Benin in controtendenza: ristrutturati i simboli del colonialismo

Mentre nel mondo spingono le tendenze legate al “Black Lives matters”, il forte di Ouidah viene ristrutturato.
Previsti anche un museo e la ricostruzione di una nave.

A livello mondiale è forte la spinta del movimento “Black lives matters”, il movimento attivista internazionale, originato all’interno della comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo, perpetuato a livello socio-politico, verso le persone nere che organizza regolarmente delle manifestazioni per protestare apertamente contro gli omicidi delle persone nere da parte della polizia, nonché contro questioni più estese come profilazione razziale, brutalità della polizia e disuguaglianza razziale nel sistema giuridico degli Stati uniti.

Capita poi, spesso, che queste manifestazioni sfocino anche in atti violenti, finendo col distruggere statue e simboli del colonialismo oltre che, nei tafferugli, quello che si trova attualmente nei paraggi (negozi, auto, ristornati, case, eccetera).

Nel Benin, invece, è in corso la restaurazione del forte di Ouidah, dove vennero imprigionati tra il XVII ed il XVIII secolo più di un milione di uomini, donne e bambini africani in attesa di essere imbarcati su navi portoghesi, olandesi, francesi e britanniche dirette in Europa.

Il perché lo spiega Eric Accrombessi, guida turistica nativa proprio di Ouidah:

Questa città è stata la più segnata dalla schiavitù. Ecco perché al di là dei movimenti per la rivendicazione dei diritti dei neri, vogliamo che questi luoghi vengano restaurati, perché la storia non muoia.

Proprio perché il doloroso non passi nel dimenticatoio, oltre ai lavori per la restaurazione del forte sopracitato in cui è ospitato un’esposizione con reperti inerenti al passato schiavista, sono in programma altre iniziative simili. L’intenzione, infatti, è quella di costruire un museo internazionale della memoria e riprodurre in scala reale una delle navi dei colonialisti. Come disse George Santayana, “Coloro che non ricordano il passato, sono condannati a ripeterlo”.