L’attuale paradigma economico improntato sul neoliberismo ed il capitalismo più sfrenato, ha spinto le aziende a delocalizzare sempre più le produzioni all’estero alla ricerca di manodopera a basso costo e facendoci così trovare impreparati nel momento del bisogno.
Quando le mascherine per proteggersi diventavano introvabili sul mercato ed il loro utilizzo veniva reso obbligatorio per legge, il prezzo è schizzato alle stelle e noi ci siamo accorti che il nostro tessuto industriale era stato spostato oltre i confini nazionali in maniera decisamente troppo marcata.
La risposta di alcune aziende non si è fatta aspettare: 135 imprese, infatti, hanno riconvertito la produzione nel giro di breve tempo facendo nascere la filiera italiana dei dpi (dispositivi individuali di protezione).
A dirlo è Domenico Arcuri, commissario straordinario per l`attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell`emergenza epidemiologica Covid-19, che durante un’audizione informale alla Commissione Affari sociali della Camera sulle disponibilità dei reagenti per l`analisi dei tamponi e dei dispositivi di protezione individuale, ha dichiarato:
“Oggi è nata una filiera per la produzione italiana di dispositivi di protezione individuale, grazie a 135 imprese italiane che si sono riconvertite e hanno iniziato a produrre. Al più tardi entro la fine di settembre, non dipenderemo più dall’importazione di dispositivi di protezione individuale dall’estero (soprattutto dalla Cina, dal Vietnam e dalla Corea del Sud).Abbiamo avviato anche una produzione di macchine per realizzare dispositivi di proprietà pubblica, abbiamo realizzato un accordo con due grandi aziende italiane che stanno producendo 51 macchine necessarie a realizzare mascherine chirurgiche che a regime, entro la fine di giugno, produrranno 31 milioni di mascherine al giorno.”