Un mese di esercitazioni militari: la Sardegna si oppone

L’isola ospita il 65% del demanio militare italiano ed i 2 poligoni più grandi d’Europa.

Si concluderà con un “Demonstration Day” a metà maggio la maxi esercitazione militare in Sardegna denominata Noble Jump: una giornata di dimostrazione delle potenze alleate congiunte.

Insieme ai soldati italiani ci saranno infatti anche gli alleati di Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e Lussemburgo, per saggiare la prontezza delle capacità di combattimento della Nato in uno scenario di guerra.

Ma, come riporta Ansa, per l’Isola non sarà finita: la primavera di allenamenti alle battaglie continuerà dall’8 maggio, quando inizierà invece la Joint Stars: saranno coinvolti oltre 4.000 militari e circa 900 tra mezzi terresti, aerei e navali.

Gli indipendentisti sardi e antimilitaristi restano in guardia, pronti a urlare un nuovo no alle esercitazioni e chiedere chiusura e riconversione dei poligoni militari.

Per il momento non ci sono nuovi sit-in o cortei in programma, ma il movimento “no war” in Sardegna sta assistendo a un ricambio generazionale con nuovi attivisti che arrivano da scuole e università.

Ieri intorno alla base aerea militare di Decimomannu ci sono stati anche momenti di tensione con le forze dell’ordine per un corteo organizzato da “Sardinnia aresti” che, in concomitanza con Sa die de sa Sardigna, si stava avvicinando troppo alla zona protetta da muri e filo spinato.

Per allontanare i circa 250 manifestanti sono stati usati anche idranti e lacrimogeni.

Una presenza non gradita dai pacifisti; Danilo Lampis di Sardegna chiama Sardegna dichiara quanto di seguito:

Basta con le esercitazioni. La Sardegna ospita circa il 65% del demanio militare italiano e ha sul suo suolo i due poligoni più grandi d’Europa, nelle aree di Teulada e Quirra, che ormai da decenni non fanno altro che devastare i nostri territori, talvolta in maniera irreparabile“.

Austria: entro il 5 marzo allentate tutte le restrizioni

Primo step già dal 19 febbraio.
Resterà solo l’obbligo della mascherina per persone vulnerabili.

Anche l’Austria, che qualche mese fa pensava di introdurre l’obbligo vaccinale, si accoda ora invece ai Paesi che stanno togliendo tutte le restrizioni anti-Covid.

Dopo che la Danimarca è stata la prima a togliere tutti i limiti (approfondimento al link), Olanda, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia ed anche la Germania stanno sempre più togliendo le restrizioni.

A loro, si aggiunge ora anche l’Austria che, per bocca del cancelliere Karl Nehammer, ha annunciato l’allentamento di tutte le restrizioni legate al Covid-19 con un primo step già a partire dal 19 febbraio e poi tutte le altre entro il 5 marzo.

Come riporta “Notizie.it” resterà solamente l’obbligo di indossare la mascherina in situazioni ritenute assolutamente necessarie al fine di “proteggere persone vulnerabili”.

Più nel dettaglio, le parole di Nehammer sono state le seguenti:

È ora possibile che le persone siano liberate da tutte queste restrizioni, conservando un approccio prudente, ad eccezione dell’obbligo di indossare la mascherina quando è assolutamente necessario per proteggere le persone vulnerabili.

Covid, Baudet: tutto perfettamente descritto dal report Rockefeller

Il leader di FvD porta al parlamento olandese l’inquietante report e si chiede: a quando il risveglio delle coscienze?

(Foto da internet)

Grazie ai nostri lettori, in particolare a M. C. sia per quanto riguarda la segnalazione che la traduzione, anche nel maggio dello scorso anno avevamo pubblicato un documento della Rockefeller Foundation, pubblicato addirittura nel maggio del 2010 ed in cui si prevedeva esattamente ciò che sta accadendo nell’attuale pandemia (approfondimento al link).

A rimarcare quel report è anche Thierry Baudet, leader del partito FvD (Forum voor Democratie) e membro della Camera dei Rappresentanti, che lo ha riportato al parlamento olandese.

Nel suo intervento, Baudet riporta in sintesi i punti descritti nel report facendone un chiaro confronto con quanto stia accadendo durante questa pandemia e finisce col chiedersi cosa e quanto ci voglio per risvegliare le coscienze.

Di seguito il video completo del suo intervento:

Lavorare meno a parità retributiva: test in Islanda

Progetto durato 4 anni sull’1% della forza lavoro.
La Spagna sulla stessa lunghezza d’onda.

Un test durato 4 anni (dal 2015 al 2019) e condotto sull’1% della forza lavoro (2.500 dipendenti) è stato condotto in Islanda, al fine di verificare la possibilità di ridurre l’orario lavorativo mantenendo invariati produttività e salario.

Il medesimo prevedeva la riduzione dell’orario lavorativo da 40 a 35 ore settimanali ed ora apre la strada ad una riforma, avendo dato risultati positivi.

A supporto del test, è stata condotta una ricerca secondo la quale ad oggi già l’86% della forza lavoro islandese lavora meno di prima. Stando a quanto riporta Euronews, ora la palla passa a sindacati e datori di lavoro perché si arrivi a livello di contratti collettivi.

Ma non è solo l’Islanda ad andare verso questa strada: la Spagna, dallo scorso marzo, lavora sull’ipotesi di introdurre la settimana lavorativa a 4 giorni, dopo che l’orario settimanale è già stato ridotto a 32 ore in 3 anni, senza ridurre la retribuzione.

C’è inoltre chi sostiene che la riduzione dell’orario lavorativo porterebbe vantaggi a livello di salute mentale dei lavoratori con un impatto sulla produttività, oltre che ridurre i costi energetici delle aziende.

Ampliando il raggio, vediamo che la media nell’Ue del 2019 è di 36,2 ore lavorative a settimana, dove la Romania si attesta il primato più alto con 40,5 ore medie e l’Olanda più basso con 29,3 ore medie settimanali.

Il Paese in cui invece si registra la maggior differenza tra subordinati e liberi professionisti è il Belgio: i primi sono impegnati per 39,1 ore settimanali mentre i secondi arrivano fino a 52,8.

Mediaset come Fiat: sede legale in Olanda

Voto favorevole dell’assemblea al 95,57%.
Residenza fiscale e amministrazione centrale rimarranno in Italia.

Con una presenza pari all’81,81% del capitale, l’assemblea ha espresso un voto favorevole pari al 95,57% al trasferimento della sede legale di Mediaset in Olanda.

Esattamente come fatto da Fiat (ora FCA) qualche anno fa, anche Mediaset trasloca e porta la sede legale nei Paesi Bassi.

Le parole del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, sono state le seguenti:

Con assoluta convinzione e determinazione, abbiamo cercato di portare avanti il progetto MFE e siamo pronti per iniziare questo nuovo percorso europeo. La scelta dell’Olanda come sede legale è volta a collocare la sede della società in una giurisdizione che, per diversi motivi, risulta ideale allo scopo di un consolidamento su scala pan-europea come dimostrano i numerosi trasferimenti proprio in Olanda della sede di molti gruppi, anche italiani, a vocazione internazionale.

In una nota la società ci tiene a precisare che la sede fiscale e l’amministrazione centrale rimarranno comunque in Italia; le azioni continueranno ad essere quotate sulla Borsa Italiana ed i soci che non hanno concorso all’approvazione possono esercitare diritto di recesso ottenendo un controvalore di 2,18 euro per azione rispetto ai 2,868 euro dell’attuale prezzo di Borsa, considerando però che il valore sarà ridotto in virtù del dividendo da 30 centesimi per azione approvato oggi dall’assemblea e che sarà messo in pagamento il 21 luglio prossimo.

Mediaset, dopo anni di liti presso i tribunali di tutta Europa, il 3 maggio ha siglato un’intesa che prevederà l’uscita graduale in 5 anni di Vivendi dal capitale Mediaset e un concreto patto di non belligeranza.

Il nuovo Cda Mediaset sarà composto dai seguenti nomi: Fedele Confalonieri (presidente), Pier Silvio Berlusconi, Marco Giordani, Gina Nieri, Niccolo’ Querci, Stefano Sala, Marina Berlusconi, Danilo Pellegrino, Carlo Secchi, Marina Brogi, Alessandra Piccinino, Stefania Bariatti (tratti dalla lista di maggioranza presentata dall’azionista di Fininvest) e da Giulio Gallazzi, Costanza Esclapon de Villeneuve, Raffaele Cappiello (della lista di minoranza dei fondi).