Montezemolo critica Stellantis: produzioni delocalizzate e marchi venduti

Il manager: in Italia solo fabbriche vuote e cassa integrazione; ne risente tutta la filiera.
Poi aggiunge: Lancia poteva essere la BMW italiana.

Luca Cordero di Montezemolo non ha certo bisogno di presentazioni: per lungo tempo ai vertici della FIAT e di Maserati, ha guidato anche la Ferrari; inoltre, il manager italiano è stato pure al timone di Confindustria.

Montezemolo più volte si è detto dispiaciuto della situazione del settore automotive italiano e, adesso, torna a dire la sua su quello che sta succedendo oggi, in occasione della mostra dedicata a Vincenzo Lancia, presso il parco Amilcare Merlo di Confindustria Cuneo.

Come riporta HDblog.it, Montezemolo infila una serie di critiche su come si è evoluta Stellantis; il manager italiano si è detto infatti molto triste dato che l’Italia non ha più di fatto una produzione di auto:

L’Italia non ha più una produzione di automobili: FIAT non c’è più, Maserati non c’è quasi più e così Lancia e Magneti Marelli e Comau. Tutti marchi ex italiani, venduti ad azionisti esteri”.

Inoltre, Montezemolo aggiunge anche che in Italia abbiamo solamente fabbriche vuote e cassa integrazione: “C’è da indignarsi, ma sento solamente un silenzio assordante”.

Non mancano critiche nemmeno agli industriali “timidi” di fronte a quella che per i sindacati è una fuga strategica dall’Italia imposta dal numero uno di Stellantis, Carlos Tavares:

Il marchio Lancia si produce ancora ma all’estero, forse in Spagna, sicuramente non più nel nostro Paese. Persino la Fiat Seicento, simbolo della nostra industria nel dopoguerra è prodotta in Polonia”.

E parlando proprio della Lancia, con un po’ di nostalgia ricordando i modelli del passato e le vittorie nel motorsport, Montezemolo sottolinea che Lancia poteva diventare la BMW italiana.

Il manager parla poi di una stagione drammatica di deindustrializzazione, ricordando come in Piemonte che ha una grande tradizione del settore auto, oggi si produca essenzialmente solo la FIAT 500e e un modello Maserati, ma solamente con numeri bassissimi: una situazione che ha pure precise conseguenze per la filiera automotive.

Banca d’Italia: con questi prezzi le imprese non sopravvivono

Prezzi del gas sale di dieci volte in due anni.
L’allarme si aggiunge a quelli di Confindustria e dei costruttori.

Con questi prezzi del gas le aziende chiudono.

È l’allarme lanciato da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, che va ad aggiungersi a quelli di Confindustria (approfondimento al link) e dei costruttori (approfondimento al link).

Con i prezzi del gas saliti di dieci volte in due anni, “c’è un grande stress sui consumatori e sulle industrie che non possono sopravvivere con questi prezzi“.

Stando a quanto riporta “Tgcom24”, Visco sottolinea come rispondere a questa difficoltà “non sia responsabilità delle politiche monetarie” ma che importante invece è stata la “forte coordinazione di risposta all’invasione russa dell’Ucraina. È questo l’unico modo di rispondere a questo shock terribile“.

Arera: prezzi gas rientreranno tra fine 2022 e 2024

Fiammata sui prezzi almeno fino al 2024.
Problemi per le aziende se il governo non interviene.

La fiammata sui prezzi del gas resterà almeno fino al 2024.

A dichiararlo è il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, che ha parlato in audizione in Commissione attività produttive della Camera:

Le quotazioni forward dei prodotti energetici prefigurano un rientro graduale della crisi fra la fine del 2022 e il 2024“.

Come riporta “Italia Oggi”, lo stesso Besseghini avverte:

I prezzi del gas naturale sono destinati a mantenersi più alti della media storica degli ultimi anni. Le attuali quotazioni dei prodotti forward del gas naturale si aggireranno intorno a circa 100 euro/MWh fino al termine dell’anno in corso, a circa 65 euro/MWh per il 2023 e a circa 45 euro/MWh per il 2024“.

Negli ultimi giorni sia Confindustria (approfondimento al link) che i costruttori (approfondimento al link) si sono rivolti al governo criticandone l’operato: se non interviene, molte aziende chiuderanno nel brevissimo termine.

Rivolta dei costruttori: costretti a chiudere

Pesano i rincari.
Anche Confindustria contro il governo.

Un “dietrofront inconcepibile” da parte del governo: così Gabriele Buia, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili, commenta la decisione di eliminare dall’ultimo decreto energia la norma che dava alle imprese la possibilità di prorogare o sospendere i lavori a causa dei rincari delle materie prime.

Come riporta “Tgcom24”, Buia avverte che in questo modo “è impossibile tenere i cantieri aperti” poiché quella norma “era l’unico strumento a disposizione delle imprese per non abbandonare del tutto i cantieri, vista l’impossibilità di proseguire i lavori con i costi attuali e la scarsità di materiali”.

Sul tema era anche recentemente intervenuta Confidustria, esprimendo forti perplessità e delusione (approfondimento al link).

Confindustria: delusione per decreto energia

L’associazione esprime forti perplessità e delusione.
Intervento del governo troppo scarso sul costo dei carburanti.

Forti perplessità e delusione.

È quanto esprime Confindustria in merito al Dl energia.

Più precisamente, come riporta “Tgcom24”:

A fronte delle urgenti misure strutturali chieste al governo sui prezzi energetici, Confindustria esprime forti perplessità, nonché delusione, su quanto ha deciso venerdì il Consiglio dei ministri“.

La nota dell’associazione continua poi indicando che con il decreto per ridurre gli effetti dei rincari dei prezzi dell’energia, in particolare Confindustria critica “l’indisponibilità a un taglio strutturale delle accise sui carburanti che porta a una limatura per soli 30 giorni di pochi centesimi di accise per litro“.