Il coronavirus ha bloccato, in modo più o meno forte, tutto il mondo.
Questo, tra quarantena e limitazioni, ha ovviamente visto una fortissima riduzione dei trasporti, della logistica, dei servizi e delle attività in generale.
L’impatto è stato violentissimo sul prezzo del greggio che è letteralmente crollato fino a toccare la quota dei 40 dollari al barile.
Perché non farne ingente scorta ora, si potrebbe pensare, visto un prezzo così basso?
Da questo punto di vista, non manca tanto la volontà, quanto più la capacità. Con capacità si intende la capacità di stoccaggio, ovvero la quantità di petrolio che si riesce ad immagazzinare.
I depositi sono talmente pieni a causa della poca richiesta di greggio che, ad oggi, ci sono decine di petroliere bloccate in mezzo al mare al largo delle coste della California che non possono svuotare i loro carichi.
I litri di greggio stivato in quelle petroliere sarebbero in grado di soddisfare un quinto del fabbisogno mondiale considerato standard.
Le immagini arrivano della Guardia costiera degli Usa e mettono in evidenza una seconda conseguenza: quelle navi diventano di fatto un magazzino galleggiante di petrolio e, essendo bloccate, non possono effettuare il proprio lavoro.
Questo ha fatti sì che il loro costo di utilizzo sia schizzato verso l’alto, tanto che ad inizio aprile il noleggio unitario aveva toccato la cifra di 235.000 dollari al giorno. Ora i costi sono scesi a 135.000 dollari al giorno, che rappresentano una cifra comunque decisamente alta se confrontata ai prezzi pre-coronavirus, che si aggiravano sugli 85.000 dollari al giorno.
Nel frattempo, altre petroliere stanno gettando le loro ancore in mezzo al mare in attesa di poter vuotare i loro carichi, facendo pensare ad un ulteriore rimbalzo dei costi di affitto di queste attrezzature.
1 commento su “Petrolio, effetto coronavirus: l’offerta supera la domanda”