramite il proprio CEO Gabriel Felbermayr nelle analisi dell’impatto sull’economia tedesca (approfondimento al link) dello sconto tra Usa ed Iran (approfondimento ai link1 e link2).

Secondo entrambi gli istituti, le discrepanze sarebbero dovute all’evasione fiscale, in particolar modo quella legata all’iva. Questo perché le norme comunitarie esentano dall’Iva le importazioni da altri Paesi Ue.

In sintesi, l’opinione dei ricercatori è che numerose aziende registrino come esportazioni operazioni che avvengono in realtà sul mercato interno.

A supporto della loro tesi, menzionano due casi. Il primo riguarda Paesi come Regno Unito, Olanda, Lussemburgo e Cipro, dove il settore finanziario è molto sviluppato è soggetto ad anomalie statistiche; il secondo sarebbe inerente alle bilance commerciali dei Paesi con un’aliquota Iva particolarmente elevata, che spinge quindi le aziende ad operare come sopra descritto in modo tale da pagare meno imposte.

Sempre secondo i due istituti tedeschi, lo scorso anno l’evasione dell’Iva tramite la certificazione di false importazioni avrebbe sottratto ai contribuenti oltre 60 milioni di euro; vale a dire circa la metà dei 137,5 milioni di euro totalmente raccolti dall’Ue tramite l’iva stessa.

I due CEO hanno infine concluso come di seguito:

Un errore di queste proporzioni nella bilancia dei pagamenti non è qualcosa di fronte alla quale l’Ue può semplicemente scrollare le spalle come se fosse un divertente valore anomalia, considerando che l’ammontare degli avanzi commerciali è alla base di dispute internazionali; i surplus di beni e servizi nei confronti di se stessi sono aumentati nel tempo e suggeriscono che il sistema statistico europeo soffra di un’incapacità sistematica di tracciare i dati reali su importazioni ed esportazioni“.

Fuga da Amazon

Dopo le varie accuse e le perdite di clienti come Nike e Birkenstock arriva un’altra tegole per Amazon: anche Ikea abbandona la piattaforma e-commerce.

Jeff Bezos, dopo il divorzio più costoso della storia del mondo e l’essere finito nella top ten dei miliardari che più hanno perso a livello economico-finanziario nel 2019 (approfondimento al link), continua a perdere colpi.

La sua azienda Amazon, infatti, è stata ripetutamente al centro delle critiche per il trattamento del personale ed è stata inserita tra le società che non brillano per trasparenza (insieme ad Apple, Disney ed addirittura l’Isis) nel discorso tenuto da Ricky Gervais ai Golden Globe.

Ora, dopo i clamorosi addii di Nike e Birkenstock, arriva un’altra brutta tegola: ha deciso di smettere di vendere i suoi prodotti tramite la piattaforma e-commerce Amazon anche il colosso Ikea.

La decisione di Ikea è arrivata dopo l’avvio del progetto pilota focalizzato sugli articoli di illuminazione smart, che avrebbe fatto registrare un fallimento a causa della necessità di essere veicolata in maniera decisamente più ampia ed efficace.

Non secondario è il problema di minor attrattività che Amazon sta attraversando; i motivi sarebbero legati alla vendita di prodotti contraffatti ed alla mancanza di adeguati controlli in questo senso.

Il problema sta diventando noto al punto che l’American Apparel & Footwear Association, ancora ad ottobre 2019, aveva contrassegnato alcuni dei siti sui quali Amazon si appoggia.

Al momento Ikea sta usando la piattaforma Alibaba ma, come dichiarato circa un anno fa al Financial Times dal chief executive of Inter Ikea Torbjorn Loof, pare ci sia la volontà di lanciare una propria piattaforma per l’e-commerce.

Il nuovo marketplace includerebbe inoltre la vendita di prodotti di terzi senza limiti di categorie, in modo da diversificare il business ed incrementare i profitti grazie ai proventi derivanti dalle transazioni che avverranno tramite la piattaforma stessa.

Amazon perderà dunque una buona quota di mercato, considerando che Ikea è anche in forte movimento: altro business in via di sviluppo è quello legato all’opzione dei mobili in leasing, per il quale è prevista nel 2020 l’ampliamento in 30 mercati, dopo il lancio avvenuto in Svizzera.

Ma non solo: sono previste le aperture, entrambe a New York, di un negozio di piccola taglia (5.000 mq) nell’Upper East, al fine di offrire ai clienti l’opportunità di sedersi con i consulenti di design e di un nuovo store, entro il 2020 e più precisamente nel quartiere del Queens, per attirare i millennial urbani.