Salario minimo, Petriccioli: “Dilata le disuguaglianze tra le regioni”

Dopo l’intervento di Giovanni Costantino, ecco le dichiarazioni del Segretario Generale CISL-FP).

Il confronto sul salario minimo, già protagonista del precedente numero del magazine L’Arco con un intervento della Segretaria Generale della Funzione Pubblica CGIL, Serena Sorrentino, continua ad animare il dibattito coinvolgendo il Segretario Generale CISL FP Maurizio Petriccioli. Nel precedente numero del magazine la Sorrentino aveva dichiarato come il salario minimo legale costituisca un’importante funzione di contrasto al fenomeno del dumping contrattuale, contro la proliferazione dei contratti collettivi nazionali, che negli anni ha falsato il sistema delle retribuzioni, e come rappresenti uno strumento di tutela per i compensi del lavoro autonomo e delle forme flessibili. Nel suo recente intervento, invece, Maurizio Petriccioli esprime una posizione meno definitiva rispetto al salario minimo di riferimento, ritenendo necessario individuarlo attraverso i contratti leader, allo scopo di garantire una retribuzione adeguata e proporzionata sia al lavoro svolto che alle necessità dei diversi settori e dell’economia.

“Le imprese al di sopra della soglia eventualmente fissata dalla legge – chiarisce – potrebbero essere incentivate a disapplicare i contratti collettivi, limitandosi ad adempiere a quanto definito per legge, con l’effetto di ridurre complessivamente le tutele e far precipitare verso il basso le retribuzioni”.

“Chi insiste per un salario minimo di importo fissato per legge fa notare come l’applicazione di un contratto collettivo non garantisca, di per sé, il risultato atteso, in considerazione dell’esistenza di numerosi contratti pirata e della difficoltà ad attribuire una efficacia erga omnes alla contrattazione collettiva – continua il segretario CISL FP – a costoro rispondiamo che il discrimine consiste in quali contratti collettivi vengano presi a riferimento per fungere da indicatori utili a misurare la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico”.

È quindi l’incontro in sede di contrattazione fra le parti interessate – a parere di Petriccioli – a rappresentare l’unico elemento che possa rispondere contemporaneamente all’esigenza di garantire una retribuzione “minima” adeguata e proporzionata al lavoro svolto e alla necessità di tenere conto delle condizioni dei settori e dell’economia, richiamando lo Stato ad intervenire con politiche sul cuneo fiscale e contributivo a sostegno dei salari medi, più ancora che dei soli salari minimi.

Di diverso avviso è Giovanni Costantino (già intervenuto sul tema a questo link) che, nella sua veste di capodelegazione Aris, riporta la discussione sul piano della “retribuzione sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa, concetti scaturiti dalla portata innovativa delle due sentenze della Cassazione (la 27711/2023 e 27769/2023) di cui tanto si parla in questi giorni, che altro non hanno fatto che ribadire un principio costituzionale (art. 36) mai trascurato dalla giurisprudenza. Le sentenze hanno il pregio di precisare esplicitamente come sia compito del giudice verificare «con prudente apprezzamento» se i valori economici contenuti nel ccnl applicato assicurino il verificarsi del principio costituzionale e, in mancanza, disapplicare i valori contrattuali e procedere all’applicazione di una retribuzione adeguata”.

Ma come si possono mettere in pratica queste indicazioni, evitando che ci siano lavoratori costretti a un regime retributivo inferiore a quello che garantisce un’esistenza libera e dignitosa?

“È sotto gli occhi di tutti che in Italia esiste una situazione talmente variegata da non consentire l’adozione di un livello retributivo minimo uniforme sull’intero territorio nazionale – conclude il giuslavorista – e di sicuro non è pensabile prendere a riferimento la zona dove il potere di acquisto sia il più alto e riportare quel valore anche alle altre zone. Occorrerà individuare un criterio oggettivo, affidando a un ente specifico (Istat?) il compito di rideterminare periodicamente il valore dell’indennità specifica applicabile in ciascun territorio. E rispetto alla periodicità degli adeguamenti, lo Stato dovrà individuare un sistema di finanziamento, non essendo immaginabile far gravare sulle aziende gli oneri conseguenti all’incremento del costo della vita”.

No ad un livello economico minimo uniforme su tutto il territorio nazionale

Il rischio è lo sviluppo di un pericoloso contenzioso.
Il parere del giuslavorista Giovanni Costantino.

Si tratta di un dibattito fuorviante che non tiene conto delle reali richieste della Costituzione e dell’Unione Europea”. Così Giovanni Costantino a commento della bagarre in Parlamento sul salario minimo.

La maggioranza, infatti, ha sostituito il disegno di legge presentato dall’opposizione, che prevedeva la definizione di un salario minimo legale uguale per tutti i settori produttivi (si parla dei “famosi” 9 euro orari), con una delega al Governo a individuare misure per assicurare retribuzioni giuste ed eque, stimolare il rinnovo dei ccnl e contrastare il dumping contrattuale. Tra i principali compiti dell’Esecutivo dovrebbe esservi, in particolare, quello di definire, per ciascuna categoria di lavoratori, i contratti maggiormente applicati che costituiranno “la condizione economica minima da riconoscere ai lavoratori appartenenti alla medesima categoria”.

È di ieri, infatti, la dichiarazione del Commissario UE Schmit, secondo cui la direttiva comunitaria non impone un sistema rispetto a un altro, ma persegue l’obiettivo di avere un salario dignitoso. Lo stesso monito arriva dalla Cassazione, secondo cui l’art. 36 della Costituzione garantisce ai lavoratori non solo il minimo per vivere, ma anche la possibilità di partecipare ad attività culturali, educative e sociali.

Tale obiettivo – prosegue il giuslavorista – non può essere perseguito fissando un livello economico minimo uniforme su tutto il territorio nazionale, seppur differenziato per categoria merceologica, ma solo adottando un modello retributivo dinamico che tenga conto del costo della vita di ogni specifica parte del Paese, molto diverso tra Nord e Sud (i dati segnalano un divario di oltre il 25%). In caso contrario sarà inevitabile lo svilupparsi di un insostenibile contenzioso a scapito della certezza del diritto e della dignità delle relazioni industriali”.

Salario minimo Ue: ok dal Consiglio

Via ai negoziati dopo l’approvazione.
Kralj: retribuzione per standard dignitosi di vita.

Via libera da parte del Consiglio Ue all’introduzione del salario minimo europeo.

Come riporta Tgcom24, infatti, dopo l’ok arrivato dalla riunione dei ministri per il Lavoro e le Politiche sociali, sono infatti già partiti i negoziati.

Sul tema è intervenuto Janez Krali, presidente di turno del Consiglio:

Non possiamo accettare che persone che mettono tutta la loro energia per il lavoro non possano permettersi standard dignitosi di vita. Questa legge sarà un grande passo per un’equa retribuzione.”