La Turchia blocca Instagram

Social network oscurato senza preavviso.
La decisione dopo la censura di Instagram ai messaggi di cordoglio per il l’uccisione del leader di Hamas.

La Turchia ha bloccato l’accesso a Instagram.

Come riporta Tgcom24, il Paese ha oscurato il social network applicando senza preavviso la decisione comunicata da un post dell’autorità nazionale per le comunicazioni.

Nessuno ha spiegato i motivi della decisione e neppure quanto durerà.

La disposizione di Ankara sembra legata alle tensioni in Medio Oriente per il conflitto in Israele; lo stop giunge infatti dopo un recente messaggio di Fahrettin Altun, direttore delle comunicazioni del presidente Erdogan, che ha accusato la piattaforma di censurare i messaggi di cordoglio per l’uccisione del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh.

Erdogan a Khamenei: “immoralità anti cristiane alle Olimpiadi”

Il presidente turco chiamerà il Papa per denunciare l’immoralità contro il mondo cristiano.
Khamenei: condanniamo gli insulti a Gesù Cristo.

ll presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, hanno contestato la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi denunciandola come immorale e contro i cristiani.

Più precisamente, come riporta Ansa citando Irna, Khamenei ha dichiarato quanto di seguito:

Condanniamo questi insulti rivolti alle figure sacre delle religione divine, tra cui Gesù Cristo“.

Erdogan, invece, ha detto:

“L’immoralità andata in scena sottolinea ancora una volta la portata della minaccia che stiamo affrontando“.

Come riporta Anadolu, Erdogan ha detto che chiamerà Papa Francesco per denunciare l’immoralità contro il mondo cristiano.

La Turchia esce dalla Convenzione contro la violenza sulle donne

Manifestazioni e proteste delle donne turche. Il Consiglio d’Europa: “Enorme passo indietro”.
Ma anche la Polonia aveva già lasciato nel 2020.

Erdogan ha deciso di portare il suo Paese fuori dalla Convenzione contro la violenza sulle donne.

La Turchia abbandona dunque gli altri 45 Paesi che aderiscono alla Convenzione di Istanbul, firmata anche dall’Unione europea nel 2011.

Ne sono seguite proteste e manifestazioni in piazza da parte delle donne turche; il corteo più grande è andato in scena a Kadiköy, la roccaforte laica sulla sponda asiatica. Insieme alle donne turche, vi erano anche movimenti femministi, Ong e partiti di opposizione.

Lo slogan era il seguente:

“Non potrete cancellare in una notte anni di nostre lotte. Ritira la decisione, applica la Convenzione.”

L’associazione indipendente “Fermiamo i femminicidi” ha stimato che lo scorso anno in Turchia sono state almeno 300 le donne uccise, per lo più da mariti, partner e familiari, mentre altre 171 sono morte in circostanze “sospette” e poco chiare.

Secondo le stime fornite dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il 38% delle donne turche è stata vittima di violenze da parte del partner almeno una volta nella loro vita. Una percentuale che in Europa è del 25%.

Sul tema è intervenuta anche Marija Pejcinovic Buric, segretario generale del Consiglio d’Europa:

Un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia, in Europa ed anche oltre. La convenzione è stata firmata da 34 Stati europei ed è considerata lo standard internazionale per la protezione delle donne dalla violenza che subiscono quotidianamente.

A luglio 2020 era già stata però la Polonia a scegliere di abbandonare l’accordo ratificato ad Istanbul: secondo il governo polacco, infatti, il documento conteneva “concetti ideologici” non condivisibili, come quello sul sesso “socio-culturale” in opposizione al sesso “biologico” ed altri che incoraggerebbero il divorzio dando spazio alla comunità Lgbt, minando l’unità familiare.