Zimbabwe: pena di morte per i non patrioti

Non difendere deliberatamente l’interesse nazionale vale la vita.
Legge molto vaga e aperta ad interpretazioni.

Danneggiare l’interesse nazionale in Zimbabwe può valere la vita.

Una nuova legge, cosiddetta “patriottica“, introduce la pena di morte per coloro che, deliberatamente, non difendono l’interesse nazionale.

Il provvedimento firmato dal presidente zimbabwano, Emmerson Mnandagwa, mette fine in maniera definitiva alla libertà di espressione e sposta lo Zimbabwe nel novero dei paesi sotto dittatura.

La firma del provvedimento arriva in un momento cruciale per il paese, cioè le elezioni per la presidenza che si dovrebbero tenere il 23 agosto, Mnangagwa è candidato e contemporaneamente ci sarà la visita del presidente iraniano, Raisi, ad Harare.

Ora, in Zimbabwe, è considerato un crimine “danneggiare deliberatamente la sovranità e l’interesse nazionale” del paese e, come riporta AGI, sarà punito chiunque partecipi a riunioni o incontri con persone che promuovono sanzioni contro lo Zimbabwe.

Una legge molto “vaga” che lascia una grande libertà di manovra a chi governa e che può decidere a suo piacimento cosa è male e cosa è bene per il paese.

L’Iran rifiuta l’ambasciatore svedese

Bruciato il Corano; Papa Francesco: disgustato dal gesto.
Teheran: “L’autore del rogo sia consegnato alla giustizia”.

L’Iran non accetterà un nuovo ambasciatore nominato dalla Svezia fino a quando Stoccolma non deciderà di intraprendere “seri provvedimenti contro la persona che ha profanato il Sacro Corano” lo scorso 20 luglio davanti alla grande moschea della capitale svedese.

Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian che, citato dalla televisione di Stato, ha spiegato che si tratta di una decisione presa dal presidente Raisi dopo che si è concluso il mandato del vecchio ambasciatore.

Allo stesso modo, come riporta Rai News, Teheran non invierà un proprio ambasciatore a Stoccolma.

L’atto considerato blasfemo dalla legge islamica ha indignato tutto il mondo arabo fino alla Turchia e non solo, creando forti proteste a Baghdad.

Sul tema è intervenuto anche Papa Francesco che ha preso le distanza ed intervistato dai media arabi si è detto disgustato dal gesto.

Ad incendiare il Corano e la polemica diplomatica un rifugiato iracheno residente in Svezia, Salwan Momik, protagonista di un video in cui durante una manifestazione autorizzata dalle autorità svedesi, letteralmente calpesta e prende a calci il testo sacro all’Islam.

L’uomo secondo la legge islamica è accusato di blasfemia, e potrebbe rischiare anche la pena di morte.

Dura la reazione della Guida suprema della Repubblica islamica dell’Iran Ali Khamenei che decide di interviene in prima persona, con il Grande Ayatollah che via Twitter dice:

Il governo svedese ha il dovere di consegnare il criminale che ha bruciato il Sacro Corano ai sistemi giudiziari dei paesi musulmani”.

La guida suprema iraniana avverte poi:

L’insulto al Sacro Corano in Svezia è un evento amaro, cospirativo, pericoloso ha scritto poi il Grande Ayatollah in un secondo tweet. Tutti gli studiosi islamici sono concordi nel ritenere che coloro che hanno insultato il Sacro Corano meritino la punizione più severa. Il governo svedese dovrebbe sapere che, sostenendo il criminale che ha bruciato il Sacro Corano si è schierato in una battaglia della guerra al mondo musulmano. Hanno creato sentimenti di odio e animosità nei loro confronti in tutte le nazioni musulmane e in molti dei loro governi’‘.