Settore del bianco: Electrolux si riprende, male Whirlpool

Per il colosso svedese scompare la cassa integrazione.
Whirlpool con il semi-ritiro dall’India rimane confinata in America: defenestrazioni ai vertici.

Una notizia inaspettata, molto positiva e che riguarda Electroluxla cassa integrazione, da tutti gli stabilimenti italiani, è scomparsa. In pochi mesi, e le linee del gigante svedese sono tornate a girare a pieno ritmo.

Ci sono assunzioni e nuovi contratti a termine – dichiara a FIRSTonline Augustin Breda, della Rsu di Electrolux Italia – la prima a uscire dalla cassa integrazione è stata la fabbrica di cottura di Forlì, quattro mesi fa, poi quella della lavastoviglie di Solaro e addirittura, un mese fa, anche il sito di Porcia delle lavatrici che da tempo soffre la dura competizione dei prodotti di importazione a prezzi molto bassi. E dove è arrivata una commessa per una innovativa lavabiancheria che ha portato assunzioni a termine. Quanto alla fabbrica di frigoriferi da incasso di fascia alta, non ha mai fatto cassa integrazione, la domanda c’è sempre stata. Una parte delle assunzioni a termine del gruppo si è anche trasformata in assunzioni a tempo indeterminato.

Una conferma di questa tendenza, ancora a macchia di leopardo per il settore, viene da Applia Italia secondo la quale la produzione delle fabbriche italiane degli elettrodomestici ha registrato un +5% nei primi nove mesi dell’anno rispetto al 2024. Una fiammata che potrebbe essere stata alimentata sia pure in parte dal bonus? “No perché – risponde Breda – gli incentivi sono partiti solo da poco. E poi perché sono stati venduti in gran parte apparecchi entry level richiesti soprattutto da famiglie a redditi bassi. E dalle fabbriche italiane ormai escono elettrodomestici di fascia medio alta e alta”.

Ma se in Italia ed Europa qualcosa si muove in direzione positiva nel mercato degli elettrodomestici, in America pare che sia tutto fermo. E allora cadono le teste.

La Whirlpool è sempre meno multinazionale, anzi, con il semi-ritiro anche dall’India, è ridotta ormai ai confini del Nord America e dell’America  Latina ed i prolungati risultati negativi hanno causato ai vertici clamorose defenestrazioni. 

Lavoro: anche Whirlpool (Beko) chiude stabilimenti

Chiusi gli stabilimenti di Łódź e Wrocław (Breslavia): 1.800 dipendenti a casa.
Whirlpool aveva comprato lo stabilimento di Łódź dall’italiana Indesit.

Beko Europe ha annunciato all’inizio di settembre la decisione di cessare l’attività dello stabilimento di Łódź, in Polonia, licenziando in totale 1.800 dipendenti.

Stando a quanto riporta Polonia Oggi, mercoledì l’azienda ha infatti annunciato di aver raggiunto un accordo con i rappresentanti dei sindacati operanti nello stabilimento di Łódź.

Il comunicato stampa, più precisamente, riporta quanto di seguito:

L’accordo si basa su un pacchetto di licenziamento per i lavoratori ed è il risultato dei negoziati Beko con i sindacati”.

Secondo l’accordo, un lavoratore con almeno 8 anni di esperienza riceverà 12 mensilità come indennità di licenziamento risultanti dalle disposizioni del diritto del lavoro.

Inoltre, per ogni anno di esperienza lavorativa oltre i 15 anni, viene erogato un pagamento supplementare pari al salario minimo.

Gli impiegati con un’esperienza lavorativa da 2 a 8 anni possono contare su otto mesi di indennità di licenziamento mentre per le persone con esperienza lavorativa più breve (fino a 2 anni) sono previste cinque mensilità di indennità di licenziamento.

Le discussioni dei sindacalisti con le autorità della società a Łódź sono state precedute da proteste dei dipendenti. Sebastian Grabarczyk, leader del Sindacato Indipendente locale Solidarność, ha dichiarato:

“Dopo trattative difficili e intense, siamo riusciti a raggiungere un accordo con il datore di lavoro. Gli impiegati licenziati nel processo di licenziamento collettivo riceveranno le indennità di licenziamento a livello soddisfacente che gli permetteranno di proteggersi durante questo periodo difficile”.

Beko ha assicurato che l’azienda è coinvolta nella cooperazione con l’Ufficio distrettuale del lavoro di Łódź, le autorità locali e i datori di lavoro nella ricerca di nuovi posti di lavoro per i lavoratori licenziati.

La produzione dello stabilimento di Łódź, più nel dettaglio, finirà entro la fine di aprile dell’anno prossimo.

Non solo. Martedì Beko Europe ha anche annunciato di aver raggiunto un accordo con i sindacati operanti nell’azienda frigorifera di Wrocław.

In relazione alla cessazione della sua attività, circa 700 persone saranno licenziate e riceveranno indennità di licenziamento in base all’anzianità di servizio.

Le attività di Beko Europe a Radomsko e nella fabbrica di fornelli di Wroclaw rimarranno invece invariate.

Gli attuali stabilimenti di produzione di Beko a Łódź erano originariamente di proprietà della società Indesit Company che ha aperto la prima fabbrica di fornelli in questo luogo nel 1999.

Al culmine dell’attività negli stabilimenti lavoravano più di 2,5 mila persone.

Bosch punta Whirlpool. Ecco i ruoli di Electrolux, Beko e Whirlpool USA

Settore del bianco in convulsione.
Aziende top players, geopolitica, Isis, pirati e Boko Aram: ecco come sta succedendo.

Lo scenario mondiale delle M&A (ovvero delle fusioni ed acquisizioni) nel settore strategico della tecnologia domestica (elettrodomestici, Smart Home, elettronica di consumo, clima, componenti, eccetera) che pareva concluso con l’acquisizione da parte del gruppo Beko (della conglomerata turca Koç, una potenza finanziaria mondiale) della Whirlpool (Europa, Africa, Russia e MO), è in convulsione.

Non solo. È inoltre ancora sospesa la conclusione della vicenda Electrolux (in lizza Midea, Hisense, Samsung o LG) e la Whirlpool Us (quel che resta della multinazionale) starebbe per essere comprata dalla Bosch.

Come riporta First Online, mesi fa un alto dirigente della società di Stoccarda (Gerlingen) aveva confermato che il gruppo aveva intenzioni di fare shopping ma solo per accrescere realmente e consistentemente i perimetri attuali.

Handelsblatt e Reuters hanno recentemente reso noto che l’offerta che il gruppo tedesco aveva fatto a Marc Bitzer, Ceo e presidente Whirlpool (tra tedeschi ci si intende sempre) è ben diversa da come è stata diffusa.

A comprare sarebbe non la Corporation ma la Fondazione Robert Bosch, il che è decisamente diverso poiché essendo una istituzione senza scopo di lucro, non dovrebbe per esempio distribuire dividendi agli azionisti. Oltre ad avere compiti e opportunità ben diverse dalla Corporation.

Posto che Bosch deve assolutamente diversificare attività ed investimenti (il settore auto in forte crisi), il problema è che il prossimo governo americano calerà la mannaia di dazi ingenti su tutto ciò che non è made in Usa e che la competizione con i cinesi ed i coreani è impari e sempre più insostenibile.

L’accordo tra le due company prevederebbe, sempre secondo quanto riporta First Online, eventualmente l’aggiunta a prezzi molto buoni anche di Electrolux per una nuova società interamente made in Usa (esente da dazi) subito da mettere in quotazione allo Stock Echange, dove capitali finanziari in cerca di opportunità e in gran parte legati alla fiorentissima e abilissima finanza ebraica (presente tra l’altro nei fondi pensione pare di Whirlpool e legata anche a Bosch) sono disponibili.

Voci molto insistenti riferiscono anche di un accordo tra Beko e Whirlpool per acquisire Electrolux e procedere alla messa in Borsa.

Dietro questi presunti movimenti si cela la ricerca di soluzioni che escludano capitali e aziende cinesi (il governo americano era già intervenuto per impedire la cessione di Whirlpool ai cinesi).

Dal Forecast Research di Allianz Trade arriva la news che a causa dell’aggravamento dei disastri sui nove stretti mondiali, le aziende prevedono un ulteriore calo del fatturato del 15% (addirittura quasi solo per il blocco dello Stretto delle Lacrime cioè Bab Al Mandeb).

In mano ormai non ai pirati ma a tutto il pulviscolo ex Isis e Boko Aram che dall’Africa si sono spostati da molti mesi sugli stretti e che concedono ai pirati la “licenza” di lavorare previo pagamento di una mazzetta del 20-30%.

Anche l’Italia segue attentamente le vicende: le aziende italiane che fabbricano da sempre componenti strategici per la filiera degli elettrodomestici e che sono sopravvissute allo tsunami dei prodotti cheap cinesi sono riconosciute come aziende che lavorano bene, ma quando qualcuno compra poi può spostare equilibri e quote di mercato.