Il paradosso del clima: causato dai ricchi, pagato dai poveri

L’1% dei ricchi inquina quanto il 66% delle popolazione.
Di 125 miliardari, solo 1 investe in energie rinnovabili.

Secondo il rapporto appena reso noto da Oxfam (“Uguaglianza climatica: un pianeta per il 99%”) nel 2019 l’1% dei super ricchi è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di carbonio, cioè ha inquinato quanto il 66% più povero dell’umanità.

Mentre più del 91% delle morti collegate ai disastri climatici negli ultimi 50 anni è avvenuto nei Paesi in via di sviluppo.

Come riporta l’HuffPost Italy, per convincersi che l’inquinamento colpisce più i poveri dei ricchi non ci voleva un rapporto, chi ha abbastanza soldi può scegliere di vivere in case termicamente isolate e immerse nel verde, mentre un numero sempre maggiore di persone (anche in Italia) è spinto in condizioni di povertà energetica e non ha i mezzi per far fronte ai fenomeni climatici estremi. Ma questo rapporto offre numeri che mostrano le conseguenze dell’allargamento progressivo della forbice della ricchezza.

Nel mondo circa 700 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità e per cucinare 2,3 miliardi di persone usano sistemi che minacciano la loro salute per l’alto inquinamento.

Il nodo che il rapporto di Ofxam mette in evidenza non riguarda tanto gli stili di vita dei super ricchi quanto i loro investimenti.

Al 16% delle emissioni totali non si arriva solo mangiando caviale e viaggiando in aerei privati. La chiave della moltiplicazione dei capitali e della moltiplicazione dell’inquinamento è la stessa: sta nelle scelte di sviluppo.

Il 70% del carbonio emesso dal 1998 proviene da 100 produttori di petrolio, di carbone e di gas.

Le responsabilità dell’1% più ricco dell’umanità sono su tre livelli, afferma il rapporto.

Il primo è quello della loro vita quotidiana, con un iperconsumo che arriva agli yacht e ai jet privati.

Il secondo sono gli investimenti e le partecipazioni nelle industrie più inquinanti.

Il terzo è l’influenza che esercitano sui media e sulla politica.

Si stima”, scrive Oxfam, “che i membri del Congresso americano abbiamo 93 milioni di dollari di azioni di industrie delle energie fossili”.

Oxfam ha analizzato le attività di 125 miliardari e ha scoperto che, in media, i loro investimenti producono 3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente per anno: un milione di volte più delle emissioni prodotte da una persona che non fa parte del club del 10% dei più ricchi.

Dei 125 miliardari solo uno ha investito in un’azienda di energia rinnovabile.

Il rapporto propone di uscire da questa situazione correggendo la direzione del flusso dei finanziamenti.

Una tassa sui miliardari e sulle attività più inquinanti permetterebbe di finanziare la svolta verso un’economia più equa e green.

Tenendo conto del fatto che 722 delle maggior imprese del mondo hanno ricavato 1.000 miliardi di dollari di super profitti all’anno negli ultimi due anni.

Ong su Macron: “Non ci ha offerto un porto sicuro”

L’ipocrisia francese incrina i rapporti con l’Italia.
43 richieste di porto sicuro e nessun Paese ha risposto.

La retorica buonista della Francia era stata subito smontata da quanto accade a Ventimiglia e ora a smascherare ulteriormente Parigi ci ha pensato la portavoce della Sos Mediterranée Italia.

Si tratta di Elisa Brivio, che ha spiegato nel dettaglio quanto accaduto nell’ambito della vicenda Ocean Viking: alla fine la nave ha attraccato al porto di Tolone e i 230 migranti sono stati fatti scendere. Ma davvero la Francia è nelle condizioni di impartire lezioni all’Italia? Non proprio, alla luce anche del racconto arrivato dalla Organizzazione non governativa (Ong) al timone della nave.

La portavoce della Sos Mediterranée Italia, nell’intervista rilasciata a “La Stampa“, ha voluto porre l’attenzione sul significato esatto che caratterizza un vero porto sicuro: per “pof” (ovvero “place of safety“), si intende un porto in cui le persone salvate in mare possono non solo sbarcare ma anche “esercitare i loro diritti, a partire da quello di richiedere asilo”.

E quello offerto dalla Francia sarebbe perfettamente coerente con questa definizione?

Non a caso Elisa Brivio ha sottolineato che Tolone giovedì ha concesso un porto “in via eccezionale, non un porto sicuro“.

Poi, rispondendo a precisa domanda, ha aggiunto: “Quindi la Francia non ha mai offerto un porto sicuro? A noi mai“. Ed ha parlato di un “colossale equivoco” che successivamente ha inasprito i rapporti tra il nostro Paese e la Francia.

Nelle 43 richieste di porto sicuro erano state coinvolte l’Italia e Malta, considerati “i Paesi più vicini” in cui “bisogna sbarcare“.

Non solo: a Francia, Grecia e Spagna era stato rivolto un appello per “un supporto” affinché “si trovasse una soluzione“. Il risultato? “Nessuno aveva mai risposto, né gli uni né gli altri“.

In questi giorni Parigi ha usato toni molto duri, minacciando ritorsioni contro il nostro Paese per il caso Ocean Viking; il che, tra le altre cose, si è tradotto nello stop all’accoglienza di 3.500 rifugiati dall’Italia.

Con il passare delle ore non si è placata la serie di reazioni scomposte dalla tanto solidale e accogliente Francia che, nel frattempo, ha respinto le domande di asilo di 44 dei 230 migranti soccorsi e si sta preparando a procedere all’espulsione nel loro Paese di origine.

L’ipocrisia francese è stata denunciata anche da Marine Le Pen, che al Corriere della Sera ha ricordato un precedente che ha coinvolto proprio Parigi: ora il governo francese si affretta a denunciare la gestione italiana e a evocare ragioni umanitarie, “ma nel 2018 la nave Aquarius venne rifiutata dalla Francia e fu costretta a navigare fino a Valencia“.

Senza dimenticare che sul sito Oxfam nel 2018 venivano criticati i respingimenti di minori non accompagnati da parte della Francia, “in palese violazione del diritto europeo e interno“.

Si parlava di “minori non accompagnati anche di 12 anni” che “continuano a essere vittime di abusi, detenzioni e respingimenti illegali“.

Ecco perché le lezioncine di Parigi lasciano il tempo che trovano.