Percettori reddito di cittadinanza: lavorare al nord costa troppo

Accettare un lavoro al nord non conviene.
Va cambiato il sussidio o i sistemi retributivi?

Non rinunciano al reddito di cittadinanza per un lavoro al nord. Neanche se a tempo indeterminato.

Non è la fatica a spaventare le persone, almeno secondo quanto sostiene l’intervistata ospita di “Diritto e Rovescio”, ma il costo della vita.

Il caro vita, infatti, potrebbe rappresentare un ostacolo.

Dritto e Rovescio“, come accennato sopra, ha accompagnato a Milano una percettrice del sussidio che vive a Salerno, analizzando i costi della vita al nord.

Dopo aver ricevuto un’offerta di lavoro come cameriera da 1600 euro al mese, la donna ha provato a valutare i costi di un eventuale affitto, della spesa alimentare e di quella dei trasporti.

Il risultato? La differenza tra nord e sud è netta: a Milano si troverebbe a spendere 2.080 euro mensili, mentre a Salerno se la potrebbe cavare con una spesa di 1.580 euro al mese.

Una disparità di costi che non le permette di lasciare la sua città natale, nonostante la prospettiva di un contratto a tempo indeterminato: “Non è fattibile; qui sono otto ore a lavorare fuori casa, ma questo non mi cambia la qualità di vita. Giorgia Meloni deve capire che fino a quando non dà una dignità certa alle persone non può togliere il reddito. Manda alla gogna tante persone“.

Come fare, dunque, per rilanciare il lavoro e togliere il reddito di cittadinanza senza provocare “danni”?

Se da un lato pagare le persone per restare a casa non aiuta certo a muovere il mercato del lavoro, dall’altro si torna al solito vecchio dilemma: perchè una persona va a fare il cameriere a Londra o il contadino in Australia, ma non vuole fare gli stessi lavori in Italia? La risposta sta nella retribuzione percepita.

Magari, si potrebbe dedicare quanto oggi si spende per il reddito di cittadinanza per aumentare i livelli salariali minimi in Italia; il Bel Paese, infatti, è l’unico Paese che ha un andamento dei salari in decrescita rispetto a tutti gli altri Paesi europei.

Reddito di cittadinanza a rischio senza Green pass

Dall’1 febbraio possibile obbligatorietà.
Anche in questo caso si tratta obbligo indiretto.

Anche il Reddito di cittadinanza potrebbe essere vincolato al possesso del Green pass.

I disoccupati che percepiscono il sussidio, infatti, dall’1 febbraio potrebbero perderne diritto; tra la legge di Bilancio ed il decreto del 7 gennaio emerge la necessità del Green pass per accedere ai centri per l’impiego, in banca ed in posta: tutti posti a cui chi percepisce il sussidio dovrà accedere.

Per accedere ai luoghi sopracitati è sufficiente un tampone con esito negativo, ma l’ultima legge di Bilancio ha stabilito l’obbligo di frequentazione dei centri per l’impiego con l’immediata sospensione del sussidio in caso contrario, cosa che potrebbe creare qualche grattacapo a più di qualcuno.

Come riporta “Signo”, dai dati sulle vaccinazioni si deduce che i percettori del reddito di cittadinanza sprovvisti al momento del super green pass, perché non vaccinati o guariti dal Covid, siano inferiori al 10%; si tratta dunque di una platea di circa 100mila beneficiari su una platea di circa 1,3 milioni di nuclei familiari che ricevono il Reddito di cittadinanza.