Con l’euro si è creata una valuta senza Stato.
Gli Stati che hanno aderito alla moneta unica, infatti, hanno perso la loro valuta nazionale cedendo, con essa, la sovranità monetaria.
Ezra Pound diceva che “uno Stato che non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro, è come un ingegnere che non può costruire strade per mancanza di chilometri”; ed infatti il passo è breve: avendo creato una valuta senza Stato, si è potuto di fatto togliere il potere decisionale alla politica mettendolo nelle mani della finanza (ovvero a quelli che chiamiamo “mercati”).
Se vogliamo è quello che il filosofo Galimberti definisce come il passaggio decisionale dalla politica all’economia, che a sua volta per decidere si basa sulla tecnica. O quello che l’economista Alberto Bagnai sostiene quando dice che “l’euro è un metodo di governo”.
Ancora, è quello che Tringali definisce come “la trappola dell’euro”.
Proprio con il dott. Fabrizio Tringali, scienziato politico ed autore dei saggi “La trappola dell’euro”, “Liberiamoci dall’euro, per un’altra Europa”, oltre che del blog “Badiale&Tringali”, tutte opere scritte a quattro mani con il professor Marino Badiale, ordinario di matematica presso l’Università di Torino, abbiamo parlato di questo tema e del nuovo governo Draghi.
Dott. Tringali, ritiene che l’euro sia lo strumento che ha permesso di “eliminare” il ruolo della politica, per metterlo nelle mani della grande finanza internazionale?
“La politica può incidere nella realtà solo se il governo possiede strumenti per intervenire efficacemente nella politica economica. Se può investire per sostenere il proprio tessuto produttivo. Se può difenderlo da una concorrenza internazionale basata sulla corsa al ribasso del costo del lavoro. Se può assorbire disoccupazione assumendo nel pubblico impiego e rinforzando settori come sanità, istruzione, trasporti.
L’appartenenza all’euro e all’Unione Europea sono gli strumenti che impediscono tutto questo all’Italia di oggi. Sono il volto concreto che attualmente ha assunto l’ideologia liberista, che appunto predica l’estromissione dello Stato dall’economia. Ma l’origine del male è più lontana. L’ideologia liberista, che oggi tutto impernia, ha conquistato l’occidente da diversi decenni: la separazione fra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia è del 1981.”
Pensiamo a Barroso che da presidente della Commissione europea è passato alla Goldman Sachs, o a Gabriel che dal governo tedesco è passato alla Deutsche Bank; questi casi di sliding doors, secondo lei, confermano questo modus operandi?
“Certo. Questo tipo di “carriere” sono assolutamente normali, ovvie, date le circostanze. Coinvolgono molte più persone di quanto non si pensi. Il motto marxiano “proletari di tutto il mondo unitevi” è stato concretizzato al contrario. I ceti dominanti sono riusciti a mantenere divisi quelli subalterni, ma fra loro hanno costruito grande unità, proprio in termini di “classe”: tecnocrati, burocrati, politici, manager che parlano la stessa lingua (inglese), condividono la stessa condizione sociale (privilegiata) e un’idea di società (liberista).
È normale che si scambino i posti ai vertici delle istituzioni pubbliche e delle grandi aziende private.”
In Italia è appena nato il governo Draghi, sostanzialmente un banchiere europeista; crede sia la persona giusta a guidare il Paese?
“Beh, è certamente il primo della classe. Della loro classe, naturalmente. E di cosa ha bisogno oggi la loro classe? Non è necessario esprimere ipotesi astratte o tantomeno invocare complotti. E’ tutto alla luce del sole.
Nei giorni scorsi, come probabilmente sarà accaduto ad ogni italiano che ha un conto corrente, ho ricevuto dalla mia banca un’informativa sull’imminente entrata in vigore delle nuove norme europee sull’insolvenza. Da oggi basterà una piccola esposizione verso la banca per essere automaticamente classificati come cattivi pagatori. Sottolineo automaticamente. Prima le soglie erano più alte e, soprattutto, vi era un certo margine di manovra, da parte della banca. Ora invece la dichiarazione di default diviene automatica, così come il blocco degli addebiti automatici. Per un’azienda, significa stop al pagamento degli stipendi dei dipendenti.
Guarda caso, Mario Draghi ha appena pubblicato un autorevole Report, firmato insieme all’ex presidente della banca centrale indiana, in cui avverte che stiamo per essere colpiti da una nuova grande ondata di crisi, che diversamente dal passato non sarà relativa alla liquidità, ma assumerà la forma di crisi di solvibilità.
La drammaticità di quanto sta per avvenire non è ancora percepita perché l’azione della BCE sta mascherando la gravità situazione reale. Ma questa azione sta per esaurirsi.
Ecco cosa vuole la classe cui appartiene Draghi: chiudere i rubinetti della BCE, che ancora acquista titoli dei Paesi in difficoltà. La decisione è stata presa molto tempo fa, ma la pandemia ne ha rallentato l’attuazione. Oggi siamo al “redde razionem”.”
Quindi, se la seguo correttamente, intende che passeremo dal rischio di liquidità a quello di solvibilità?
“Secondo Draghi non è un rischio, ma una certezza. Siamo, dice, sul bordo di un precipizio. E credo proprio che dica la verità. La classe dominante non può tollerare che l’intervento pubblico freni ciò che in base alla loro ideologia è giusto che accada: fallimenti, licenziamenti, povertà.
Ripeto, è tutto scritto e dichiarato alla luce del sole. Il report di Draghi è pubblico (reperibile al link), i rischi derivanti dalle nuove norme europee sono noti, si veda lo studio di Unimpresa reperibile al link.
Draghi in Parlamento è stato molto chiaro: sarà il suo governo a decidere chi salvare e chi no. Non sappiamo sulla base di quali criteri. E quello che più è spaventoso è che secondo la loro classe, quello che accadrà sarà giusto, perché permetterà di allocare le risorse in modo più efficiente. Per loro sono “risorse” anche le persone. E infatti l’ideologia, che domina anche il linguaggio, impone che nelle realtà economiche non esistano persone, ma “risorse umane”.
Per Draghi e la sua classe è giusto che lo Stato non intervenga nell’economia e lasci fallire le proprie aziende. I cui lavoratori magari saranno costretti a emigrare in altri Paesi, lasciando casa e affetti. Sono “risorse” da riallocare. Questa è la ragione della libera circolazione di merci, capitali e persone, che sono gli assi portanti della moneta unica e dei trattati che istituiscono l’Unione Europea.”
Un estratto dell’intervista è stata pubblicato su Wall Street Cina, diretto da Luca Ciarrocca, ed è reperibile al link.