Damiano Mazzotti, psicologo sociale e digitale, ha firmato la recensione del saggio del professor Andrea Tagliapietra.
La situazione fenomenologica dei Giusti è fortunatamente molto semplice. Il Giusto si oppone ai vari poteri storicamente costituiti, e quindi “lo scandalo dei Giusti non è soltanto quello che essi producono quando, con i loro atti determinati e visibili contrastano l’operato dei poteri che disgregano e distruggono il mondo” (p. 29). Quindi “Se il potere rivela così la sua più remota matrice spettacolare, l’invisibilità dei Giusti è allora, ciò che strutturalmente e strategicamente si oppone allo spettacolo” (p. 29). Il Giusto vuole solamente migliorare un mondo che ai suoi occhi completamente liberi appare semplicemente come crudele e spietato.
Quindi i Giusti “impediscono alla giustizia di chiudersi in se stessa, di diventare un meccanismo incapace di accogliere la possibilità del nuovo… I Giusti impediscono che anche la giustizia diventi spettacolo, trionfo dell’idolo, ripetizione della violenza, ossia l’esatto contrario di ciò che è giusto” (p. 39). La giustizia dimentica di essere una cosa astratta quando viene personificata dall’azione inflessibile e molto determinata di un qualsiasi Giusto.
Il situazionista Guy Debord, che a modo suo fu un grande chiaroveggente, scrisse che “lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra persone, mediato dalle immagini” (p. 28; www.situazionismo.it, quasi un movimento francese nato in Italia). Comunque, facendo un esame analitico più approfondito, emerge che anche nelle nostre attuali società “il permesso si oppone assolutamente al possibile” (qui si fa riferimento al sito).
Il mondo di oggi è ancora più complesso del mondo di ieri, ma le azioni e le pulsioni umane rimangono più o meno le stesse. Ma, dopo tutti i vari accadimenti, anche più recenti, “condurre una vita normale, come accade alla maggior parte dei Giusti, non significa essere banali” (p. 45). Anche se, dopotutto, “la prima azione compiuta dai Giusti è, infatti, sfidare apertamente la disapprovazione della società circostante” (p. 55).
In conclusione, “non c’è quindi , da parte dei Giusti, esibizione del gesto morale compiuto, né aspettativa di riconoscimento o approvazione” (p. 89).
La recensione è reperibile al link.