Esplosione in Libano: la disamina di Lucietti

Si cerca di far chiarezza sulle cause dell’accaduto in un intreccio complicato.
Lucietti: “Libano Paese da sempre complesso, scenari futuri altamente incerti”.

Ha lasciato tutti col fiato sospeso, ciò che è accaduto a Beirut martedì 4 agosto 2020.

Nella capitale del Libano, più precisamente nella zona del porto, è avvenuta un’esplosione enorme, la cui gravità traspare immediatamente anche solo guardando i video da qualche decina di secondi ripresi con i cellulari (reperibili ai link1 e link2) da chi si trovava in quel momento nell’area limitrofa.

Quello che resta da capire è, ovviamente, cosa sia successo e perché.

Anche se è ancora decisamente troppo presto per avere dati concreti, General Magazine ha provato a fare chiarezza sulla questione e ne ha parlato con il dott. Andrea Lucietti, consulente aziendale per l’internazionalizzazione e la finanza agevolata con una laurea magistrale in Relazioni Internazionali ed una tesi dal titolo dal titolo “L’Evoluzione dell’Approccio Israeliano alla Guerra Asimmetrica: la Dahiya Doctrine1”, già assistente nel corso di laurea in “Introduzione alla Politica internazionale” presso l’Università degli Studi di Bologna e responsabile del Centro Studi Nina International.

Dott. Lucietti, in prima battuta, qual è la sua impressione in merito all’accaduto?

“Quanto accaduto a Beirut lo scorso 4 agosto lascia davvero sgomenti. Le immagini a cui abbiamo assistito e che hanno fatto il giro del mondo penso abbiano sconvolto tutti. La catena di eventi che ha messo in moto il processo distruttivo, poi, sulla base di quanto sappiamo oggi, ha davvero dell’incredibile.”

Che chiave di lettura darebbe dei fatti?

“Intanto direi di contestualizzare un po’ i fatti. Il Libano è un Paese già di per sé molto complesso. Presenta una varietà etnico-religiosa unica in Medio Oriente che è allo stesso tempo fonte di immensa ricchezza e grande difficoltà. Ne deriva una cultura sfolgorante ma ne vengono anche problemi politici formidabili. Un Paese che versa da anni in una crisi politica ed economica che pare irreversibile e che è in costante apprensione per i tesi rapporti tra Israele ed Hezbollah (organizzazione terrorista che continua ad avere un’influenza politica grandiosa). L’esplosione avvenuta al porto di Beirut è quasi una rappresentazione plastica di tutto questo.”

Avanza delle ipotesi?

“Al momento non mi sento di fare ipotesi definitive sulla base degli elementi che conosciamo. Di certo l’ipotesi dell’incuria e della negligenza nello stoccaggio del nitrato d’ammonio sequestrato nel 2014 resta la più plausibile. Tuttavia, proprio le condizioni particolari del Paese non possono escludere altre possibilità. I legami di Hezbollah con l’Iran e la Siria hanno sempre fatto sì che da qui partissero grandi quantità di armamenti verso i fronti più caldi della regione. Anche sulla base di quanto dichiarato da Robert Baer, ex agente CIA, alla CNN potrebbero essere stati coinvolti esplosivi militari nella deflagrazione. In quale forma, in quale modo e in quale misura probabilmente non si saprà mai però il dubbio rimane. Un ipotetico attentato sfruttando il deposito esistente o un attacco dall’esterno non possono essere esclusi a priori.”

Per le informazioni di cui siamo attualmente in possesso, cosa si sentirebbe di dire?

“A mio avviso si tratta di un drammatico caso di negligenza che è stato pagato a carissimo prezzo. Certo qualora qualcuno interessato ad organizzare un attentato avesse scoperto un deposito incustodito di quel tipo sarebbe andato a nozze. Quanto successo ci dice che il Libano è ormai un Paese in gravissima difficoltà da molti punti di vista. Io starei estremamente attento nell’ipotizzare scenari futuri. Il tema del confine sud con Israele, delle alture del Golan e delle tensioni tra Israele, Iran e Siria è un’altra polveriera che, qualora dovesse deflagrare, farebbe danni ancora più grandi rispetto a quelli di martedì scorso. Spero davvero che la situazione possa migliorare presto anche se sono moderatamente pessimista.”

1Dahiya Doctrine: dottrina israeliana per la guerra asimettrica teorizzata all’indomani della guerra con il Libano nel 2006, poi applicata a Gaza nel 2008.

Coronavirus: attacco mirato alla Cina?

Emerge la teoria secondo la quale il coronavirus sarebbe un attacco miriato alla Cina: da Soros a Bill Gates le persone coinvolte: al centro la trattativa commerciale Usa-Cina.

Ci sono un sacco di zone ombra dietro al coronavirus; da dove proviene, come si è diffuso, come si combatte, muta o no e con che velocità. Tutto molto incerto.

Da una parte i numeri ufficiali del governo cinese, forse dati in versione limitata per non far diffondere il panico, vengono contraddetti da video virali nei social provenienti dagli staff medici di Wuhan (approfondimento al link), epicentro dell’epidemia. Dall’altra, la quasi totale assenza di controlli medici che si possano considerare seri lascia un po’ stupiti (approfondimento al link).

Vero è, come dicevamo, che non sappiamo ancora come comportarci di fronte al virus e quindi come prevenirlo-identificarlo, ma misurare solamente la febbre non è certo una condizione sufficiente a dichiarare un paziente non infetto.

Tra le varie ipotesi, ci sono ovviamente anche quelle inerenti ad un attacco mirato: proprio a Wuhan si trova il centro-laboratorio per le ricerche virologhe e pare che l’Istituto sia sponsorizzato da Soros (diverse fonti reperibili sul web); non solo, stando al blog “La cruna dell’ago” del noto giornalista Cesare sacchetti, lo stesso Soros poco prima dello scoppio del virus avrebbe detto che “la Cina va punita“.

inoltre, sempre dalla stessa fonte, si percepisce che anche Bill Gates fosse a conoscenza del virus prima che ne venisse lanciato l’allarme.

La teoria è quella seconda la quale, a causa dei recenti problemi diplomatici tra Usa e Cina che potrebbero compromettere l’economia americana, si sia voluto dare un messaggio ai cinesi: le condizioni le detta l’America.

La Cina, per rispondere alla guerra dei dazi, aveva alzato quelli per i prodotti americani del 25%.

La risposta americana, stando a questa teoria, sarebbe stata il coronavirus.

A confermare questa tesi ci sarebbero due punti.

Il primo riguarda il fatto che la Cina abbia recentemente dimezzato le tariffe per i prodotti americani ed abbia accettato di impegnarsi nell’acquistare enormi quantità di energia, agricoltura e servizi dagli Usa (figura come un accordo commerciale di collaborazione, ma si legge come una resa).

Il secondo riguarda un report degli scienziati cinesi, secondo il quale il coronavirus si attacca ai recettori nei polmoni che sono 5 volte più comuni nei maschi asiatici, mentre i bianchi, come razza, sono praticamente immuni al medesimo virus perché hanno l’inibitore “acetilcolinase” (fonte al link).

Questo secondo punto spiegherebbe anche il perché dei bassi controlli in Europa e nel resto del mondo: un attacco mirato alla popolazione asiatica, studiato in laboratorio, che nel 99% dei casi non dà problemi alle altre popolazioni.

Attentato nello Yemen: più di 100 morti e decine di feriti

Ha causato oltre 100 morti e decine di feriti l’attentato nello Yemen.
L’esercito giura vendetta contro le milizie Houthi.

È stato decisamente doloroso l’attentato missilistico avvenuto in una moschea nello Yemen.

Il bilancio, stando a quanto riportato su twitter dal ministero degli Esteri yemenita, sarebbe infatti di oltre 100 morti e decine di feriti.

La moschea oggetto dell’attentato si trova nella provincia di Marib (ad ovest) ed è frequentata da truppe filogovernative; queste vittime vanno ad incrementare il già elevato numero di morti tra i fedeli al presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, in una guerra che è iniziata nel 2014.

Il governo attacca i ribelli Houti ma l’attentato, che secondo fonti militari governative sarebbe avvenuto prima con un missile e poi con un drone, non è ancora stato rivendicato.

Il portavoce dell’esercito, il generale Abdou Majli, precisando che le vittime ci sono anche dei civili, ha dichiarato:

Ci sarà una risposta spietata contro le milizie Houthi“.