Patuelli: “No a proroga blocco licenziamenti”

Il ministro dello Sviluppo economico, in trattative anche con i sindacati, intenzionato a togliere il divieto di licenziare nonostante la pandemi.

Ritengo che il percorso fatto fino adesso, Cig e blocco dei licenziamenti, non possa essere prorogato ancora.

Interviene così, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuelli, sul tema dei licenziamenti a pandemia in corso.

Lo steso ministro, come riporta “Tgcom24”, ha continuato sostenendo quanto di seguito:

Non credo che rimandare significhi risolvere il problema dei disoccupati.

Infine, per quanto concerne la richiesta dei sindacati di estendere il blocco ai licenziamenti fino alla fine dell’emergenza legata al cornavirus, ha risposto:

“Stiamo individuando gli strumenti per non far licenziare, ma non per obbligare a non licenziare.”

Stangata sulle bollette: luce +15,6% gas +11,4%

Mancano gli aiuti e l’economia non riparte, ma il governo alza le imposte.
Nuove tariffe attive dal 1 ottobre.

Si fa presto a dire “piano di rilancio per l’Italia”, un po’ ad attuarlo.

Della famosa pioggia di miliardi che deve arrivare da Recovery fund e Mes tanto sbandierati dal governo giallorosso ancora non si è visto un centesimo; senza inoltre addentrarci nelle considerazioni inerenti alla convenienza o meno dei due pacchetti ed alle loro rispettive condizionalità ed implicazioni.

Non era bastato non prorogare il pagamento delle tasse visti i mesi di lockdown e restrizioni, dal governo arriva un’altra stangata per i cittadini: aumenti a doppia cifra sulle bollette di luce e gas.

In entrambi i casi, infatti, le voci subiranno un aumento superiore al 10% a partire dal 1 ottobre 2020.

Più precisamente, la luce subirà un incremento pari al 15,6% mentre il gas del 11,4%.

Insomma, in tempi già difficili, un’altra azione che di certo non aiuta né le famiglie né la ripresa dell’economia, con l’Italia che rimane uno dei Paesi che meno ha saputo reagire all’epidemia causata dal Covid-19.

Governo: proposta estensione stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021

Il premier Conte proporrà l’estensione al Parlamento, ritenendo di poter agire con più rapidità.
L’opposizione lo legge come un modo per restare al governo.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha detto che proporrà al Parlamento di estendere ulteriormente lo stato di emergenza per il coronavirus fino al 31 gennaio 2021.

Il termine scadrebbe il 15 ottobre ma il premier ritiene che ci sia la necessità di protrarlo nel caso la situazione dei contagi degenerasse, in modo da poter intervenire in maniera più rapida.

Dall’altra parte, invece, c’è chi lo vede un modo per restare al governo a colpi di dittatura sanitaria; la strategia sarebbe quella di concentrare tutti i poteri senza contradditori nelle mani del governo ed evitare il più a lungo possibile le elezioni.

Porti aperti. Portafogli pure

Oltre 60 milioni di euro all’anno le spese legali per i migranti.
Chi paga? I contribuenti.

La politica dei porti aperti, tanto voluta dal governo giallorosso, porta con sé anche la conseguenza del portafoglio aperto.

Quando i migranti mettono piede sul suolo italiano, infatti, hanno diritto ad una serie di garanzie che, per lo Stato, comportano dei costi.

Come riporta “Il Giornale”, oltre ad avere vitto ed alloggio gratis, agli stranieri che si dichiarano indigenti viene garantito anche un vero e proprio patrocinio da parte del governo, che stanzia per loro migliaia e migliaia di euro.

Questi soldi, spiega sta volta “La Verità”, vengono impiegati anche per permettere agli extracomunitari di presentare ricorso nel caso sia loro respinta la domanda di protezione sussidiaria o di asilo politico.

I dati del quotidiano “Il Piccolo” riportano, ad esempio, i ricorsi presentati dagli immigrati hanno subìto un “aumento esponenziale”: a Trieste si è passati dai 195 procedimenti per il riconoscimento dello status di protezione internazionale del 2017, ai 1128 del 2018, fino ad arrivare ai ben 3219 dello scorso anno. Il 2020 non si è ancora concluso, ma siamo arrivati già a 1242 domande.

Come dichiara l’avvocato Paola Bosari:

“Queste procedure assorbono il 60% del lavoro della sezione civile del tribunale.

Nel 2018 arrivarono i primi migranti a chiedere il mio patrocinio. Non volevano appoggiarsi ai legali fiduciari delle cooperative di accoglienza. Oggi sono circa 250 quelli che seguo, per il 60% hanno presentato ricorsi contro le decisioni delle commissioni territoriali che negano loro il riconoscimento dello status di rifugiato”, racconta il legale. “Per il rimanente 40% si tratta di ‘dublinanti’, ovvero migranti che sono riusciti comunque a presentare domanda di asilo nel Paese di loro scelta, cioè l’Italia, dove si sono trasferiti per riprendere l’iter di richiesta d’asilo negato da altre parti. Di questi, nessuno è stato mai rispedito fuori dai nostri confini. Il costo medio è di 800 euro a procedimento e può richiedere più anni prima di giungere a termine.”

Il costo, stando a “La Verità”, è di oltre 60 milioni di euro all’anno; questo va aggiunto al fatto che quando si arriva all’udienza, come spiega l’avvocato Devetag, “spesso di quel clandestino non c’è più traccia”.

Ovviamente per i migranti è tutto gratuito; quindi, chi paga? Facile: come al solito, i contribuenti. Anziché predicare austerity, tagliare la democrazia riducendo il numero di parlamentari portando benefici pari allo 0,007% del Pil (approfondimento al link), non sarebbe meglio risparmiare su costi che si possono tranquillamente evitare? Senza contare la presa in giro del multare i cittadini che non hanno la mascherina, mentre si fanno entrare a flotte immigrati irregolari positivi al covid19 che poi scappano dalle strutture di accoglienza.

Niente aiuti e no alla proroga delle imposte: lo Stato è senza soldi

Secco “no” del ministro Gualtieri per quanto riguarda il posticipo delle imposte.
Saranno i lavoratori a finanziare lo Stato e non viceversa; ma dopo il lockdown è dura.

Niente proroga delle imposte sui redditi al 30 settembre 2020; bisognerà pagarle entro il 20 luglio. Questo è quanto ha quanto arriva dal MEF.

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nel corso dell’audizione in Commissione Finanze della Camera del 16 luglio, ha infatti dichiarato che non vi sarà al posticipo in merito al pagamento delle imposte.

Il motivo troverebbe radici nei problemi di cassa, in quanto per effettuare un ulteriore rinvio servirebbero circa 8,4 miliardi di euro. E lo Stato attualmente non dispone di questa cifra.

Ecco dunque che, proprio per far fronte alle esigenze di una cassa vuota, il governo ha deciso che le partite IVA dovranno versare quanto dovuto in termini di Irpef, Ires ed Irap o eventuali imposte sostitutive, tra le polemiche della minoranza che chiedeva un anno bianco fiscale data l’impossibilità materiale di pagare le imposte.

Questo, nonostante gli aiuti statali siano stati sostanzialmente nulli (600 euro ripetuti in due tranche e neanche per tutti), una cassa integrazione che deve ancora arrivare e gli aiuti europei che, ad oggi, sono solo slogan ed annunci.

Nessuna traccia dei “poderosi” piani da centinaia di miliardi di euro sbandierati dal premier Conte, una “potenza di fuoco” che si è invece rivelata una pistola ad acqua e per giunta scarica, che invece decide di prelevare ancora risorse da quei lavoratori ai quali è stato imposto il lockdown. A poco e nulla sono contati i suoi inviti verso le banche a fare “atti d’amore”, vista la sintesi sotto riportata nell’immagine (a maggior ragione tenendo conto che circa 6 miliardi sono andati solo a FCA, che oltretutto ha spostato le sedi amministrativa e discale a Londra ed Amsterdam):

Ancora meno ha fatto l’Europa, che va avanti ad incontri che si concludono di volta in volta in un rimando al meeting successivo e che, anzi, stando alla replica in aula da parte di Claudio Borghi Aquilini (Lega) verso lo stesso premier Conte, al momento è costata all’Italia uno sbilancio di 200 miliardi tra garanzie e versamenti basati sul funzionamento del bilancio europeo (approfondimento al link): abbiamo dovuto versarne 58 per il Mes-Fss (Fondo salva-Stati), 8 per il SURE e 130 per il Recovery Fund, senza riceverne neanche uno.

Siamo dunque di fronte ad una situazione surreale: mentre tutti gli altri Paesi hanno messo in campo doverosi pacchetti di aiuti senza farsi alcun problema, l’Italia ha imposto il lockdown più feroce, non ha stanziato aiuti ed ancora usa le partite IVA come un bancomat per recuperare i soldi versati all’Europa.

Stiamo assistendo ad un’inversione di ruoli: i cittadini finanziano lo Stato e non viceversa.