Italia: in 10 anni chiusi 21.000 bar

Negli ultimi 5 anni chiusi più di un bar su due.
Stoppani: serve ripensare il modello di business; sono cambiate le abitudini di consumo.

Negli ultimi 10 anni hanno chiuso i battenti oltre 21 mila bar e nel solo primo semestre del 2025 il saldo tra aperture e chiusure è stato negativo per 706 unità.

La fragilità del comparto, per il quale è sempre più difficile conciliare sostenibilità economica ed elevati standard di servizio, risulta anche da un tasso di sopravvivenza che a 5 anni dall’apertura è del 53%.

Sono i dati emersi dall’evento “Il futuro del bar italiano“, promosso da Fipe-Confcommercio nell’ambito di Host, la fiera internazionale dell’accoglienza e della ristorazione in corso a Milano.

Sulle prospettive del settore che, come riporta Ansa, conta quasi 128 mila imprese, occupa 400 mila addetti e vale oltre 20 miliardi di euro di consumi, si sono confrontati il presidente di Fipe Lino Enrico Stoppani e il presidente di Illycaffè Andrea Illy.

Le evidenze sullo stato di salute dei bar italiani mostrano come sia necessario un ripensamento del modello di business“, ha dichiarato Stoppani. “Con il cambiamento delle abitudini di consumo, la sfida di oggi è quella di trovare un nuovo punto di equilibrio per la sostenibilità economica delle attività: un imperativo urgente e necessario per continuare a garantire la funzione del bar quale presidio di socialità nonché elemento centrale anche per la qualificazione dell’offerta turistica“.

Oltre ai servizi irrinunciabili che offrono, i bar sono un potentissimo strumento promozionale dell’Italia nel mondo e rappresentano un patrimonio da valorizzare. Accolgo dunque con entusiasmo la proposta del Presidente Lino Stoppani di un progetto di un’importante filiera” le parole di Andrea Illy.

Caffè Illy: pochi anni e metà dei terreni non saranno idonei

“80% delle emissioni di carbonio provengono dall’agrioltura”.
“L’agricoltura rigenerativa è parte delle soluzione”.

Andrea Illy, presidente di illycaffè e copresidente di Regenerative Society Foundation insieme con Jeffrey Sachs, intervenendo all’ ASIC Conference on Coffee Science 2023 in corso ad Hanoi, in Vietnam, ha spiegato i suoi timori sul futuro del caffè:

Nel giro di pochi decenni, fino al 50 per cento dei terreni destinati all’agricoltura del caffè potrebbe non essere più idoneo alla coltivazione, mentre oltre l’ottanta per cento delle emissioni di carbonio nella catena del valore del caffè provengono dall’agricoltura. Per garantire la coffee security in presenza di una domanda crescente e degli impatti del cambiamento climatico, preservando al contempo la differenziazione, occorre investire nel miglioramento delle pratiche agronomiche e nel rinnovamento delle piantagioni“.

Poi, come riporta Ansa, lo stesso Illy ha continuato come di seguito:

L’agricoltura rigenerativa è parte della soluzione: arricchire il suolo di carbonio organico nutre il microbiota del suolo, migliorando così la capacità di fissare i minerali, produrre difese naturali e trattenere l’acqua. Per scalare l’agricoltura rigenerativa è necessaria molta ricerca, per migliorare ulteriormente le pratiche agronomiche, produrre input sufficienti, misurare i dati necessari. Stiamo studiando e iniziando a sviluppare nuovi approcci e questo richiede molte conoscenze e capitali da investire in Ricerca e Sviluppo. Per la conoscenza facciamo appello alla comunità scientifica, mentre per il capitale l’ICO – International Coffee Organization – insieme con diverse altre organizzazioni intergovernative e al settore privato sta studiando la fattibilità di creare un Fondo per la resilienza del caffè. Mi auguro che ci sia un’accelerazione in questa direzione, per essere ancora in tempo, ma anche per rendere l’industria del caffè un modello per tutta l’agricoltura“.