Smartphone 2024: il mercato premia qualità e durabilità. Apple domina con margini record nella rivendibilità

L’indice WeFix.it ha analizzato oltre 40 nuovi modelli lanciati nel 2024.
L’iPhone 16 Pro mantiene oltre il 70% del valore dopo 12 mesi,
mentre il segmento medio soffre con perdite fino al 60%.

Il mercato degli smartphone nel 2024 ha visto il lancio di oltre 40 nuovi modelli, con una distribuzione che ha premiato i produttori più attivi: Xiaomi in testa con oltre 10 dispositivi, seguita da Samsung con nove nuovi modelli e un terzetto composto da Apple, Google e Honor con quattro device ciascuno. Secondo l’analisi svolta da WeFix.it, attraverso il sistema di monitoraggio WeFix.it Index* che ha esaminato svalutazione, assistenza tecnica, durabilità e valore residuo sul mercato dell’usato attesi dei modelli lanciati nel 2024, emerge un quadro dove solo il 16,6% dei dispositivi ha ottenuto un punteggio superiore a 7 su 10, evidenziando un divario crescente tra fascia premium e segmento medio-basso del mercato.

«Il dato più significativo del 2024 riguarda la tenuta del valore nel tempo –spiega Walter Ruggeri, responsabile del dipartimento statistico di WeFix.it-. L’iPhone 16 Pro si distingue con un voto di svalutazione di 9,72, seguito dal Pro Max con voto 9,02 e dal modello base con 8,99. Questi numeri certificano come gli investimenti in ricerca e sviluppo di Apple e il valore del marchio si traducano in un valore tangibile per i consumatori».

Nel segmento Android, il Samsung Galaxy Z Flip 6 conquista la leadership con un voto accorpato di 7,43, distinguendosi particolarmente nel parametro della durabilità (8,63) e della rivendibilità (7,92). Segue l’OPPO Find X8 Pro con 7,18 punti, premiato soprattutto per uno dei migliori bilanciamenti tra costo di assistenza in caso di necessità rispetto al valore del dispositivo (7,72) e la robustezza costruttiva (8,17). Completa il podio dei migliori Android lo Xiaomi 14 Ultra che, con voto 7,03, si fa notare per l’ottima durata della batteria e la resistenza generale all’usura (8,90).

«Il mercato 2024 ha segnato un punto di svolta nella percezione della qualità –precisa Ruggeri-. I consumatori mostrano una crescente attenzione alla longevità dei dispositivi e alla qualità dell’assistenza post-vendita. Non sorprende vedere Nothing e Xiaomi guidare la classifica dell’assistenza con valutazioni superiori a 7,90, mentre preoccupa il calo qualitativo nel segmento medio, dove la ricerca della competitività di prezzo sta portando a compromessi significativi sui materiali e sulla costruzione».

Le performance più deludenti sono state registrate nel segmento entry-level: il Samsung Galaxy A16 si ferma a 4,21, penalizzato da una delle valutazioni più basse in rivendibilità (appena 3,27) e da una durabilità insufficiente (4,05). Analoghe criticità per il Realme GT 6 (4,30) e per il Redmi 14C (voto: 4,46), che evidenziano come il risparmio iniziale possa tradursi in costi maggiori nel medio termine per riparazioni e sostituzioni o una bassa resa nel tempo.

«La polarizzazione del mercato emerge con chiarezza dai nostri test –conclude il responsabile del WeFix.it Index-. Mentre i dispositivi premium consolidano la loro posizione con valori di rivendita superiori al 70% del prezzo di acquisto dopo 12 mesi, il segmento medio fatica a mantenere un bilanciamento conveniente tra: svalutazione dopo 12 mesi, costo di assistenza, valore di rivendibilità e conseguente durata attesa complessiva del dispositivo. È un trend che dovrebbe far riflettere i produttori sulla sostenibilità delle loro strategie di mercato. I nostri dati mostrano che gli smartphone di fascia media hanno registrato un aumento del 47% nei costi di riparazione rispetto al 2023, con una durata media della batteria inferiore del 22% rispetto ai modelli premium. Questa tendenza sta spingendo sempre più consumatori verso l’acquisto di dispositivi ricondizionati di fascia alta, un mercato che nel 2024 ha registrato una crescita del 34%. Se i produttori non invertiranno questa rotta, il rischio di perdere definitivamente la fascia media del mercato è molto elevato, con conseguenze significative sulla diversificazione dell’offerta e, in ultima analisi, sulla libertà di scelta dei consumatori».

NOTA: *WeFix.it Index rappresenta il punto di riferimento indipendente che, attraverso dati oggettivi, guida i consumatori nella scelta consapevole di uno smartphone, traducendo l’esperienza tecnica in consigli d’acquisto affidabili e fornendo ai consumatori una guida concreta e imparziale per orientarsi tra le numerose proposte del mercato. Dal 2020 analizza quattro parametri fondamentali (svalutazione, assistenza, durata e rivendibilità) attraverso test di laboratorio e analisi dei dati di mercato. La metodologia di valutazione, validata da enti terzi, ha permesso di esaminare oltre 500 dispositivi, fornendo ai consumatori uno strumento oggettivo per orientare le proprie scelte d’acquisto.

Zuckerberg entra in EssilorLuxottica: “Sarà la Samsung d’Europa”

Partecipazione simbolica del 5%.
Le due aziende hanno già collaborato nella creazione degli occhiali Ray-Ban Meta.

Mark Zuckerberg, Ceo di Meta Platforms, ha confermato un imminente investimento in EssilorLuxottica, leader globale nell’occhialeria.

Questa mossa, che rappresenta una partecipazione simbolica del 5%, mira a consolidare la cooperazione a lungo termine tra le due aziende, già avviata nel campo degli occhiali smart.

In una recente intervista a The Verge, il creatore di Facebook ha dichiarato:

Non sarà un investimento di grande entità, ma simbolico, per dimostrare la nostra fiducia in loro e nella loro capacità di diventare un player tecnologico di rilievo.

Il legame tra Meta ed EssilorLuxottica non è una novità: come riporta First Online, le due aziende hanno infatti collaborato attivamente allo sviluppo degli occhiali Ray-Ban Meta, un prodotto che combina l’esperienza di EssilorLuxottica nel design di lenti e montature con l’innovazione tecnologica di Meta.

Zuckerberg ha elogiato l’azienda italo-francese, affermando quanto di seguito:

EssilorLuxottica non è solo leader mondiale nell’occhialeria, ma ha il potenziale per diventare una delle principali aziende tecnologiche a livello globale.”

Il Ceo di Meta ha anche paragonato EssilorLuxottica a Samsung, affermando che il gruppo potrebbe trasformarsi nel motore tecnologico dell’Europa, così come Samsung ha fatto per la Corea del Sud.

Un paragone ambizioso, che sottolinea l’importanza strategica della partnership per entrambe le aziende.

Bosch punta Whirlpool. Ecco i ruoli di Electrolux, Beko e Whirlpool USA

Settore del bianco in convulsione.
Aziende top players, geopolitica, Isis, pirati e Boko Aram: ecco come sta succedendo.

Lo scenario mondiale delle M&A (ovvero delle fusioni ed acquisizioni) nel settore strategico della tecnologia domestica (elettrodomestici, Smart Home, elettronica di consumo, clima, componenti, eccetera) che pareva concluso con l’acquisizione da parte del gruppo Beko (della conglomerata turca Koç, una potenza finanziaria mondiale) della Whirlpool (Europa, Africa, Russia e MO), è in convulsione.

Non solo. È inoltre ancora sospesa la conclusione della vicenda Electrolux (in lizza Midea, Hisense, Samsung o LG) e la Whirlpool Us (quel che resta della multinazionale) starebbe per essere comprata dalla Bosch.

Come riporta First Online, mesi fa un alto dirigente della società di Stoccarda (Gerlingen) aveva confermato che il gruppo aveva intenzioni di fare shopping ma solo per accrescere realmente e consistentemente i perimetri attuali.

Handelsblatt e Reuters hanno recentemente reso noto che l’offerta che il gruppo tedesco aveva fatto a Marc Bitzer, Ceo e presidente Whirlpool (tra tedeschi ci si intende sempre) è ben diversa da come è stata diffusa.

A comprare sarebbe non la Corporation ma la Fondazione Robert Bosch, il che è decisamente diverso poiché essendo una istituzione senza scopo di lucro, non dovrebbe per esempio distribuire dividendi agli azionisti. Oltre ad avere compiti e opportunità ben diverse dalla Corporation.

Posto che Bosch deve assolutamente diversificare attività ed investimenti (il settore auto in forte crisi), il problema è che il prossimo governo americano calerà la mannaia di dazi ingenti su tutto ciò che non è made in Usa e che la competizione con i cinesi ed i coreani è impari e sempre più insostenibile.

L’accordo tra le due company prevederebbe, sempre secondo quanto riporta First Online, eventualmente l’aggiunta a prezzi molto buoni anche di Electrolux per una nuova società interamente made in Usa (esente da dazi) subito da mettere in quotazione allo Stock Echange, dove capitali finanziari in cerca di opportunità e in gran parte legati alla fiorentissima e abilissima finanza ebraica (presente tra l’altro nei fondi pensione pare di Whirlpool e legata anche a Bosch) sono disponibili.

Voci molto insistenti riferiscono anche di un accordo tra Beko e Whirlpool per acquisire Electrolux e procedere alla messa in Borsa.

Dietro questi presunti movimenti si cela la ricerca di soluzioni che escludano capitali e aziende cinesi (il governo americano era già intervenuto per impedire la cessione di Whirlpool ai cinesi).

Dal Forecast Research di Allianz Trade arriva la news che a causa dell’aggravamento dei disastri sui nove stretti mondiali, le aziende prevedono un ulteriore calo del fatturato del 15% (addirittura quasi solo per il blocco dello Stretto delle Lacrime cioè Bab Al Mandeb).

In mano ormai non ai pirati ma a tutto il pulviscolo ex Isis e Boko Aram che dall’Africa si sono spostati da molti mesi sugli stretti e che concedono ai pirati la “licenza” di lavorare previo pagamento di una mazzetta del 20-30%.

Anche l’Italia segue attentamente le vicende: le aziende italiane che fabbricano da sempre componenti strategici per la filiera degli elettrodomestici e che sono sopravvissute allo tsunami dei prodotti cheap cinesi sono riconosciute come aziende che lavorano bene, ma quando qualcuno compra poi può spostare equilibri e quote di mercato.

BMW-Northvolt: sfuma l’accordo da 2 miliardi di euro

Ritardi nel tempistiche contrattuali e troppi scarti di prodzuione le ragioni.
Samsung interviene e prende maggiori quote di mercato.

Ancora problemi per Northvolt che non è riuscita a soddisfare le richiese di BMW.

Come sappiamo, la casa automobilistica tedesca sta portando avanti il suo progetto di elettrificazione che prevede il lancio di diversi nuovi modelli elettrici nei prossimi anni.

Nell’estate del 2020, il costruttore aveva annunciato di aver sottoscritto un accordo del valore di 2 miliardi di euro con Northvolt per la fornitura di celle per le batterie da utilizzare proprio per le sue future vetture elettriche.

A quanto pare, però, questo contratto miliardario è andato in fumo.

Perché BMW ha deciso di non comprare più le celle per le batterie da Northvolt? Stando a quanto riportano i media tedeschi tra cui Manager Magazin, poi ripresi da HD Motori, i motivi sarebbero molteplici.

Innanzitutto, Northvolt non sarebbe in grado di rispettare le tempistiche del contratto: il produttore sarebbe infatti in forte ritardo sulla sua tabella di marcia, che prevede l’ampliamento della produzione attraverso l’apertura di nuovi stabilimenti (si parla addirittura di due anni).

Inoltre, il secondo motivo riguarderebbe la qualità della produzione: a quanto pare, Northvolt si starebbe trovando con molti più scarti di produzione di quanto previsto inizialmente.

La commessa, nello specifico, riguardava le celle per le batterie destinate ai modelli BMW iX e BMW i4.

Per compensare la mancata fornitura da parte dell’azienda svedese, è intervenuta Samsung SDI che già è uno dei principali fornitori di accumulatori della casa automobilistica tedesca.

Dunque, i coreani beneficeranno di questa situazione, incrementando la fornitura di celle per le batterie.

Tuttavia, nonostante la cancellazione dell’accordo, BMW non abbandonerà Northvolt; infatti, la casa automobilistica tedesca ha già fatto sapere che intende voler continuare a collaborare con l’azienda svedese se i problemi saranno risolti.

In particolare, si parla della fornitura delle nuove celle cilindriche che il costruttore tedesco utilizzerà per le vetture elettriche basate sulla nuova piattaforma Neue Klasse.

Smartphone: quanto costano le riparazioni in Italia

Il mercato europeo vale 67 miliardi di dollari; nel 2019 ne valeva 27.
Il Trentino la regione più cara, la Campania quella più conveniente.

La nuova Legge Europea sulle riparazioni in fase di approvazione a Bruxelles è destinata a veder aumentare un mercato, quello dei pezzi di ricambio per smartphone, che nel 2023 ha superato i 63 miliardi di dollari e che, dal 2019, anno prima della pandemia da Covid 19, è aumentato del 148%. I dati dell’European Refurbishment Association (Eurefas) relativi ai 27 Paesi dell’Unione Europea illustrano, inoltre, che oltre il 10% degli smartphone in circolazione nell’UE sono ricondizionati.

In Italia, il mercato delle riparazioni “fuori garanzia”, nel 2023, ha superato i 250 milioni di euro. Ma quanto costa, in media, riparare uno smartphone nel nostro Paese? Secondo i dati di WeFix.it, il booking italiano che seleziona i migliori centri assistenza per smartphone membro di “The Right to Repair Europe” coalizione che ha promosso la Legge sulle riparazione davanti al Parlamento Europeo, il valore medio delle riparazioni nel nostro Paese è di 80 euro per dispositivo. I modelli più costosi sono i Samsung, con un costo medio di riparazione pari a 107 euro mentre i più economici tra i più venduti sono i modelli Huawei con un costo medio di riparazione di 64 euro. Le parti “consumabili” più riparate sono, come facile immaginare, gli schermi e le batterie. Se, da un lato, sostituire una batteria di un dispositivo Apple ha un costo medio di 48 euro, dall’altro il prezzo da pagare varia molto da regione a regione. Stando alle proiezioni dell’ufficio statistico di WeFix.itsostituire una batteria di un iPhone 12 in Trentino Alto Adige costa in media 54 euro mentre, per la stessa riparazione in Campania se ne spendono 39. Per uno schermo di un Samsung S21, in Trentino si spendono 204 euro mentre in Campania 184. Stesso discorso per i modelli MI 10 Lite di Xiaomi e P30 Lite di Huawei: la batteria Xiaomi costa 59 euro per un trentino, mentre 44 euro per un campano; lo schermo Huawei costa 89 euro in Trentino mentre in Campania 69 euro. «Il Trentino Alto Adige, insieme alle Valle d’Aosta sono le regioni dove le riparazioni costano di più  spiega Joseph Caruso, responsabile del dipartimento statistico WeFix.it-, mentre in Campania, Calabria e Sicilia costano mediamente di meno. Queste differenze non sono dovute a fattori legati al costo dei ricambi, ma a fattori esterni quali il costo medio della vita, dalla densità della popolazione, la concorrenza dei centri di assistenza per numero di abitanti nelle singole e specifiche zone del Paese, ai salari medi. Tutti fattori che, grazie al monitoraggio della nostra IA, “Autopilot” ci permettono di analizzare con metodo i prezzi medi dei ricambi e loro variazioni nella maggior parte dei centri assistenza locali».

Mediamente, un dispositivo nuovo richiede una riparazione dopo 17/19 mesi di vita, mentre uno smartphone riparato ha una vita più lunga di 12/15 mesi: «Con l’approvazione della Legge Europea sulle riparazioni –conclude Caruso– questa tipologia di mercato è destinata a crescere grazie alla garanzia che i costruttori dovranno accordare a chi acquista un nuovo dispositivo garantendo, dunque, una vita più lunga ai propri smartphone oltre a un impatto ambientale meno traumatico e una catena del riciclo molto più virtuosa».