Non ho più il controllo del mio tempo. Voglio essere più produttiva, più incisiva. Quando scrivo, voglio trascinare il lettore dentro le mie parole, tenerlo incollato alla pagina, costringerlo a restare fino alla fine, senza scampo. Voglio che arrivi all’ultima riga con il fiato corto e il cuore in gola.
Mi siedo alla scrivania. Ieri ho fatto pulizia: via il superfluo, spazio alle idee. Foglio bianco davanti a me, penna scorrevole tra le dita. Perfetto. Adesso scrivo.
Uno, due, tre minuti. O forse ore.
Niente.
La mia mente è un deserto. No, peggio. È piena di pensieri inutili e molesti. Devo fare la spesa. Dovrei mettermi a dieta. Ho pagato la bolletta?
Devo uscire da questo loop.
— E ti pare facile?
Lo dico al foglio bianco. Lui mi guarda, impassibile. Giudicante.
Poi, un lampo.
— Potrei chiedere un aiutino.
L’IA! Il miracolo tecnologico che salva gli scrittori in crisi. Il chatbot che tutto sa e tutto può.
— Io ci provo. Vediamo che ne esce.
Apro il laptop.
— Ciao, dammi un’idea brillante per un racconto!
L’IA non si fa attendere:
IA: Certo! Un matrimonio tra due giovani, ostacolato da un signorotto potente!
Rimango impietrita.
— Ma questi sono I Promessi Sposi!
L’IA non si scompone.
IA: Ok, allora… un gruppo di giovani rinchiusi in una casa per dieci giorni.
Sgrano gli occhi.
— Questo è Il Decamerone!
Silenzio. Guardo lo schermo. Lo schermo guarda me.
Forse un giorno l’IA scriverà romanzi migliori dei miei.
IA: Secondo le statistiche, il 72% dei lettori non noterà la differenza!
Sorrido, chiudo il laptop. Prendo la penna.
— Sì, ma io voglio scrivere per il restante 28%.
Sipario
Ma prima che si chiuda del tutto, voglio lasciarvi una mia riflessione.
Se persino uno scrittore navigato può cadere nella tentazione di farsi scrivere un’idea dall’IA, o addirittura un testo, cosa succede ai più giovani? A quelli che devono ancora scoprire il brivido della pagina bianca, il piacere di cercare la parola giusta, la soddisfazione di un’idea che nasce dal nulla e prende forma, il piacere di scervellarsi a trovare la soluzione ad una funzione matematica?
L’IA risponde veloce, è brillante, non sbaglia la grammatica (quasi mai). Ma può insegnare il pensiero critico? Può sostituire il percorso, gli errori, i fogli accartocciati e le notti insonni che trasformano un pensiero vago in una storia indimenticabile, registrare un pensiero mentre corri al lavoro, perché hai paura di scordarlo?
Forse il vero rischio non è che l’IA scriva al posto nostro. Ma che ci faccia dimenticare quanto sia bello farlo da soli.
E su questo, il chatbot non ha nulla da aggiungere.
Caro Chatbot, scrivi tu?
Quando la tecnologia tenta di sostituire la creatività.
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