Manhattan, via al Climate Clock: meno di 8 anni al collasso della Terra

Ad Union Square è iniziato il countdown verso il punto di non ritorno.
Il primo gennaio del 2028 la data del giorno cruciale.

A Manhattan, precisamente a Union Square, è partito il conto alla rovescia verso il collasso della Terra.

Inaugurato nell’ambito della Climate Week, quello che prende il nome “Climate Clock” serve ad indicare il giorno in cui, se il livello di inquinamento continuerà ai ritmi attuali, la Terra arriverà ad un punto di non ritorno.

Il tempo rimanente segnato dall’orologio è di meno di 8 anni, per la precisione poco più di 7 anni e 100 giorni, e vede la sua scadenza il primo gennaio del 2028. Gli studi sono stati condotti dall’Onu a riguardo dei cambiamenti climatici.

Sul sito del Climate Clock si può leggere quanto di seguito:

L’umanità ha il potere di aggiungere tempo all’orologio ma solo se lavoriamo collettivamente e misuriamo i nostri progressi rispetto ad obiettivi definiti.”

Con l’Accordo di Parigi tutto il mondo si è impegnato ad impedire che la temperatura media globale superi le soglie di 1,5-2°C sopra le medie preindustriali, così da evitare le conseguenze catastrofiche che un tale aumento potrebbe comportare.

Svolta green: Intesa Sanpaolo finanzia la polacca Tauron

Svolta green: Intesa Sanpaolo finanzia Tauron, colosso polacco dell’energia.
Dall’Ue, invece, bilancio limitato per eventuali fondi all’Ilva.

Intesa Sanpaolo finanzierà Tauron, il più grande distributore polacco di energia, per 175 milioni di euro nell’ottica della svolta green.

Il finanziamento prevede un piano di 5 anni e servirà a sostenere gli investimenti della società nello sviluppo delle energie rinnovabili e della distribuzione elettrica, tra cui l’ammodernamento della propria rete e il collegamento dei nuovi clienti utilizzando le ultime tecnologie ecocompatibili.

L’operazione è curata dalla Divisione Corporate and Investment Banking dell’Istituto bancario sotto la guida di Mauro Micillo ed è strutturata da Banca IMI Londra e dalla filiale di Varsavia della Divisione CIB.

La mossa va a confermare le parole di Carlo Messina in merito alle volontà di Intesa Sanpaolo di spingere sui principi della sostenibilità ambientale; dal lato di Tauron, si tratta del primo grande progetto green, confermando il proprio impegno nel raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica 2025-2030 previsti nel piano d’impresa e contribuendo nello stesso tempo a sostenere la trasformazione energetica del Paese.

Per la svolta green in Italia, invece, Paolo Gentiloni ha detto che il bilancio è limitato (approfondimento al link); il nostro Paese, infatti, per il piano verde versa più del doppio di quanto di riceve (approfondimento al link).

Gentiloni: fondi green per Ilva possono arrivare, ma bilancio limitato

Il Commissario agli Affari Esteri ritiene possibile la destinazione di fondi green all’Ilva. Tuttavia il bilancio è limitato perché l’Italia paga più di quanto riceve.

Intervistato a margine del World Economic Forum, l’ex presidente del Consiglio ed attuale Commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, ha detto che per l’Ilva ci sono possibilità di ricevere i fondi green previsti dal piano Ue per la transizione energetica; questo perché l’acciaio è un settore che ha certamente bisogno di essere reso più compatibile con l’ambiente.

Più nel dettaglio, le sue parole sono state le seguenti:

Certamente dai fondi europei e da eventuali cofinanziamenti degli Stati può venire un contributo alla soluzione dei problemi dell’Ilva, che poi deve venire anche dal mantenimento degli impegni presi da ArcelorMittal”.

Poi, però, Gentiloni precisa anche che i fondi scarseggiano e bisogna puntare sul fatto che facciano da moltiplicatore ed attraggono gli investimenti privati:

I fondi che arrivano dalla Ue sono limitati, il bilancio è limitato, ma possono fare da moltiplicatore sia di cofinanziamenti pubblici degli Stati sia di ulteriori investimenti privati”.

Perché i fondi sono limitati? Perché l’Italia per i fondi green, e più in generale trovandosi nella situazione di Paese finanziatore netto, versa all’Ue più di quanto riceve.

Nello specifico, per la rivoluzione green riceverà dall’Ue 364 milioni di euro a fronte di un versamento di 900 (approfondimento al link).

Svolta green: altro “cetriolo” per l’Italia

Dalla svolta green altra fregatura per l’Italia: verserà 900 milioni per incassarne 364.
Alla Polonia 2 miliardi sui 7,5 totali.

L’Italia riceverà dall’Ue 364 milioni di euro per la svolta green.

Tutti contenti, dai sostenitori Gretini alle Sardine, ed una bella notizia, apparentemente.

I retroscena su Greta Thunberg li ha già svelati l’autore in un altro suo articolo (approfondimento al link), quelli inerenti alle politiche green si rimandato alle camuffate strategie tedesche, da sempre pro austerity, di fare spesa pubblica oltre che agli interessi dei grandi gruppi commerciali.

Il retroscena inerente ai fondi che l’Italia percepirà, invece, sta nel fatto che il Bel Paese verserà all’Europa per la tematica in questione la bellezza 900 milioni di euro.

Infatti, non è un retroscena nuovo quello che l’Italia sia un finanziatore netto dell’Unione europea. Per alimentare il fondo europeo che sarà utilizzato per la svolta green, tabella fonte ANSA alla mano l’Italia si porterà a casa un altro segno negativo (verserà 900 milioni di euro per riceverne 364, con un risultato netto di averci rimesso 536 milioni di euro).

Il tutto, per sentirsi inoltre dire che deve aumentare le tasse e tagliare i servizi “perché spende troppo”.

Ciò nonostante, le parole del ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, sono state le seguenti:

Inizia il percorso per il Green Deal europeo che vede l’Italia protagonista. Il Fondo di 7,5 miliardi mira a garantire una transizione sociale giusta con ricadute positive per tutti gli Stati membri”.

Il totale del fondo, che prende il nome di Just Transition Fund, ammonta appunto a 7,5 miliardi di euro di cui 2 andranno alla Polonia, Paese già primo nella classifica dei finanziamenti ottenuti dall’Ue, a causa dell’ancora forte dipendenza industriale dal carbone. La quota di 2 miliardi sarebbe la soglia massima destinabile ad un unico Stato e, rapportato in percentuale, significherebbe il 26,7% dei totali 7,5 miliardi di euro.

Quanto alla quota di 364 milioni di euro che spetterà all’Italia e che saranno spalmati in 7 anni, il ministro Amendola continua:

La cifra potrà salire ad 1,3 miliardi grazie alla leva finanziaria derivante dall’investimento di questo budget, stando ai calcoli dell’Unione europea”.

Usando il condizionale e parlando di leve finanziarie, parliamo di dati stimati, presunti e/o sperati; nulla di sicuro, quindi. Di sicuro ci sono solo l’importo in uscita e quello in entrata inerenti al fondo, che portano al bilancio negativo sopracitato di 536 milioni di euro, i quali incrementano ulteriormente la posizione di contributore netto dell’Italia nei confronti dell’Europa.

La logica europea, infatti, prevede che i Paesi contributori netti versino più risorse rispetto ai Paesi beneficiari netti; da qui l’elevato importo che l’Italia dovrà versare al fine di alimentare il medesimo fondo.

La cifra da ricevere, invece, viene calcolata secondo diversi parametri come quelli ambientali, occupazionali, e la ricchezza pro capite del Paese.

Le varie caratteristiche del fondo saranno comunque discusse dagli Stati membri e dal Parlamento europeo, al fine di trovare un’intesa prima dell’avvio del prossimo periodo di programmazione europea (2021). Potrebbero dunque anche verificarsi delle variazioni.

Per il momento la svolta green è verde come un cetriolo: l’ennesimo cetriolo che l’Italia si è presa nel didietro.