Elettrico: il progetto statale polacco chiude prima di nascere

Le auto elettriche dell’azienda ElectroMobility Poland non arriveranno mai sulle strade.
Mancanza di investitori: licenziati i 40 dipendenti.

ElectroMobility Poland è l’azienda statale responsabile del progetto Izera, un marchio di auto elettriche.

Tuttavia, Izera non arriverà mai sulle strade.

Come riporta Dziennik Gazeta Prawna, infatti, l’azienda ha deciso di licenziare i dipendenti e di modificare i piani.

Attualmente è previsto il licenziamento di quaranta persone e la ristrutturazione interesserà tutti i reparti; come riporta Polonia Oggi, la causa della riduzione del personale è la mancanza di investitori.

Elettrico: anche Nikola vicina al fallimento

L’azienda produttrice di camion elettrici ha liquidità solo fino ad aprile 2025.
Dai 464,7 milioni del 2023 è passata ai 198,3 milioni del 2024.

Nikola Corporation, costruttore di camion elettrici e a idrogeno che aveva anche stretto una joint-venture con Iveco, secondo fonti vicine all’azienda sta valutando la possibilità di dichiarare fallimento.

Nikola ha affrontato un periodo tumultuoso, oscillando tra essere una stella nascente del mercato azionario ed un’impresa segnata da scandali.

Attualmente, come riporta InsideEVs Italy, sta collaborando con uno studio legale e consulenti finanziari per preparare un’eventuale richiesta di protezione ai sensi delle leggi americane che consentirebbe di riorganizzarsi e proteggersi dai creditori.

Secondo quanto diffuso dall’agenzia Bloomberg, le difficoltà finanziarie di Nikola sono state accentuate dalla diminuzione delle riserve di cassa, scese a 198,3 milioni di dollari alla fine di settembre 2024, rispetto ai 464,7 milioni di dollari di fine 2023.

Nonostante gli sforzi per raccogliere fondi attraverso offerte di debito e azioni per un totale di 300 milioni di dollari, la stabilità finanziaria dell’azienda rimane incerta.

Nikola ha prodotto oltre 80 camion, ma ha registrato una perdita netta di quasi 200 milioni di dollari e dispone di liquidità sufficiente solo fino ad aprile 2025.

Bankitalia: automotive italiano rischia di restare indietro nell’elettrico

Poche acquisizioni e fusioni rispetto le rivali europee.
Crescita interna in ricerca e sviluppo non compensa il gap.

Il comparto italiano dell’automotive rischia di rimanere indietro nella transizione verso il motore elettrico rispetto alle rivali europee.

Questo è quanto emerge dal paper dei ricercatori della Banca d’Italia realizzato sui dati 2013-2018 sulla base del numero di brevetti collegati con tecnologie a basso impatto ambientale e l’attività di fusione e acquisizione delle imprese, ripreso anche da Il Corriere della Sera.

Le cause risiederebbero nel minor numero di fusioni e acquisizioni realizzati, non compensato dalla crescita interna di ricerca e sviluppo.

Per questo le misure pubbliche di aiuto dovrebbero incentivare le attività di M&A delle aziende e non l’acquisto di auto a bassa emissione da parte dei consumatori, cui si avvantaggerebbero i produttori di altri paesi più avanti in questo comparto.

Nel lavoro si ricorda “lo shock tecnologico del 2015” innescato dallo scandalo Dieselgate della Wolkswagen e dall’accordo di Parigi e la successiva reazione delle diverse aziende europee ed italiane.

In particolare, l’analisi della Banca d’Italia riconosce come le imprese italiane abbiano fortemente aumentato il numero di brevetti relativi a tecnologie a basso impatto ambientale rispetto alla media europea.

I ricercatori poi continuano come di seguito:

Tuttavia, solo recentemente stanno sviluppando le competenze necessarie per la produzione di motori elettrici, soprattutto attraverso l’attività innovativa interna. Le aziende europee, invece, stanno consolidando un processo già intrapreso in precedenza, intensificando le operazioni di fusioni e acquisizioni. Queste diverse strategie potrebbero determinare un ritardo del settore dell’auto italiano rispetto a quello europeo e avere ripercussioni sulle quote di mercato delle imprese nazionali”.

E sulle misure pubbliche i ricercatori sottolineano come i programmi destinati a incentivare l’acquisto di veicoli a bassa emissione probabilmente beneficeranno le aziende che sono più avanti nella transizione verde.

Anche per questo, colmare il ritardo per le imprese italiane è necessario se vogliono cogliere i benefici delle politiche nazionali ed europee.

Anche i provvedimenti fiscali che incentivano la ricerca potrebbero non essere efficaci visto che lo sviluppo di tecnologia “verde” può essere complesso e richiedere tempo.

La strada di incentivi a fusioni e acquisizioni è quella più rapida ed efficace.

Ue: sì a motori a combustione dal 2035 se e-fuel

Cambio di rotta: si vira sui combustibili sintetici.
Decisivo il pressing della Germania.

Dopo aver fortemente puntato sull’elettrico, l’Ue cambia rotta.

La Commissione europea ha proposto di consentire la vendita di nuove auto con motori a combustione interna dopo il 2035, purché funzionino solo con e-fuel (combustibili sintetici) a impatto climatico zero, secondo un documento mostrato martedì.

Cedendo alle pressioni tedesche, la commissione ha suggerito che tali veicoli potrebbero essere tra quelli consentiti dal 2035, ma la loro tecnologia deve essere in grado di impedire al veicolo di circolare se vengono utilizzati altri carburanti.

Così il documento che delinea le proposte della Commissione al ministero dei Trasporti tedesco, ministero che lunedì ha affermato che i colloqui con la Commissione sulla prevista fine dei nuovi motori a combustione a partire dal 2035 stanno andando avanti, ma ha aggiunto di non poter dire quando sarà raggiunto un accordo.

Dopo mesi di trattative, l’anno scorso il Parlamento europeo, la Commissione europea e gli Stati membri dell’Unione europea hanno concordato la legge che renderebbe di fatto impossibile vendere auto con motore a combustione a partire da quella data.

Sul tema è intervenuta anche Giorgia Meloni che, come riporta RaiNews, durante le comunicazioni al Senato in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, ha dichiarato quanto di seguito:

Ci opponiamo a proposte come il regolamento delle emissioni di CO2 per le auto e a quella di efficientamento degli edifici. Rischiano di esporci a nuove dipendenze strategiche. Il percorso verso una economia verde deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico, per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni dell’anidride carbonica delle auto ed alle norme sull’efficientamento energetico degli immobili perché così si traducono in una penalizzazione dei nostri cittadini e delle nostre imprese e rischiano di sottoporci ad altre dipendenze energetiche. Il Consiglio europeo affronterà nuovamente il tema della sicurezza energetica, con l’obiettivo principale di valutare l’efficacia delle misure intraprese finora e di verificare lo stato di preparazione in vista del prossimo inverno“.