Albert Bourla, il ceo di Pfizer, ha vinto quest’anno il premio “Genesis Prize”.
Denominato il “Premio Nobel ebraico” dalla rivista “Time”, è stato votato da più 200.000 persone provenienti da 71 Paesi; la scelta degli elettori è stata poi approvata all’unanimità dai nove giudici del Comitato di selezione del Premio Genesi.
La cerimonia di consegna del premio Il premio, che ha lo scopo di onorare eccezionali risultati professionali, contributo all’umanità ed impegno per i valori ebraici, avverrà il 29 giugno a Gerusalemme e a consegnarlo nelle mani del ceo di Pfizer sarà il presidente israeliano Isaac Herzog.
Stando a quanto si legge su “Bet Magazine Mosaico – Il sito ufficiale della Comunità Ebraica di Milano”, la dichiarazione dei votanti è stata la seguente:
“A differenza degli amministratori delegati della maggior parte delle altre grandi aziende che lavorano allo sviluppo di vaccini contro il COVID-19, il dottor Bourla ha rifiutato miliardi di dollari in sussidi federali statunitensi per evitare la burocrazia del governo e accelerare lo sviluppo e la produzione del vaccino. Di conseguenza, il vaccino COVID-19 di Pfizer è stato pronto in tempi record: mesi anziché anni.”
Le dichiarazioni di Alber Bourla, invece, sono state le seguenti:
“Non ho deciso di vivere una vita pubblica, e non avrei mai immaginato che un giorno avrei potuto ricevere il profondo onore del Premio Genesi e stare al fianco dei miei straordinari colleghi candidati. Lo accetto umilmente e a nome di tutti i miei colleghi Pfizer che hanno risposto all’urgente chiamata della storia in questi ultimi due anni e insieme hanno piegato l’arco del nostro destino comune.”
Insieme al Premio Genesi vengono forniti 1 milione di dollari, che tradizionalmente i destinatari riassegnano a cause filantropiche; Bourla, figlio di sopravvissuti all’Olocausto greco, utilizzerà il suo premio per finanziare progetti volti a preservare la memoria delle vittime dell’Olocausto, con particolare attenzione alla comunità ebraica greca:
“Sono cresciuto in una famiglia ebrea che credeva che ognuno di noi fosse forte quanto i legami della nostra comunità; e che siamo tutti chiamati da Dio a riparare il mondo. Non vedo l’ora di essere a Gerusalemme per accettare di persona questo onore, che simboleggia il trionfo della scienza e una grande speranza per il nostro futuro.”