Tag: Cambiamento climatico
Inquinamento: metà di quello mondiale è prodotto da sole 36 aziende
Ecco quali sono aziende che inquinano anche più degli Stati.
Carbone, petrolio, gas e cemento le fonti principali.
Metà delle emissioni di CO2 mondiali viene prodotta da appena 36 multinazionali delle fonti fossili.
A rivelarlo è l’ultima edizione del Carbon Majors report, ripreso da Il Sole 24 Ore, che prende in esame i dati del 2023 relativi a 169 grandi aziende attive nei settori del petrolio, gas e carbone, ma anche della produzione di cemento.
Secondo l’ultima edizione del report, nel 2023 appena 36 colossi dei combustibili fossili (tra i quali Saudi Aramco, Coal India, ExxonMobil e Shell) hanno prodotto oltre 20 miliardi di tonnellate di CO2.
Il carbone è stata la fonte del 41% delle emissioni, con il petrolio a quota 32%, il gas al 23% ed il cemento al 4%.
Secondo il report, se Saudi Aramco fosse uno Stato sarebbe il quarto più grande inquinatore al mondo dopo Cina, Stati Uniti ed India, mentre ExxonMobil produce emissioni pari a quelle della Germania, Paese al nono posto nella classifica delle emissioni.
Brasile, caldo record: percepiti 62,3 gradi
Temperatura registrata a Rio alle 9:55 del mattino.
Le registrazioni sono iniziate solo nel 2014.
Rio de Janeiro ha segnato domenica mattina alle 9:55 locali (le 13:55 italiane) il record di temperatura percepita, schizzata a 62,3 gradi.
Cambiamento climatico? Non è detto, perchè si tratta del livello più alto mai registrato nella metropoli brasiliana ma dal 2014, ovvero da quando sono iniziate le misurazioni. Potrebbero esserci state temperature più elevate in passate, ma che semplicemente non sono state registrate.
Come riporta Tgcom24, la rilevazione è stata eseguita nel quartiere di Guaratiba.
Il Brasile sta attraversando una nuova ondata di caldo soffocante e i meteorologi prevedono che il solleone continuerà almeno fino a mercoledì, giorno in cui inizia l’autunno nell’emisfero australe.
Il paradosso del clima: causato dai ricchi, pagato dai poveri
L’1% dei ricchi inquina quanto il 66% delle popolazione.
Di 125 miliardari, solo 1 investe in energie rinnovabili.
Secondo il rapporto appena reso noto da Oxfam (“Uguaglianza climatica: un pianeta per il 99%”) nel 2019 l’1% dei super ricchi è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di carbonio, cioè ha inquinato quanto il 66% più povero dell’umanità.
Mentre più del 91% delle morti collegate ai disastri climatici negli ultimi 50 anni è avvenuto nei Paesi in via di sviluppo.
Come riporta l’HuffPost Italy, per convincersi che l’inquinamento colpisce più i poveri dei ricchi non ci voleva un rapporto, chi ha abbastanza soldi può scegliere di vivere in case termicamente isolate e immerse nel verde, mentre un numero sempre maggiore di persone (anche in Italia) è spinto in condizioni di povertà energetica e non ha i mezzi per far fronte ai fenomeni climatici estremi. Ma questo rapporto offre numeri che mostrano le conseguenze dell’allargamento progressivo della forbice della ricchezza.
Nel mondo circa 700 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità e per cucinare 2,3 miliardi di persone usano sistemi che minacciano la loro salute per l’alto inquinamento.
Il nodo che il rapporto di Ofxam mette in evidenza non riguarda tanto gli stili di vita dei super ricchi quanto i loro investimenti.
Al 16% delle emissioni totali non si arriva solo mangiando caviale e viaggiando in aerei privati. La chiave della moltiplicazione dei capitali e della moltiplicazione dell’inquinamento è la stessa: sta nelle scelte di sviluppo.
Il 70% del carbonio emesso dal 1998 proviene da 100 produttori di petrolio, di carbone e di gas.
Le responsabilità dell’1% più ricco dell’umanità sono su tre livelli, afferma il rapporto.
Il primo è quello della loro vita quotidiana, con un iperconsumo che arriva agli yacht e ai jet privati.
Il secondo sono gli investimenti e le partecipazioni nelle industrie più inquinanti.
Il terzo è l’influenza che esercitano sui media e sulla politica.
“Si stima”, scrive Oxfam, “che i membri del Congresso americano abbiamo 93 milioni di dollari di azioni di industrie delle energie fossili”.
Oxfam ha analizzato le attività di 125 miliardari e ha scoperto che, in media, i loro investimenti producono 3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente per anno: un milione di volte più delle emissioni prodotte da una persona che non fa parte del club del 10% dei più ricchi.
Dei 125 miliardari solo uno ha investito in un’azienda di energia rinnovabile.
Il rapporto propone di uscire da questa situazione correggendo la direzione del flusso dei finanziamenti.
Una tassa sui miliardari e sulle attività più inquinanti permetterebbe di finanziare la svolta verso un’economia più equa e green.
Tenendo conto del fatto che 722 delle maggior imprese del mondo hanno ricavato 1.000 miliardi di dollari di super profitti all’anno negli ultimi due anni.
Clima: Polonia chiede a Ue annullamento 3 politiche
Leggi non approvate all’unanimità.
Porterebbero peggioramento delle diseguaglianze sociali.
La Polonia ha presentato ricorso per annullare tre delle principali politiche dell’Unione europea in materia di cambiamenti climatici, che secondo il governo polacco porterebbero un peggioramento delle disuguaglianze sociali.
Le azioni legali, presentate da Varsavia alla Corte di giustizia europea nel mese di luglio, riguardano iniziative come la legge approvata quest’anno che vieterà la vendita di nuove auto a emissioni di CO2 nell’Ue a partire dal 2035:
“Il regolamento contestato impone oneri eccessivi legati alla transizione verso una mobilità a zero emissioni ai cittadini europei, in particolare a quelli meno abbienti, e al settore delle imprese automobilistiche europee“.
Una seconda politica dell’Ue che fissa obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni “minaccia la sicurezza energetica della Polonia“, mentre una terza legge, volta a riformare il mercato delle emissioni dell’Ue, potrebbe ridurre i posti di lavoro nelle miniere di carbone ed aumentare le disuguaglianze sociali.
Il governo vuole che tutte e tre le leggi siano annullate.
Ognuna di esse è stata approvata da una maggioranza rafforzata di Stati membri dell’Ue, ma secondo la Polonia avrebbero dovuto essere approvate all’unanimità, dato l’impatto che potrebbero avere sui mix energetici dei Paesi.
Stando a quanto riporta Reuters, la Commissione europea non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.